Con sentenza del 9 luglio 2014, la prima sezione civile del Tribunale di Roma ha stabilito che la Wikimedia Foundation Inc., che gestisce la celebre enciclopedia telematica denominata “Wikipedia”, non è responsabile per i contenuti che gli utenti caricano liberamente sulle pagine/progetti “Wikimedia.
L’azione da cui è scaturita la sentenza era stata avviata dai fratelli Angelucci, noti imprenditori, in relazione a talune affermazioni asseritamente diffamatorie afferenti a indagini penali nelle quali gli attori sono incorsi in passato, che comparivano su due pagine in lingua italiana di Wikipedia. Gli attori hanno chiesto che il Tribunale accertasse la diffamazione arrecata ai propri danni da Wikimedia Foundation e condannasse quest’ultima al risarcimento del danno alla reputazione nella misura di 10 milioni di euro per ciascun attore.
Il Tribunale seguendo un orientamento già espresso in una precedente occasione dalla stessa sezione in relazione alla gestione di Wikipedia, ha riconosciuto come la fondazione Wikimedia svolge funzioni di hosting provider, ossia di soggetto che si limita ad offrire ospitalità sui propri server ad informazioni fornite dal pubblico degli utenti, secondo quanto previsto dall’articolo 14 della Direttiva E-commerce n. 2000/31/CE e dal Decreto E-commerce di recepimento in Italia della stessa. In tale veste, Wikimedia non è responsabile delle informazioni caricate sulle proprie pagine dagli utenti a meno che, venuta a conoscenza del carattere illecito delle stesse, non abbia provveduto a segnalare l’illiceità del contenuto all’autorità giudiziaria o amministrativa competente, secondo quanto prescritto dal Decreto E-commerce, peraltro in senso più protettivo rispetto alla disciplina europea.
Sempre sul tema e in punto di legge applicabile, il Tribunale riconosce altresì che la società convenuta, essendo stabilita al di fuori dello Spazio economico europeo, non risulta vincolata alle disposizioni della Direttiva, né quindi dal Decreto nazionale. Ciò nonostante, sempre secondo quanto affermato dai giudici romani, tale cornice normativa rappresenta il punto di riferimento essenziale da un punto di vista interpretativo, pur applicando le regole generali sulla responsabilità aquiliana dettate dal Codice civile.
La sentenza, che appare densa di spunti interessanti in relazione all’inquadramento e alla relativa responsabilità dei fornitori di servizi internet è destinata a rappresentare un ulteriore tassello nel percorso giurisprudenziale sul tema avviato tanto a livello nazionale, quanto innanzi alle istanze europee.
La decisione del Tribunale di Roma è disponibile qui