In data 28 novembre 2016, il Consiglio ha approvato la bozza di Regolamento[1] sul geo-blocking recante disposizioni che vietano l’utilizzo di pratiche commerciali consistenti nell’applicazione di limitazioni geografiche ingiustificate online. Tale progetto si rivolge alle imprese e ai cittadini europei che sono soggetti a discriminazione in base allo loro nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento, vedendosi negato l’accesso e, di conseguenza, la possibilità di acquisto di prodotti e servizi offerti dai siti web che si riferiscono ad altri Stato membri. In altre parole, il geo-blocking limita le potenzialità dell’e-commerce, non permettendo ai consumatori di accedere liberamente ai beni e servizi offerti nel mercato europeo.
I trattati e le decisioni dell’ECJ
Il divieto di discriminazione all’interno dell’Unione europea è previsto dall’art. 18 TFUE il quale stabilisce:
Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità.
Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni.
Inoltre, l’art. 26(2) TFEU sancisce che:
Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati.
Il combinato disposto di queste due norme fornisce un quadro sfavorevole al mantenimento delle pratiche di geo-blocking che limitatano la libera circolazione delle merci e dei servizi in Europa come prevista dagli art. 34, 56 TFUE.
A tale proposito, la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è già espressa sul divieto di discriminazione. In particolare, nel caso Angonese (C-281/98), la CGEU ha ritenuto che la libertà di circolazione dei servizi sarebbe pregiudicata da ostacoli imposti da operatori privati. Nel caso Gottwald (C-103/08), la Corte ha precisato che l’ambito del divieto di discriminazione non è limitato solo della cittadinanza, ma deve estendersi anche al luogo di residenza. In particolare, il criterio da prendere in considerazione per valutare la natura discriminatoria della misura è lo svantaggio che i cittadini di altri Stati membri subiscono a causadella discriminazione. Infine, nel caso Dijkman (C-233/09), la Corte ha riconosciuto che l’articolo 56 TFUE riconosce il diritto non solo dei fornitori di offrire i loro servizi, ma anche ai destinatari di godere di questi senza limitazioni territoriali.
Inoltre, il progetto recentemente approvato deriva dalla proposta di Regolamento sul geo-blocking[2] presentata dalla Commissione europea in data 25 maggio 2016 nell’ambito della strategia del Mercato Unico Digitale.
Le ragioni economiche del geo-blocking
Nonostante l’applicazione delle misure di geo-blocking possa derivare da diverse esigenze commerciali, è possibile individuare tre utilizzi principali di tale strumento. In primo luogo, il geo-blocking è usato come mezzo per assicurare il rispetto di accordi di licenza esclusivi. Non a caso il fenomeno del geo-blocking è globalmente noto non solo nell’Unione europea, soprattutto per le limitazioni imposte agli utenti riguardanti lo streaming video e il download di contenuti protetti dal diritto d’autore. In secondo luogo, le misure di geo-blocking permettono alle imprese di applicare strategie di differenziazione di prezzo. Tale strategia permette alle aziende – soprattutto multinazionali – di dividere i mercati al fine di raggiungere obiettivi diversi, che, altrimenti, non potrebbero essere raggiunti attraverso una politica di prezzo uniforme. Talvolta, la discriminazione avviene attraverso il re-indirizzamento del cliente al sito web del proprio paese d’origine al momento dell’acquisto. È pur vero che, in alcuni casi, la segmentazione del mercato potrebbe beneficiare anche i consumatori dal momento che alcuni di questi potrebbero beneficiare dei costi minori per alcuni prodotti o servizi, tuttavia, nel mercato europeo, tale considerazione non sembra poter essere rilevante considerando il fine di garantire un mercato concorrenziale. In terzo luogo, le autorità pubbliche possono disporre misure geo-blocking in casi specifici, come per il controllo di attività illecite.
Ambito di applicazione
Come già sottolineato, l’obiettivo principale della proposta di Regolamento sul geo-blocking è eliminare la discriminazione dei consumatori e delle imprese riguardo l’accesso a prezzi, condizioni di vendita o di pagamento negli acquisti di prodotti o servizi all’interno del territorio delll’Unione europea. Tuttavia, l’ambito d’applicazione, conformemente alla Service Directive[3], non comprende alcune attività tra le quali i servizi finanziari, audiovisivi, di trasporto e i servizi sanitari. Inoltre, le norme in questione non modificheranno altre normative europee come il diritto d’autore e le regole relative alla cooperazione giudiziaria in materia civile, come disciplinate dai regolamenti Roma I e Bruxelles I.
Il divieto di discriminazione
Bisogna sottolineare come la bozza di Regolamento non vieta tutte le misure di geo-blocking, ma soltanto quelle ingiustificate. In particolare, agli operatori non sarà permesso porre in essere misure discriminatorie nei confronti dei clienti relativamente ai termini e alle condizioni generali, includenti i prezzi, offerti per la vendita di beni o servizi. In particolare, la bozza di Regolamento individua tre casi specifici. In primo luogo, la discriminazione non è permessa quando gli operatori vendono beni che sono consegnati in uno Stato membro in cui egli propone la consegna o che sono ritirati presso un luogo concordato con il cliente. Il secondo caso attiene alla fornitura dei servizi tramite mezzi elettronici, come servizi di cloud computing, archiviazione dei dati, hosting di siti web e installazione di firewall. Tuttavia, sono esclusi dal divieto di discriminazione i servizi la cui principale caratteristica consiste nel fornire accesso e permettere l’uso di opere tutelate dal diritto d’autore o di altri materiali protetti, oppure nel vendere opere tutelate dal diritto d’autore in forma immateriale, quali e-book o musica online. Il terzo caso riguarda, infine, la fornitura di servizi che il cliente riceve nel paese in cui ha sede l’operatore, quali l’alloggio in alberghi, le manifestazioni sportive, il noleggio auto e la vendita di biglietti d’ingresso per festival musicali o parchi divertimento.
Gli operatori potranno comunque applicare condizioni differenti e privilegiare alcuni territori o determinate categorie di persone, ma non è permesso impedire a cittadini e imprese di accedere ai beni e servizi che vengono offerti nel territorio dell’Unione europea. In altre parole. gli operatori non saranno autorizzati a bloccare o limitare l’accesso dei clienti alla propria interfaccia online per motivi di nazionalità o luogo di residenza. Se un operatore blocca o limita l’accesso o reindirizza i clienti a una diversa versione dell’interfaccia online, dovrà fornire una chiara spiegazione.
Inoltre, non è previsto l’obbligo per gli operatori di effettuare le consegna ai clienti al di fuori dello Stato membro in cui essi propongono la consegna.
Il progetto di regolamento vieta, inoltre la discriminazione ingiustificata dei clienti in relazione al mezzo di pagamento. Gli operatori non saranno autorizzati ad applicare condizioni di pagamento diverse ai clienti per motivi di nazionalità, luogo di residenza o luogo di stabilimento, ma resteranno liberi di limitare le loro condizioni di pagamento in modo uniforme.
Punti di forza e limiti del progetto
I benefici che l’eliminazione delle misure di geo-blocking apporteranno al commercio elettronico, e più in generale, per il mercato unico sono incontestabili. I consumatori e le imprese potranno accedere a tutti i beni e servizi offerti nell’Unione europea, accedendo a tariffe concorrenziali. Tale possibilità dovrebbe condurre ad un abbassamento dei prezzi di mercato dal momento che la divisione dei mercati non sarà più così netta. Tuttavia, ci sono alcune questioni lasciate in sospeso che hanno limitato la portata riformatrice della misura.
In particolare, l’esclusione del diritto d’autore e dei contenuti audiovisivi dall’ambito di applicazione della bozza di Regolamento limita l’impatto della suddetta misura sul mercato unico, limitandosi a eliminare le discriminazioni solo nell’ambito del commercio elettronico. Tuttavia, anche in questo caso, le limitazioni delle zone di consegna che possono essere imposte dal venditore potrebbe indirettamente limitare la possibilità per i clienti di poter acquistare beni che, pur essendo offerti a prezzi più vantaggiosi, non verrebbero spediti negli altri Stati membri.
Tuttavia, tali limitazioni sembrerebbe essere mitigate dall’art. 9(2) della bozza che prevede la possibilità di prendere in considerazione in sede di prima valutazione l’estensione del divieto di discriminazione anche “ai servizi prestati tramite mezzi elettronici, la cui principale caratteristica consiste nel fornire accesso e permettere l’uso di opere tutelate dal diritto d’autore o di altri materiali protetti, oppure la vendita di opere tutelate dal diritto d’autore o altri materiali protetti in forma immateriale, a condizione che il commerciante abbia i necessari diritti per i territori interessati”. Tuttavia, anche in questo caso la norma richiede un accordo di licenza al fine di poter disporre lecitamente dei diritti in più Stati membri, di fatto lasciando immutata la prassi odierna degli accordi territoriali esclusivi.