La Supreme Court of the United Kingdom pronuncerà a marzo una sentenza definitiva sul caso Lucasfilm Limited e altri vs Andrew Ainsworth, che potrebbe rivelarsi molto importante non solo per le parti in causa, ma per tutta l’industria cinematografica americana ed europea. La sentenza porrà un (primo?) punto fermo in una vicenda giudiziaria particolarmente complessa, che proveremo di seguito a riassumere.
Tutto ha inizio nel 1976, quando il designer britannico Andrew Ainsworth disegnò e realizzò, su sub-commissione di Nick Pemberton che aveva a sua volta ricevuto l’incarico dal regista americano George Lucas, il prototipo dell’elmetto d’ordinanza delle Imperial Stormtroopers, la milizia personale dell’Imperatore Galattico del film “Star Wars – Una nuova speranza” (poi ribattezzato “Star Wars: Episode IV”).
Ventott’anni dopo, nel 2004, una società facente capo ad Ainsworth, sprovvista di qualunque accordo di licenza con la Lucasfilm, ha cominciato a commercializzare via internet in tutto il mondo delle riproduzioni degli elmetti delle Stormtroopers basate sui disegni di Ainsworth, incentrando il marketing sullo slogan: “made by the original maker, using the original moulds”.
Andrew Ainsworth è stato per questo convenuto in un tribunale californiano dalla Lucasfilm Limited e altri, detentori dei diritti d’autore e di sfruttamento economico della saga di Star Wars, e condannato a un risarcimento di oltre venti milioni di dollari: cinque per violazione del copyright, cinque per violazione dei diritti sul marchio e concorrenza sleale sulla base del Lanham Act, dieci a titolo di triplicazione del risarcimento (Treble Damages) previsto dallo stesso Lenham Act, section 1117. Difficile immaginare una sentenza più severa, considerando soprattutto che i ricavi dichiarati da Ainsworth per la vendita degli elmetti ammontavano complessivamente a circa 50.000 dollari, di cui solo 14.500 dalle vendite negli USA.
Al momento di riscuotere, la Lucasfilm si è accorta però che Ainsworth non disponeva negli USA – né, per la verità, in Regno Unito – di un patrimonio sufficiente ai fini del risarcimento; così si è rivolta all’High Court of Justice britannica per chiedere la delibazione della sentenza, esclusa la triplicazione del risarcimento, per un ammontare di dieci milioni di dollari.
Nel corso del procedimento, per questioni legate al raccordo tra giurisdizione inglese e americana (i legali di Lucas temevano che un eventuale giudizio negativo del tribunale inglese avrebbe potuto compromettere eventuali futuri giudizi di delibazione della sentenza americana anche altrove) e a strategie processuali lucidamente progettate (volte a fermare con ogni mezzo l’attività commerciale di Ainsworth, evitando però di mandarlo in bancarotta), hanno spinto gli avvocati della Lucasfilm a chiedere un nuovo giudizio di merito al tribunale inglese sulla violazione di copyright, un’inibitoria e, in subordine, la delibazione della sentenza californiana. Ainsworth ha invece chiesto che gli fosse riconosciuta la titolarità del copyright sul design degli elmetti.
Al termine del procedimento, nel 2008, l’High Court britannica ha riconosciuto la violazione da parte di Ainsworth delle norme sul copyright americano in relazione alla vendita degli elmetti negli Stati Uniti; ha negato la delibazione del risarcimento milionario in UK per sproporzione rispetto al danno; e soprattutto ha sancito la non violazione da parte di Ainsworth delle norme inglesi sul copyright, dato che l’elmetto delle Stormtroopers non ha natura di scultura né di “work of artistic craftsmanship” come definiti dal Copyright Designs and Patents Act (“CDPA”) – e per inciso non è neanche pienamente originale, avendo Ainsworth lavorato su appunti e disegni di Nick Pemberton – e dunque non è soggetto a diritto d’autore.
La disciplina applicabile al caso, secondo il tribunale britannico, sarebbe quella dettata dal combinato disposto della section 51 e 52 del CDPA, secondo cui, rispettivamente, “it is not an infringement of any copyright in a design document or model recording or embodying a design for anything other than an artistic work or a typeface to make an article to the design or to copy an article made to the design”, e il termine di decadenza della protezione contro le copie dei modelli è di 25 anni (15 se i modelli risalgono a prima dell’entrata in vigore del CDPA, come nel caso degli elmetti imperiali). Di conseguenza è stata respinta anche la domanda incidentale di Ainsworth, che chiedeva di essere riconosciuto come titolare del copyright sugli elmetti.
La Lucasfilm, parzialmente soccombente in primo grado, ha proposto ricorso presso la Court of Appeal of England and Wales, che si è pronunciata sul caso il 16 dicembre 2009 confermando fondamentalmente l’impostazione del tribunale di primo grado. Il signor Ainsworth non ha violato la normativa sul copyright, avendo operato sotto la protezione dell’art. 51 CDPA dopo un periodo ben superiore ai 15 anni previsti dall’art. 52. L’aspetto forse più interessante della decisione è che l’elmetto delle Guardie Imperiali, secondo la Corte d’Appello, non può essere considerato una scultura perché non è stato creato con lo scopo primario di un “visual appeal” individuale, ma è viceversa funzionale a un’opera collettiva.
Il fatto che l’accento sia stato posto sullo scopo per cui una scultura venga solitamente creata ha suscitato l’ironia di Michael Bloch, avvocato di Lucas, secondo cui – in base a questo criterio – nemmeno la Pietà di Michelangelo dovrebbe essere considerata una scultura perché venne creata principalmente a scopo religioso. (La provocazione non regge: la Pietà è un’opera d’arte sacra e non un oggetto di culto; ma è anche vero, per fare un esempio, che la legge italiana prevede l’impignorabilità degli oggetti di culto, come un crocifisso o una menorah, anche se questi siano in ipotesi delle sculture di valore artistico ed economico indiscusso e straordinario.)
Alla Lucasfilm è stato riconosciuto anche in appello il copyright sugli elmetti sulla base del diritto statunitense, ma non il diritto di veder delibata la sentenza californiana in Regno Unito. E’ stata inoltre emessa un’ingiunzione nei confronti di mr. Ainsworth a cessare le attività di vendita via internet negli Stati Uniti, che può suscitare qualche perplessità sul piano delle relazioni dei rapporti tra giurisdizione inglese e americana. Perplessità evidenziate peraltro dalla stessa Corte d’Appello, specie con riferimento all’assenza di una disciplina pattizia internazionale che disciplini i casi di contrasti di giurisdizione in tema di copyright.
Si attende adesso l’ultima sentenza inglese, quella della Supreme Court of the United Kingdom, che si pronuncerà a marzo 2011. Due in particolare sono le questioni più importanti su cui è chiamata a pronunciarsi la Suprema Corte: 1) se un convenuto domiciliato in UK possa essere ritenuto colpevole da un tribunale inglese di un’infrazione della normativa sul copyright americana consumata in America, e soprattutto; 2) se gli elmetti delle Stormtrooper siano o no delle sculture, con tutto ciò che ne consegue in termini di diritti di riproduzione e sfruttamento economico.
Stando alle cronache giornalistiche, nell’industria statunitense dell’entertainment è diffusa l’opinione che qualora fosse riconosciuto dalla Suprema Corte inglese che i prop, cioè i manufatti per film, realizzati da operatori domiciliati in Inghilterra debbano essere sottoposti in quel paese a una tutela della durata di “soli” 25 anni (CDPA, art. 52.2), i produttori americani potrebbero d’ora in avanti scegliere di non rivolgersi a professionisti d’oltreoceano, con ovvie ripercussioni sull’industria cinematografica britannica ed europea.
E’ però possibile che sull’imminente decisione della Corte Suprema del Regno Unito possa influire la recentissima pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 27 gennaio 2011 resa in via pregiudiziale su domanda del Tribunale di Milano (causa C-168/09), con riguardo proprio alla protezione giuridica dei disegni e modelli.
Pochi giorni fa la Corte ha infatti interpretato l’art. 17 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 98/71/CE, rubricato “Relazioni con il diritto d’autore”, nel senso che esso osti alla normativa di uno Stato membro che escluda dalla protezione del diritto d’autore i disegni e modelli che, pur possedendo tutti i requisiti per godere di tale protezione (copyright), siano divenuti di pubblico dominio anteriormente alla data di entrata in vigore di tale normativa, nei confronti di qualsiasi terzo che abbia fabbricato o commercializzato nel territorio nazionale prodotti realizzati secondo detti disegni e modelli, e ciò a prescindere dalla data di compimento di tali atti.
Ammettendo che la direttiva 98/71/CE goda di un’efficacia auto-applicativa, l’obbligo di estensione – o meglio, il divieto di non estensione – della disciplina del copyright ai disegni e modelli, con particolare riferimento alla fabbricazione e commercializzazione in uno Stato membro di prodotti realizzati sulla loro base, potrebbe impattare in maniera significativa sul già citato art. 51 del Copyright Designs and Patents Act britannico. E rendere sostanzialmente irrilevante – ai fini della Lucasfilm – la qualificazione o meno degli elmetti delle Stormtrooper come opere d’arte.