E’ la fine del 2004. I rappresentanti legali di SABAM – corrispettivo belga della SIAE – accusano il provider locale Tiscali di aver lucrato sulle violazioni del copyright commesse dai suoi utenti a mezzo P2P. Il fornitore di connettività avrebbe in sostanza beneficiato dell’aumento nel numero di abbonati interessati alle attività di condivisione illecita dei contenuti. La denuncia di SABAM si appende alla Direttiva europea 2001/29/EC: i detentori dei diritti possono ottenere un’ingiunzione nei confronti di intermediari come i provider, che praticamente sono nella migliore posizione possibile per bloccare la distribuzione online di materiale piratato.
Ad esprimersi è un giudice locale, che obbliga il provider Tiscali a bloccare tutti gli accessi a quei siti impelagatisi in attività di file sharing e P2P. Il fornitore di connettività viene in sostanza dichiarato responsabile delle violazioni commesse dagli utenti. La decisione del tribunale belga sorprende gli osservatori della Rete: intermediari come i provider sono già stati definiti “neutrali” dalla Direttiva europea sul Commercio Elettronico (2001/31/EC). Le richieste di SABAM costringerebbero invece Tiscali ad agire come un vigile del traffico web.
La sentenza belga parla chiaro: il provider – successivamente diventato Scarlet Extended – deve dotarsi entro sei mesi delle tecnologie necessarie a bloccare l’accesso ai file illeciti. Viene tirata in ballo Audible Magic, società che produce sistemi di filtraggio per conto di numerose aziende legate al diritto d’autore. L’ISP belga rischia una sanzione pecuniaria pari a 2500 euro per ogni giorno di ritardo nell’implementazione dei meccanismi di filtering. Le varie etichette discografiche parlano di un precedente storico nella lotta alla pirateria online.
Il caso diventa subito bollente. C’è chi sottolinea come SABAM voglia imporre a Scarlet meccanismi di monitoraggio delle attività illecite degli utenti. La stessa collecting society locale ricorda come il giudice non abbia previsto simili misure per salvaguardare la privacy degli abbonati al fornitore di connettività. Numerosi dubbi vengono sollevati sulla reale efficacia della tecnologia di filtraggio nota come Audible Magic, che non garantirebbe un’azione perentoria contro i file scambiati online.
Ottobre 2008. Una corte di Bruxelles blocca le astronomiche sanzioni a carico del provider Scarlet. A risultare decisiva è l’intervento di un rappresentante di SABAM che ammette la non totale efficacia della tecnologia di filtraggio Audible Magic. I vertici dell’ISP belga hanno infatti trovato enormi difficoltà nell’implementazione dei meccanismi imposti dai titolari dei diritti. Audible Magic rischierebbe infatti di bloccare contenuti assolutamente leciti, non potendo inoltre evitare attività di monitoraggio degli utenti abbonati. Considerati i 2500 euro di multa per ogni giorno d’inadempienza, il conto per il provider si avvia a sfiorare il milione di euro.
Agli inizi del 2010, una corte d’appello di Bruxelles decide di passare il caso SABAM vs. Scarlet all’attenzione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. E sul caso si esprime un anno dopo la Commissione del Vecchio Continente: nessuna norma del diritto comunitario impedirebbe ai singoli tribunali nazionali di imporre ai provider tecnologie di filtraggio come quella proposta da SABAM. Posto che venga tutelata la privacy degli utenti e il principio di libera espressione contenuto nella Carta dei Diritti Fondamentali.
Diverso il parere dell’avvocato generale Cruz Villalon, che nell’aprile 2011 sottolinea come simili imposizioni rappresentino una violazione dei diritti fondamentali dei cittadini europei. Tecnologie di filtraggio anti-pirateria andrebbero a ledere la privacy degli abbonati, oltre che i principi di libera espressione e libera informazione.
Novembre 2011. Dopo sette anni di lotta, SABAM deve incassare la sconfitta. La Corte di Giustizia d’Europa stabilisce che il sistema di filtraggio imposto a Scarlet costituisca una violazione dei principi contenuti nella Carta dei Diritti Fondamentali. In particolare andando a ledere il diritto alla segretezza nelle comunicazioni e quello alla tutela dei dati personali. I meccanismi previsti da Audible Magic rischierebbero poi di bloccare l’accesso a contenuti perfettamente leciti. Tradotto: una evidente violazione del principio di libertà d’informazione sul web.
Secondo i giudici del Vecchio Continente, l’imposizione di un sistema di filtraggio ad un intermediario come il provider andrebbe a violare la Direttiva europea sul Commercio Elettronico (2001/31/EC). Lo stesso business di una società come Scarlet verrebbe dunque minacciato dagli alti costi legati all’implementazione delle tecnologie anti-pirateria.
Sul web impazzano le reazioni alla sentenza. Gli attivisti de La Quadrature du Net parlano di una decisione storica che smorzerà i toni della guerra alla cultura condivisa. I policy maker europei dovrebbero ora concentrarsi su una riforma del copyright, lasciando perdere i tentativi bellici dell’industria dei contenuti. Mentre Innocenzo Genna – già a guida di ECTA e ora membro di Euroispa e AIIP – sottolinea come la decisione confermi la non inviolabilità del diritto d’autore. Non quando in ballo il copyright vada a minacciare altri diritti fondamentali.
“Il potere di ordinare ad un intermediario della comunicazione di inibire la diffusione di un determinato contenuto protetto dal diritto d’autore, previsto dalla disciplina europea in materia di enforcement dei diritti di proprietà intellettuale, non può tradursi nell’imposizione a quest’ultimo di un obbligo di porre in essere una complessa e costosa condotta attiva che abbia per presupposto una verifica su tutti i contenuti intermediati”, spiega Guido Scorza.
Nelle parole di Fulvio Sarzana:“Un’ingiunzione di tale genere non rispetta il divieto di imporre a siffatto prestatore un obbligo generale di sorveglianza né l’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale da un lato, e dall’altro la libertà d’impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni”.
Diversa l’opinione del presidente di Confindustria Cultura Italia Marco Polillo: “La decisione odierna della Corte di Giustizia sul caso Scarlet Extended SA e SABAM non ha nulla a che fare con il rispetto della legalità su Internet. La sentenza conferma invece in maniera chiarissima che, ai fini del contrasto della pirateria online, l’Autorità Giudiziaria e gli Organi amministrativi di vigilanza, dopo aver accertato gli illeciti, possono ordinare provvedimenti di inibizione all’accesso attraverso il coinvolgimento degli intermediari. Ciò proprio alla luce degli articoli 14 e seguenti della Direttiva europea 2001/31/CE”.
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