È opinione diffusa che il settore del turismo sia stato uno di quelli maggiormente investiti dalla rivoluzione digitale. Un numero sempre crescente di consumatori prenota le proprie vacanze ed i propri viaggi via internet, sfruttando i vantaggi competitivi assicurati dal web.
La legislazione vigente risponde efficacemente alle nuove evoluzioni vissute dal settore turistico? La Commissione europea, da tempo, è dell’avviso che la direttiva del 1990 debba essere aggiornata (o, meglio, sostituita) da un nuovo testo normativo, che tenga nella giusta considerazione le modifiche subite dal mercato.
La Commissione europea dovrebbe approvare entro la fine dell’anno – o, al più tardi, nei primi mesi del 2012 – la Package Travel Directive. La proposta di direttiva è stata salutata con favore dall’Ectaa, che raccoglie le associazioni di agenti di viaggi e di tour operator di 28 Paesi (circa 80.000 imprese).
Stando ai rumors comunitari, la nuova direttiva dovrebbe avere un ambito applicativo più ampio rispetto alla precedente e dovrebbe essere scissa in due distinti testi normativi, uno dei quali dovrebbe occuparsi esclusivamente dell’insolvenza da parte dei vettori aerei. Peraltro, di tale ultimo aspetto si sta occupando uno studio specifico, commissariato dalla Commissione e che dovrebbe vedere la luce entro la fine dell’estate.
Uno degli aspetti maggiormente discussi è dato dai cc.dd. “pacchetti dinamici” ossia dalle offerte, formulate sui siti internet delle compagnie aeree, di prodotti aggiuntivi, quali hotel, autovetture a noleggio, servizi di ristorazione e così via discorrendo.
Secondo le agenzie on-line, infatti, è necessario che le transazioni siano sì soggette a norme di protezione dei consumatori, ma non rientrino nell’ambito oggettivo di applicazione della direttiva, che dovrebbe abbracciare unicamente i pacchetti turistici. Allo stesso modo, si rileva che l’utilizzo di carte di credito o di carte prepagate per le transazioni e l’obbligo di fornire ampie e preliminari informazioni ai consumatori costituiscano già un livello di protezione adeguato.
Un ulteriore punto dolente è rappresentato dalla richiesta di maggiore flessibilità, nel caso in cui i servizi realmente offerti differiscano rispetto a quelli dedotti in contratto. La legislazione vigente prevede che i tour operator siano chiamati ad offrire soluzioni alternative ovvero a rimborsare il consumatore, seppur nei limiti della differenza tra quanto promesso e quanto effettuato. Una lettura confermata anche dalla Corte di Cassazione (da ultimo, per quanto è dato sapere, nella sentenza 10651 del 2008), ma i cui contorni andrebbero maggiormente chiariti a vantaggio sia dei consumatori sia degli stessi operatori del settore.
La nuova direttiva, poi, sarà chiamata a garantire una maggiore armonizzazione tra gli Stati membri, evitando che le differenze tra i singoli ordinamenti possano rappresentare un ostacolo per i consumatori: si pensi, ad esempio, alla diversa applicazione dell’IVA ai prodotti e ai servizi acquistati, di cui si è occupata, in passato, anche la Corte di Giustizia.