MILANO – La “fame” di banda larga degli operatori di telefonia mobile – complice una rete che scricchiola sotto i colpi di “chiavette” e smartphone – potrebbe essere finalmente placata. Arrivano le regole per l’asta delle nuove frequenze da dedicare ai cellulari del futuro, le stesse liberate dal trasloco, non ancora completato, delle televisioni dall’analogico al digitale. Un documento corposo quello che l’Agcom metterà in consultazione pubblica da oggi per i prossimi trenta giorni e che il Sole 24 Ore ha potuto visionare integralmente. Un testo che il commissario Stefano Mannoni definisce «d’avanguardia e persino migliore di quello dell’Ofcom (l’Autorità inglese per le comunicazioni, ndr), e che ci aspettiamo venga accolto con favore dal mercato». Parole che tradiscono, forse, quel filo d’orgoglio che i padri provano verso i figli (gli altri “padri” relatori del provvedimento sono, oltre al presidente Corrado Calabrò, anche il commissario Nicola D’Angelo e il segretario generale Roberto Viola).
Un sistema di regole che ha l’ambizione di essere un «provvedimento di sistema», anche perché è il bando più importante dai tempi della gara per le frequenze Umts di undici anni fa. Anzi. Le frequenze che verranno messe all’asta forse già prima dell’estate ma più presumibilmente in autunno sono il doppio di quelle del 2000: circa 300 Mhz contro i 145 dell’Umts, per la prima asta italiana multifrequenza che prevede le licenze per lo spettro a 800 Mhz, il più pregiato, insieme con quelli a 1,8 e 2,6 Gigahertz (liberati dal ministero della Difesa), e 2 Gigahertz.
Lo schema di provvedimento si struttura su almeno tre punti essenziali, alcuni dei quali faranno storcere il naso agli operatori di telefonia. Per esempio gli obblighi di copertura per colmare il digital divide, con particolare attenzione alle aree rurali. Un tema trattato al punto 7 nel quale si spiega che «l’apposizione di adeguati obblighi minimi di copertura a corredo dei diritti d’uso siano adeguati a ottenere un uso effettivo delle frequenze e consentano una maggiore garanzia (…) nella credibilità dei business plan».
L’Agcom distingue gli obblighi di copertura per chi si porterà a casa la licenza per gli 800 Mhz dagli obblighi che faranno capo ai detentori degli altri spettri. E quindi, in sintesi: per i “vincitori” degli 800 Mhz gli obblighi di copertura per chi acquisterà una quantità di banda tra i 5 e i 25 Mhz andranno dal 20 al 40% del territorio (comuni fino a 3mila abitanti), con un tempo di tre anni fissato per raggiungere il 50% dell’obiettivo e cinque per completarlo. Per gli aggiudicatari delle altre frequenze, invece, gli obblighi di copertura sono fissati in un «30% della popolazione nazionale in 24 mesi e il 50% entro 48 mesi».
Il secondo punto cardine delle regole è il refarming della banda a 1,8 Gigahertz, là dove con il termine refarming si intende il passaggio dalla banda “stretta” del sistema Gsm alla banda larga mobile di Umts e Lte. Il terzo punto, infine, attiene alla creazione delle condizioni per l’eventuale ingresso di un nuovo operatore di telefonia mobile, in un mercato a dire il vero già molto saturo (forse le Poste, già operatore mobile virtuale?).
Se l’obiettivo finanziario dell’asta, contenuto nella Legge di stabilità, parla di 2,4 miliardi di euro di introiti per lo Stato, sui tempi della gara mancano ancora certezze. Dal canto suo il Governo dovrà accelerare se vorrà che gli introiti siano versati entro il 30 settembre 2011 (si legga il Sole 24 Ore del 17 marzo), visto che un possibile scostamento dell’importo si compenserà con tagli a tutti i ministeri. La verità è che non tutte le frequenze sono ancora libere, con le tv locali che potrebbero non accontentarsi dei 240 milioni stabiliti come incentivo per la migrazione al digitale.
Tratto dal Sole 24 Ore del 24 marzo 2011
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