Per la rubrica sulle start-up italiane, oggi è il turno di Bertalan Iván, start-upper ungherese approdato nel Salento. Bertalan ha creato #mappiamo (al momento in versione beta), uno strumento per il turismo e la geolocalizzazione.
Ciao Berti, ci racconti come sei arrivato in Italia e come ti è venuta l’idea di #mappiamo?
A sentire il professor Mario Alinei per me, che sono ungherese, sarebbe come un ritorno a casa. Nella realtà l’Italia per me equivale al Paradiso in Terra.
E’ circondata dai mari, vanta delle stupende montagne e rigogliose pianure, ci trovi laghi, isole, vulcani… vanta una diversità in ogni cantone. Trovi ogni tipo di clima: puoi sciare, andare in moto e salpare per i mari nell’arco di pochi km. Nella cucina, eccellente, ci sono centinaia di piatti tradizionali. Ogni 50km trovi persone che parlano una lingua diversa…. mi sembra di vivere su Pangea.
Questa natura così diversificata ha donato agli italiani la creatività di cui sono famosi in tutto il mondo. Vivere in un ambiente così stimolante è di grande aiuto per chi deve fornire servizi in grado di anticipare i bisogni dell’utente incuriosito o abitante di questi meravigliosi territori.
#mappiamo è uno strumento, figlio del web 3.0, adatto a unire i contenuti garantendo la proprietà e l’originalità per ognuno degli autori. Nell’ambito del marketing 3.0 ritengo significativo la condivisione del bagaglio esperienziale degli operatori e dei consumatori.
Molti start-upper scelgono di espatriare. Tu, invece, hai deciso di stabilirti in Italia. Come giudichi il mercato di internet oggi? Quali le maggiori criticità e quali, a tuo avviso, gli scenari interessanti per il prossimo futuro?
Internet in Italia è in rapida evoluzione, mi ricordo che nel ‘95 per connettermi col modem dovevo fare una interurbana, già nel 2000 eravamo nella New Economy, nella piena bolla quando Tiscali capitalizzava in borsa come la FIAT (300 operai contro 60.000!!!), nel 2010 si passava a connessione dal mobile (chiavette e smartphone) dove credo che l’Italia abbia il primato mondiale nei contratti pro capite. Come mercato soffre alcuni aspetti della sua natura, è un paese vecchio, età media dei cittadini è sopra i 43 anni con politici ancora più vecchi, 59 anni, per cui la speranza di cambiamento arriverà con la generazione c.d. “nativi digitali”. Ma questo accadrà solo tra qualche decennio. Nel frattempo chi rimane deve sfruttare l’occasione di questi “vecchi” con la voglia di rimanere giovani, anche perché l’aspettativa di vita sulla penisola è superiore agli 85 anni.
Quali sono i maggiori ostacoli che, sotto il profilo giuridico e legislativo, hai incontrato (o incontri ancora) nella tua esperienza di start-upper? Al netto del recente decreto su start-up e innovatori, quali riforme ti aspetti dal prossimo Governo?
Le start-up sono come i bambini piccoli: creativi, agili, impavidi e fiduciosi. Però sono impreparati ad affrontare il mondo. Hanno bisogno di un ecosistema affidabile in cui crescere, di tramutare l’idea innovativa in qualcosa di concreto, di stabile, da poter moltiplicare e applicare in vari settori. Mi piacerebbe vedere molta più semplificazione nella gestione e di contro maggiore responsabilità. L’ecosistema dovrebbe essere come un papà che insegna al figlio di andare in bicicletta, all’inizio lo accompagna, poi lo lascia andare, lo segue e (quando cade lo rialza) infine lo incita a vincere la gara per poi, col tempo, osserva i frutti, in silenzio, da lontano.
Le start-up per natura sono realtà dinamiche in veloce evoluzione sospinte dal talento e dalla voglia di vincere. Come in un campionato sportivo. E’ impossibile pensare che il dipendente di una start-up sia assunto a tempo indeterminato, ma neanche a progetto e tanto meno obbligato a lavorare con la partita iva. Bisogna dare l’opportunità di fare esperienza e di crescita professionale con la giusta e corretta retribuzione per un staff turnover costruttivo.
In giro si trovano decine di annunci di ricerca di Co-Founder ma in realtà si cercano figure professionali qualificate da sotto pagare con la scusa di promessa di quote dell’idea, altrui.
Sulla scorta della tua esperienza, quali consigli ti sentiresti di dare ai giovani start-upper che scelgono di investire nel mercato di internet oggi? Rimanere o investire altrove?
Dipende dalla strada che si desidera percorrere. Provarci qui o fuori è indifferente, è importante partire sempre con la consapevolezza di poter fallire nel giro di poco (o vendere al primo offerente) e della capacità di rialzarsi e di riprovare con qualcosa d’altro. Oppure, nel caso in cui si desidera fare il lavoro della vita, di non avere fretta, c’è tutta la vita davanti per metterla in pratica e di studiare dov’è meglio farla. E’ di fondamentale importanza la conoscenza del humus in qui si semina. Per me, prima di vedere le Alpi, una pista da sci misurava neanche 300 metri… se avessi basato tutto solo su quella pista non avrei mai goduto la discesa sulla “Ventina”.
In ogni caso, bisogna studiare, confrontarsi con gli altri (a tal proposito ben venga il vissuto in ambiente straniero) e condividere le esperienze maturate. Le idee non valgono niente se non ci sono le persone che le facciano camminare.
E’ vero che chi arriva per primo è in vantaggio, di solito per la mancanza di concorrenza, ma è anche vero che gli altri interessati “copioni” potrebbero usarlo come “testa di ariete” e io non ho mai visto un monumento in ricordo a una testa di ariete e, tanto meno, a una idea.