Costituisce abuso di posizione dominante sul mercato dei servizi di ricerca generalisti il rifiuto generalizzato da parte di uno dei motori di ricerca più noti al mondo di non riconoscere alcun corrispettivo per la ripresa di contenuti editoriali o dei titoli degli articoli, sfuggendo all’applicazione del nuovo diritto connesso a beneficio degli editori di giornali e agenzie di stampa che conferisce loro il diritto di autorizzare o vietare la riproduzione delle loro pubblicazioni su piattaforme, aggregatori e motori di ricerca.
Sommario: 1. Il dilemma del “titolo” degli articoli – 2. Il modello economico di Google. – 3. La posizione delle parti. – 4. La decisione dell’authority.
- Il dilemma del “titolo” degli articoli
Tutela della stampa, dell’editoria, del giornalismo. È ciò che emerge in prima battuta dalla lettura di oltre settanta pagine di provvedimento. L’Antitrust francese – dopo aver esaminato soggetti, mercato[1] e l’operatività tecnica del motore di ricerca più noto al mondo[2] – scompone passo dopo passo le difese affrontate nel contradditorio delle parti per giungere ad una decisione che, seppur cautelare (quindi interinale e soggetta ad impugnativa), riconosce in maniera lapidaria che si tratterrebbe di abuso di posizione dominante da parte del motore di ricerca. L’interesse tutelato è la democrazia in una delle sue primarie estrinsecazioni: la libertà di stampa. Protezione ricercata dalla direttiva (UE) 2019/790 (considerando 54 e 55)[3] e perseguita a più riprese dal legislatore francese con la legge n. 2019-775 art. 4, adottata il 24 luglio 2019, che ha recepito l’art. 15 della direttiva, creando un diritto connesso a beneficio delle agenzie di stampa e degli editori.
La scelta francese di un recepimento così rapido – appena tre mesi dopo l’adozione della Direttiva – si spiega con il desiderio dei parlamentari di rispondere a quella che consideravano una situazione di emergenza: risollevare l’industria dell’editoria e della stampa. «I motori di ricerca riproducono e distribuiscono sulle proprie pagine, milioni di testi, fotografie, video senza alcuna licenza, causando danni ingenti alle agenzie di stampa e ai loro autori. Questi motori di ricerca sono diventati delle vere e proprie banche di informazioni e dati, sfruttando contenuti che non hanno né creato né finanziato e per i quali non pagano alcun compenso»[4].
In particolare, le tecniche recenti (“snippets“) fanno sì che buona parte degli internauti si accontenti di questa modalità di informazione senza la necessità cliccare sul relativo link e quindi visitare il sito corrispondente, con conseguente perdita di risorse, sotto forma di abbonamenti o pubblicità.
Nell’ordinamento francese è stata avvertita, prima di ogni altro Paese dell’Unione, una reale e concreta urgenza ad intervenire: editori e agenzie di stampa perdono risorse ogni giorno e, ogni giorno, le grandi piattaforme raccolgono profitti usando articoli scritti da giornalisti e foto prodotte dalle agenzie.
Come già accade per altri settori dell’industria culturale (editori di fonogrammi e videogrammi, società di comunicazione audiovisiva), l’istituzione di un diritto connesso a beneficio delle agenzie di stampa e degli editori di stampati dovrebbe, secondo la volontà del legislatore, consentire di ottenere una migliore protezione dei loro contenuti, proteggendo gli investimenti sia umani che finanziari. L’obiettivo di questo nuovo diritto connesso è dunque quello di riequilibrare il potere tra attori digitali e operatori di stampa ridefinendo la condivisione (e la ripartizione) del valore a favore di quest’ultimo.
Google, all’indomani del recepimento da parte dell’ordinamento francese dell’art. 15 della direttiva 2019/790 (avvenuto con la legge n. 2019-775 del 24 luglio 2019), ha cercato di elidere il nuovo diritto connesso forzando la lettera della direttiva, prima, e della legge francese, poi, concentrandosi sulla struttura ed efficacia dei titoli. Ritenendo in linea di principio che i titoli degli articoli di fatto sfuggono all’applicazione del nuovo diritto connesso (per la sintesi della loro formulazione), ha continuato a mostrare solo i titoli degli articoli di stampa all’interno dei vari servizi offerti, pur in assenza di un accordo con editori e agenzie di stampa interessati o a riconoscere il corrispettivo per il loro utilizzo.
L’equazione perseguita è stata quindi la seguente: niente licenza di uso gratuito dei contenuti editoriali, niente anteprima dei contenuti per tutti i servizi di Google. Resta solo il titolo.
- Il modello economico di Google
L’antitrust francese prima di affrontare le ragioni che hanno portato a ritenere che vi fosse un abuso di posizione dominante da parte del noto motore di ricerca, analizza nel dettaglio il modello economico e le modalità di funzionamento dei servizi di informazione offerti da Google.
Quello informativo è un servizio (sarebbe meglio dire di una pluralità di servizi) offerto gratuitamente agli utenti in connessione al servizio principale di Google Search o quale servizio autonomo a cui è sempre possibile accedere senza la corresponsione di alcun compenso. Il modello economico su cui si basa Google riguarda l’interazione tra alcuni servizi forniti gratuitamente agli utilizzatori (che permettono al motore di ricerca di accedere ai dati personali dei fruitori) e i servizi di pubblicità on-line grazie ai quali Google trae la maggior parte dei propri ricavi.
L’attività di Google consiste nel creare prodotti e servizi per gli utenti e offrire agli inserzionisti opportunità pubblicitarie di qualità. Google non vende i dati dell’utente stesso. I dati rappresentano un elemento del processo di generazione degli annunci che consentono di identificare quelli pertinenti per un utente. La pubblicazione di annunci pertinenti aumenta la propria utilità per gli utenti e contestualmente migliora l’efficacia per gli inserzionisti, poiché incrementa la probabilità che i clic provengano da utenti che sono veramente interessati a quella specifica offerta.
Il servizio “cerca con Google” (Google Search) è la funzione di base offerta dal motore di ricerca, accessibile dal sito www.google.com o dalle sue declinazioni locali (in Francia www.google.fr) e permette agli utilizzatori di cercare qualsiasi informazione all’interno del circuito della rete internet partendo da una o più parole chiave grazie alle quali il servizio di Google propone una serie di risultati.
Per fare ciò, il sistema di Google Search esegue una serie di operazioni: (i) effettua la scansione dei siti web per raccogliere informazioni sul loro contenuto, il cosiddetto crawling[5]; (ii) memorizza queste informazioni nel suo indice; (iii) classifica questi siti in base alla loro probabile rilevanza e li visualizza nelle pagine dei risultati.
Google non riceve alcun corrispettivo monetario per ordinare i risultai di ricerca; tali risultati, cosiddetti “naturali”, sono pertanto una scelta dell’algoritmo di ricerca.
All’interno del sistema di Google Search può essere consentito visualizzare i risultati relativi agli avvenimenti di attualità sotto forma di risultati “standard”, essi mostrano cioè un titolo, il nome del sito web di origine e un estratto di testo. Questi risultati possono essere arricchiti includendo un’immagine in miniatura. Questi metodi di visualizzazione si applicano indipendentemente dal supporto utilizzato (computer, telefono cellulare, tablet).
Google utilizza il termine inglese “snippet” (in francese, “extrait”) per indicare l’estratto del testo visualizzato nei risultati di ricerca. Il termine “snippet”, secondo Google, non copre il titolo o alcuna immagine in miniatura che appare nei risultati di ricerca dunque ciò che costituisce uno “snippet” il noto motore di ricerca, corrisponde solo agli estratti di testo che nell’immagine che segue compaiono nei riquadri blu.
All’interno di Google Search ci sono funzioni finalizzate a soddisfare in modo specifico e mirato le ricerche relative ai fatti di attualità, si tratta in particolare:
– delle “notizie principali” (“À la une” nella versione francese) che assume la forma di un carosello di risultati relativi agli avvenimenti di attualità, che possono essere scansionati orizzontalmente e visualizzati sopra i risultati della ricerca. Secondo il parere di Google, “il carosello” di solito visualizza il titolo dell’articolo e il nome dell’editore e spesso è accompagnato da un’immagine in miniatura e dall’indicazione del tempo trascorso dalla pubblicazione dell’articolo (9 ore fa, 20 min fa, etc.);
– la pagina delle “Notizie”, si tratta di una sezione di ricerca a cui gli utenti possono accedere dalla pagina dei risultati e che filtra i risultati per includere solo articoli relativi alle notizie collegate alle parole chiave che sono state inserite in Google Search. Tale scheda di solito visualizza il titolo dell’articolo e il nome dell’editore insieme a un’immagine in miniatura e un estratto dell’articolo.
Google offre quindi una vasta gamma di servizi agli utenti in aggiunta e in connessione al servizio principale di Google Search.
Google News, invece, è un servizio Google separato Google Search ed è interamente dedicato alle notizie.
Google News presenta i contenuti di notizie selezionate sulla sua home page in base alla lingua e alla regione in cui si trova l’utente.
La visualizzazione dei contenuti in Google News differisce da quella Google Search. I collegamenti ad articoli e contenuti di notizie sono presentati sotto forma di titolo, accompagnato dal nome dell’editore, un’indicazione relativa alla natura recente o meno del contenuto in questione e talvolta un’immagine in miniatura, generalmente senza estratti testuali o “snippet”.
Google Discover, infine, è un servizio collegato a Google Search, accessibile su un telefono cellulare o tablet, che presenta agli utenti, senza che questi abbiano effettuato una ricerca specifica, una selezione di contenuti in base alle interazioni con i prodotti Google, o addirittura a seconda delle tematiche che l‘utente ha l’abitudine di seguire.
I risultati visualizzati da Discover sono principalmente sotto forma di immagini in miniatura, titoli della pagina, nomi delle testate editoriali o nomi a dominio e possibilmente frammenti o anteprime video animati, come mostrato nell’illustrazione seguente.
Durante la sua audizione, Google ha spiegato che il modo in cui gli editori potevano scegliere di apparire o meno in questo servizio è cambiato alla fine del 2019: «Fino alla fine dell’anno scorso (2019), gli editori dovevano compilare un modulo per essere visualizzati in Google News. Ora gli editori possono disattivare Google News istruendo i robot» (Il termine “robot” si riferisce a crawler automatici utilizzati in particolare dai servizi di Google, che consentono la raccolta e l’indicizzazione delle risorse disponibili su Internet).
L’indicizzazione e la visualizzazione dei contenuti editoriali nei servizi di Google vengono quindi effettuati dai crawler istituiti da Google ai quali gli editori possono dare istruzioni. Innanzitutto, è il Robot Exclusion Protocol (REP) che consente agli editori di concedere o negare parti dei loro siti ai crawler automatizzati. Successivamente, esistono dei Meta tag che forniscono istruzioni ai robot. Attraverso questi tag, gli editori possono, tra le altre cose, chiedere ai robot di indicizzare o meno le loro pagine web. Gli editori possono anche dare il loro consenso all’indicizzazione e alla visualizzazione dei loro contenuti, attraverso l’uso di strumenti specifici di Google che consentono di personalizzare la presentazione dei loro contenuti in Google Search e Google News. Infine, grazie al “Publisher Center”, gli editori possono gestire la presentazione dei loro contenuti in Google News.
Per quanto riguarda le attività pubblicitarie, gli editori e le agenzie di stampa possono agire come venditori di spazi pubblicitari o come inserzionisti.
- La posizione delle parti
I ricorrenti (gran parte del settore della stampa francese – quotidiana e periodica – nazionale, regionale e dipartimentale) lamentano la modifica della politica di visualizzazione dei contenuti delle notizie all’interno dei vari servizi di Google, in particolare Google Search, Google News e Discover in concomitanza con l’entrata in vigore della legge francese n. 2019-775 art. 4, adottata il 24 luglio 2019 che ha recepito l’art. 15 della direttiva 2019/790.
Si tratta, come anticipato, del riconoscimento di un diritto connesso a beneficio degli editori di giornali e agenzie di stampa che conferisce loro il diritto di autorizzare o vietare la riproduzione delle loro pubblicazioni su piattaforme, aggregatori e motori di ricerca. Un diritto connesso al pari di quelli riconosciuti dalla direttiva 2001/29/CE (Direttiva InfoSoc) che non è limitato alle sole parti testuali delle pubblicazioni ma copre altresì le fotografie e i video e prevede il diritto di ottenere una adeguata remunerazione per l’uso di tali contenuti (considerando 57[6] e 58[7] della direttiva) da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione.
Dal 25 settembre 2019, in previsione dell’entrata in vigore della legge francese sul nuovo diritto connesso, Google ha annunciato agli editori e alle agenzie di stampa la nuova politica di visualizzazione dei contenuti all’interno dei suoi vari servizi.
In conformità con questo annuncio, Google ha implementato nuovi “tag”, frammenti di codice che editori e agenzie di stampa possono inserire nel codice sorgente delle loro pagine web al fine di autorizzare Google a prendere estratti dai loro contenuti editoriali sotto forma di testi, immagini e video. Infine, lo stesso giorno, Google ha precisato che non intendeva remunerare gli editori per la ripresa dei loro contenuti editoriali.
I “nuovi” tag creati da Google che consentono agli editori di dare il proprio consenso si riferiscono solo a “estratti di testo”, “immagini in miniatura” e video, ma non riguardano i titoli degli articoli[8].
Quindi Google ha continuato a mostrare i titoli degli articoli all’interno dei suoi vari servizi, senza ottenere l’accordo degli editori e agenzie di stampa interessati, o riconoscendo loro la giusta remunerazione.
Google ha ritenuto che i titoli cadessero in regime di esenzione. Non è tuttavia certo che i titoli degli articoli siano tutti coperti in linea di principio da questa eccezione, poiché il testo si riferisce a parole isolate o estratti molto brevi di pubblicazioni di carattere giornalistico e ciò induce ad una valutazione caso per caso, soprattutto avuto riguardo al contenuto informativo dei titoli degli articoli di stampa e senza dimenticare che il titolo di sé può avere una connotazione creativa e, quindi, ricadere in un regime di protezione autorale. La funzione specifica dei titoli è stata oltretutto riconosciuta dallo stesso Google che ha dichiarato: «L’utilité d’un snippet varie en fonction de l’origine du contenu et de la nature de l’information. Par exemple, dans le cas d’une recette de cocktail, le snippet peut être utile pour permettre à l’utilisateur de savoir sur quel lien il veut cliquer. En revanche, les contenus d’actualité sont produits par des journalistes professionnels et les titres sont rédigés avec une grande attention pour attirer l’intérêt des utilisateurs et les inciter à cliquer pour aller lire l’article. Dès lors, pour les contenus d’actualité, les snippets ne sont pas en général aussi utile que pour d’autres contenus. En outre, lorsqu’il n’y a pas de snippets, nous pouvons faire apparaître plus de résultats sur une page» (PV d’audition de Google, cote 4 424).
Google sostiene che, in virtù del principio di neutralità non paga mai per indicizzare i contenuti. A suo parere gli snippet remunerativi sarebbero incompatibili con il funzionamento di un motore di ricerca. Google ritiene inoltre che la decisione di chiedere il consenso degli editori per la ripresa degli estratti di testo senza alcun riconoscimento economico non sia un’attività vietata, tenuto conto del contenuto delle nuove disposizioni e delle incertezze interpretative afferenti il testo normativo. Si tratta, quindi, a suo giudizio di una decisione “naturale, prudente e ragionevole”. Infine, la decisione del Bundeskartellamt nel 2015 riguardo al legittimo rifiuto da parte di Google a riconoscere in favore degli editori una tutela autorale rispetto allo sfruttamento di frammenti dei loro contenuti costituirebbe, a suo parere, un valido precedente[9].
- La decisione dell’authority
A parere Autorité de la concurrence la legge n. 2019-775 non esclude (almeno in linea di principio) la possibilità per un editore di concedere ai prestatori di servizi della società dell’informazione una licenza gratuita per lo sfruttamento dei propri contenuti. Tuttavia, il rifiuto generalizzato di Google rispetto alla remunerazione per l’uso di tali contenuti rappresenta in via cautelare un abuso di posizione dominante sul mercato dei servizi di ricerca generalisti[10], anche se di per sé non costituisce una violazione della legge sul nuovo diritto connesso.
Analogamente, la scelta di Google di includere sistematicamente, senza distinzioni, i titoli degli articoli nel regime di esenzione previsto dall’art. 15 della direttiva è stato ritenuto, a dispetto della rappresentazione offerta dal motore di ricerca, una decisione per nulla “naturale”, né “cauta” e neppure “ragionevole”.
Al contrario, un comportamento “naturale, prudente e ragionevole”, sempre secondo l’opinione dell’antitrust francese, per un operatore dominante come Google, sarebbe potuto consistere nell’avviare i negoziati con gli editori e le agenzie di stampa, atteggiamento che avrebbe consentito a Google di rispettare la volontà del legislatore, proteggendo nel contempo i propri interessi.
Il rifiuto da parte di Google di remunerare gli editori ha avuto un forte impatto nella visualizzazione dei siti internet degli editori e delle agenzie di stampa, che, in caso di rifiuto a concedere licenze gratuite, hanno subito una perdita di traffico e un deterioramento del loro posizionamento nei servizi di ricerca offerti dal portale. Senza dimenticare che la nuova politica di visualizzazione adottata da Google ha imposto agli operatori del settore condizioni di transazione più sfavorevoli. Il perimetro delle licenze gratuite concesse a Google è difatti risultato essere molto più ampio rispetto ad una situazione che sarebbe derivata da una negoziazione. Gli editori che hanno concesso la licenza gratuita (per volontà o necessità) si sono trovati a concedere diritti ben più ampi rispetto a quelli concessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 2019-775.
Non solo le pratiche adottate da Google sono risultate dannose per gli editori e le agenzie di stampa ma hanno privato la legge sul nuovo diritto connesso degli effetti previsti. La direttiva (UE) 2019/790 del 17 aprile 2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale mira infatti a stabilire le condizioni per una negoziazione equilibrata tra editori, agenzie di stampa e servizi di comunicazione al pubblico online, al fine di ridefinire la condivisione di valore tra questi attori e a favore di editori e agenzie di stampa.
L’autorità ha inoltre ritenuto non pertinente al caso concreto il richiamo da parte di Google alla decisione del Bundeskartellamt del 2015 (Bundeskartellamt, 6th Decision Division, B6-126/14, Google Inc. vs. Third Parties, 8 September 2015). Secondo l’antitrust francese si tratterebbe di una circostanza irrilevante rispetto al caso di specie. Come indica il Bundeskartellamt nella propria decisione, il caso tedesco rientra in uno specifico contesto giuridico e fattuale che non può costituire un precedente per valutare la natura anticoncorrenziale delle pratiche attuate da Google in un altro contesto.
Il Bundeskartellamt si preoccupa inoltre di specificare nella sua decisione che la sua valutazione potrebbe essere diversa in caso di modifica della legge tedesca sui diritti connessi. Le pratiche adottate da Google sono dunque intervenute in un diverso quadro legislativo in seguito all’adozione della direttiva e al suo recepimento nel diritto francese.
Le scelte operate da Google, oltre ad aver ripercussioni negative per editori e agenzie di stampa, inequivocabilmente comportano un deterioramento della qualità delle informazioni, in quanto la mancanza di risorse sufficienti a supportare i costi ha inevitabili riflessi sulla qualità del servizio informativo reso. In tal modo viene minato il rilevante contributo che gli editori forniscono al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica, la sostenibilità che il legislatore intendeva garantire. Ciò si riflette non solo nelle disposizioni della legge francese ma anche negli obiettivi perseguiti dalla direttiva; il considerando 54 della direttiva sottolinea che la stampa fornisce un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica («Una stampa libera e pluralista è essenziale per garantire un giornalismo di qualità e l’accesso dei cittadini all’informazione e dà un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica»).
Il pluralismo dei quotidiani di informazione politica e di informazione generale è di per sé un valore che va tutelato.
D’altro canto, queste pratiche sono in grado di produrre effetti distorsivi della concorrenza sul mercato dei servizi di ricerca generali posizionando i concorrenti di Google, in particolare quelli con una piccola quota di mercato e che riconoscono agli editori un congruo compenso per la visualizzazione dei loro contenuti, in una situazione di asimmetria rispetto a Google.
Le pratiche denunciate creano pertanto un grave attacco al settore della stampa in quanto minacciano la redditività degli editori e delle agenzie di stampa a maggior ragione considerato che è lo stesso legislatore(francese) ad aver sottolineato che il nuovo diritto connesso è una fonte di reddito vitale per il settore. A parere dell’Autorità si tratta di una violazione molto più grave rispetto all’uso fatto da Google nei suoi vari servizi, in particolare in Google Search, dei contenuti protetti.
Secondo l’opinione espressa da Google, gli editori non sono mai stati pagati per la visualizzazione di contenuti protetti all’interno dei servizi dalla medesima offerti e la scelta della maggior parte di essi di continuare ad autorizzare la ripresa e la visualizzazione di tali contenuti significa che per tali soggetti non si è verificato nessun cambiamento sostanziale. Google ritiene che non vi sarebbe alcun legame tra la modifica delle condizioni per la ripresa e la visualizzazione di contenuti protetti nei suoi vari servizi e la crisi economica che sta affrontando il settore della stampa, oltretutto preesistente al momento dell’adozione della direttiva e della legge di recepimento francese.
Argomentazioni che, a parere dell’Autorità, non sono state ritenute convincenti anzi si è ritenuto che le scelte operate da Google abbiano addirittura aggravato la situazione di tale settore, ragion per cui l’Autorità ha ritenuto di dover adottare misure urgenti di protezione dopo aver riconosciuto l’esistenza del nesso causale tra le pratiche denunciate e l’attacco al settore stampa.
Da un lato, va notato che l’adozione da parte del Parlamento francese della legge sui diritti connessi costituisce un fatto nuovo che dovrebbe condurre, secondo la volontà del legislatore, a riequilibrare la distribuzione della catena del valore tra servizi comunicazione al pubblico online – come Google Search – e gli editori e agenzie di stampa, compresa la remunerazione ai giornalisti per la parte di loro spettanza.
Rispetto alle misure conservative, Google ritiene che le richieste dei ricorrenti sarebbero di natura tale da trasformare un diritto di proprietà intellettuale, limitato a un diritto esclusivo sui contenuti, in una possibilità per il titolare del diritto di imporre ad altre società l’obbligo di acquistare questo diritto. Non solo un tale obbligo di acquisto sarebbe, sempre a parere del noto motore di ricerca, in contraddizione con la legge sulla proprietà intellettuale e i principi del libero mercato, ma sarebbe anche incompatibile con la posizione di Google che non sta chiedendo di acquistare gli snippets.
L’Autorità, come anticipato, ha ritenuto necessario adottare, in attesa della decisione sul merito, garanzie relative all’equità delle condizioni di transazione tra Google, gli editori e le agenzie di stampa in merito ai diritti connessi.
Contrariamente a quanto indicato da Google, sia nelle sue osservazioni sia durante la discussione, queste misure sono risultate necessarie e proporzionate alla gravità delle pratiche commesse, capaci quindi di garantire condizioni eque e volte a preservare l’efficacia della legge sui diritti connessi.
Tali misure non implicano l’inserimento di Google in una situazione di obbligo di acquisto di alcun contenuto, ma si limitano a consentire un’equa condivisione delle entrate generate dai contenuti e solo con editori e agenzie di stampa le cui richieste soddisfano i criteri stabiliti dalla legge sui diritti connessi.
Dette misure precauzionali non escludono che determinati contenuti possano essere forniti gratuitamente a Google da editori e agenzie di stampa. Ciò può accadere quando l’editore o l’agenzia di stampa desidera concedere a Google una licenza gratuita o quando i criteri stabiliti dalla legge n. 2019-775 non giustifichino il pagamento della remunerazione.
Google è obbligato a negoziare in buona fede con gli editori e le agenzie di stampa o le organizzazioni di gestione collettiva la remunerazione ad essi dovuta per la ripresa di contenuti protetti secondo criteri trasparenti, obiettivi e non discriminatori. L’implementazione di questa ingiunzione deve coprire tutti i servizi offerti da Google, in particolare il servizio di ricerca offerto da Google Search.
I negoziati relativi a questa ingiunzione riguarderanno, in modo retroattivo, il periodo a partire dall’entrata in vigore della legge 2019-775, ovvero il 24 ottobre 2019.
Si è dunque imposto al motore di ricerca, con un provvedimento cautelare e urgente, di negoziare con gli editori la corresponsione di un equo compenso per l’utilizzazione da parte degli utenti di Google dei contenuti dei giornali on-line.
Al fine di garantire le finalità perseguite da tale ingiunzione, Google dovrà comunicare agli editori e alle agenzie di stampa le informazioni necessarie per una valutazione trasparente della remunerazione ad essi spettante.
Per quanto riguarda gli editori e le agenzie di stampa che a partire dal 24 ottobre 2019 non hanno concesso l’autorizzazione a riprendere i propri contenuti e che hanno chiesto a Google di negoziare, Google durante il periodo di negoziazione non potrà opporsi alla visualizzazione dei loro contenuti secondo le modalità scelte da questi editori e agenzie di stampa.
Google dovrà condurre le trattative per un periodo di tre mesi decorrenti dalla richiesta di apertura di una negoziazione da parte di un editore, un’agenzia di stampa o un organo di gestione collettiva. Questa apertura sarà materializzata dalla data di ricezione di una richiesta a mezzo lettera raccomandata con richiesta di ricevuta di ritorno.
Google è stata esortata ad adottare le misure necessarie per garantire che i negoziati previsti dalle ingiunzioni non incidano sulle altre relazioni economiche esistenti tra Google, gli editori e le agenzie di stampa.
Al fine di controllare l’attuazione delle ingiunzioni, fatta salva in particolare la buona fede di Google nello svolgimento delle negoziazioni, si è ritenuto necessario adottare un meccanismo per monitorare l’osservanza delle ingiunzioni inferte al motore di ricerca. Google dovrà quindi fornire all’Autorità relazioni periodiche sul rispetto della decisione adottata dall’Autorità.
Considerata la natura potenzialmente anticoncorrenziale delle pratiche denunciate e il danno grave e immediato che è stato arrecato al settore della stampa, l’Autorità ha ritenuto necessario mantenere in vigore le predette ingiunzioni fino alla pubblicazione della decisione di merito. Quindi, fino all’esito della chiusura del procedimento, gli editori dovranno ricevere una remunerazione per tutti gli atti di riproduzione dei loro contenuti compiuti dal noto motore di ricerca.
[1] La Commissione ha ritenuto che la fornitura di servizi di ricerca generalisti (o generali) costituisce un’attività economica e un mercato rilevante. Ha dunque distinto questo mercato da quello dei siti che forniscono contenuti come, ad esempio, Wikipedia, IMDb, The New York Times et Nature. Ha inoltre distinto questo mercato da quello dei servizi di ricerca specializzati e dal mercato dei social media. Infine, ha ritenuto che questo mercato includesse sia i servizi forniti su terminali fissi (computer) sia quelli forniti su terminali mobili (cellulare, tablet). Nelle sue osservazioni, Google non ha mai messo in discussione la definizione di mercato per i servizi di ricerca generalisti, ma ha contestato l’esistenza di un nesso causale tra la posizione dominante che deterrebbe su questo mercato e le pratiche di cui è stato accusato.
[2] Il report Brand Finance Global 500 2020, presentato a Davos durante il World Economic Forum, ha calcolato il valore dei marchi più celebri al mondo. Le società con il valore di mercato più grande al mondo sono le tre società statunitensi Amazon, Google (160 miliardi) ed Apple (140 miliardi di USD).
[3] «Una stampa libera e pluralista è essenziale per garantire un giornalismo di qualità e l’accesso dei cittadini all’informazione e dà un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica. L’ampia disponibilità di pubblicazioni di carattere giornalistico online ha comportato la nascita di nuovi servizi online, come gli aggregatori di notizie o i servizi di monitoraggio dei media, per i quali il riutilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico costituisce una parte importante dei loro modelli di business e una fonte di introiti. Gli editori di giornali incontrano una serie di problemi nel concedere licenze di utilizzo online delle loro pubblicazioni ai prestatori di questo tipo di servizi, redendo ancora più difficile per loro recuperare gli investimenti effettuati. In assenza del riconoscimento degli editori di giornali quali titolari di diritti, la concessione delle licenze e il rispetto dei diritti nelle pubblicazioni di carattere giornalistico riguardo agli utilizzi online da parte di prestatori» (considerando 54). «Il contributo organizzativo e finanziario degli editori nel produrre pubblicazioni di carattere giornalistico va riconosciuto e ulteriormente incoraggiato per garantire la sostenibilità dell’editoria e favorire in tal modo la disponibilità di informazioni affidabili. È quindi necessario prevedere a livello di Unione una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione, che lasci impregiudicate le vigenti norme sul diritto d’autore nell’ordinamento dell’Unione applicabili agli utilizzi privati o non commerciali delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di singoli utenti, anche ove tali utenti condividano pubblicazioni di carattere giornalistico online. Tale protezione dovrebbe essere garantita in maniera efficace mediante l’introduzione nell’ordinamento dell’Unione di diritti connessi a quello d’autore per la riproduzione e la messa a disposizione del pubblico di pubblicazioni di carattere giornalistico da editori stabiliti in uno Stato membro nell’ambito di utilizzi digitali da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione ai sensi della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio. La tutela giuridica per le pubblicazioni di carattere giornalistico prevista dalla presente direttiva dovrebbe andare a beneficio degli editori stabiliti in uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione». (considerando 55).
[4] Proposition de loi tendant à créer un droit voisin au profit des agences de presse et des éditeurs de presse, in senat.fr.
[5] “Crawler” è un termine generico che indica qualsiasi programma (come un robot o uno spider) utilizzato per l’individuazione e la scansione automatiche dei siti web, seguendo i link da una pagina web all’altra. Il crawler principale di Google è Googlebot che effettua due tipi di scansione del web: la deep-crawl (fatta una volta al mese circa) e la fresh-crawl (quasi tutti i giorni).
[6] «I diritti concessi agli editori di giornali ai sensi della presente direttiva dovrebbero avere lo stesso ambito di applicazione dei diritti di riproduzione e di messa a disposizione del pubblico di cui alla direttiva 2001/29/CE relativamente agli utilizzi online da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione. I diritti concessi agli editori di giornali non dovrebbero essere estesi ai collegamenti ipertestuali, né ai semplici fatti riportati nei giornali. I diritti concessi agli editori di giornali a norma della presente direttiva dovrebbero essere soggetti anche alle stesse disposizioni in materia di eccezioni e limitazioni applicabili ai diritti stabiliti dalla direttiva 2001/29/CE, tra cui l’eccezione in caso di citazioni, per esempio a fini di critica o di rassegna, di cui all’articolo 5, paragrafo 3, lettera d), di tale direttiva».
[7] «L’utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione può consistere nell’utilizzo di intere pubblicazioni o di interi articoli, ma anche di parti di pubblicazioni di carattere giornalistico. Anche l’utilizzo di parti di pubblicazioni di carattere giornalistico ha acquisito una rilevanza economica. Al tempo stesso, l’utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione non compromette necessariamente gli investimenti effettuati dagli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico nella produzione di contenuti. È pertanto opportuno prevedere che l’utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi di pubblicazioni di carattere giornalistico non rientri nell’ambito dei diritti previsti dalla presente direttiva. Tenuto conto della forte aggregazione e dell’utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione, è importante che l’esclusione degli estratti molto brevi sia interpretata in modo da non pregiudicare l’efficacia dei diritti previsti dalla presente direttiva».
[8] Nel servizio di Google Search, i link agli articoli giornalistici vengono visualizzati utilizzando tutti o parte dei titoli degli articoli corrispondenti. In Google News e Discover i collegamenti agli articoli mostrano il titolo dell’articolo (possibilmente accompagnato da un’immagine in miniatura, anche estratti di testo e video nel caso di Discover).
[9] Le indagini svolte dal Bundeskartellamt hanno fatto seguito ad una denuncia da parte di VG Media nei confronti Google in relazione al riconoscimento di un diritto connesso per gli editori di giornali on line a decorrere dal 1 ° agosto 2013. Tale diritto consente agli editori di vietare ai motori di ricerca di utilizzare gli articoli o altri contenuti, ad eccezione di singole parole o minuscoli testi (frammenti). Nell’estate del 2014, VG Media ha intrapreso un’azione civile contro Google. Di conseguenza, Google ha annunciato che, al fine di evitare contestazioni sullo sfruttamento illeciti di contenuti autorali, avrebbe mostrato i risultati di ricerca relativi ai siti web degli editori di stampa che erano rappresentati da VG Media nella solo in forma ridotta se gli editori non avessero accettato un uso gratuito dei loro contributi.
Il Bundeskartellamt ha ritenuto tale decisione legittima considerato che anche una società dominante non può essere costretta in base al diritto della concorrenza ad assumersi un considerevole rischio di contestazione laddove la situazione legale non fosse chiara. Il Bundeskartellamt ha quindi deciso di non avviare procedimenti formali contro Google per eventuali discriminazioni nei confronti di VG Media.
[10] Il mercato francese delle ricerche generaliste oscillerebbe a beneficio di Google in una quota pari al 90% del mercato delle ricerche on line. Le prove mostrano che, indipendentemente dall’indicatore utilizzato per valutare la sua quota di mercato, Google ha una grande maggioranza del mercato dei servizi di ricerca generali. In particolare, la sua quota di mercato è di circa il 90% alla fine del 2019 rispetto al 5% del suo principale concorrente Microsoft che utilizza il motore di ricerca Bing.