Stampa clandestina e testate telematiche: a proposito di Cass. pen., sez. V, 23 novembre 2023, n. 1519

Corte di Cassazione, sez. V penale, 23 novembre 2023, n. 1519

In tema di sequestro di quotidiano on line non registrato, una volta riconosciuti il fumus e il periculum del reato di stampa clandestina, il principio di proporzionalità, pur imponendo di verificare quale sia il metodo meno invasivo per realizzare gli obiettivi perseguiti dalla misura ablatoria, non consente, sulla base di considerazioni genericamente equitative, di disapplicare la cautela reale.

 

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Il problema della configurabilità del reato di stampa clandestina in relazione alla testata giornalistica telematica. – 3. L’evoluzione giurisprudenziale in materia di stampa c.d. “on line”. Lo stato dell’arte ante Sezioni Unite Fazzo. – 3.1. Le Sezioni Unite Fazzo. – 3.2. La progressiva equiparazione, anche in malam partem, fra stampa cartacea e digitale: ubi commoda, ibi et incommoda. – 4. Conclusioni.

 

1. Introduzione

La sentenza in commento si pone come un ulteriore tassello nel più ampio dibattito sulla possibilità di ricondurre i nuovi mezzi digitali di manifestazione del pensiero alla tradizionale nozione di “stampa”, di cui all’art. 1 l. 8 febbraio 1948, n. 47, senza incorrere in indebite forme di analogia in malam partem.

Come subito si dirà, la Cassazione in realtà non si occupa direttamente di tale questione, poiché appare concentrarsi su di un aspetto solo incidentalmente a essa connesso, ossia quello dell’operatività del principio di proporzionalità[1] in merito al sequestro di un quotidiano on line.

Tuttavia, a uno sguardo più attento, la pronuncia desta particolare interesse non tanto in relazione alla legittimità della cautela reale disposta, quanto piuttosto per un aspetto da essa non affrontato (o comunque ritenuto di secondaria importanza) e in realtà prodromico rispetto al sequestro. Il riferimento è alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti del reato di stampa clandestina – previsto all’art. 16 l. 47/1948 – e, con esso, l’implicito riconoscimento della sua configurabilità anche in relazione a un giornale telematico non registrato.

Più precisamente, la vicenda originava da un gravame presentato dal Procuratore della Repubblica avverso un’ordinanza di riesame del Tribunale di Pistoia, che aveva revocato un sequestro conservativo disposto dal G.I.P., avente a sua volta ad oggetto un quotidiano on line non registrato e le pagine Facebook e Twitter a esso collegate.

All’indagato venivano contestate diverse ipotesi delittuose, (fra le quali quella di stampa clandestina), per aver pubblicato con regolarità diversi articoli sul summenzionato quotidiano, del quale aveva assunto il ruolo di direttore, nonostante la cancellazione dall’albo dei giornalisti, nonché per aver intrapreso la pubblicazione della testata on line in assenza della registrazione prescritta dall’art. 5 l. 47/1948.

Il Tribunale del riesame, dopo aver ritenuto sussistenti sia il fumus che il periculum in relazione al reato di stampa clandestina, aveva tuttavia revocato il sequestro rilevandone il contrasto con il principio di proporzionalità, tenuto conto del fatto che: 1) la testata non produceva solo contenuti diffamatori, ma anche informazione vera e propria (ossia, in breve, svolgeva attività giornalistica); 2) l’indagato era stato cancellato dall’albo a seguito di dimissioni volontarie e non per ragioni deontologiche, risultando in possesso di tutti i requisiti richiesti per l’iscrizione; 3) la testata era stata invero registrata presso la cancelleria del Tribunale, ancorché senza indicazione del direttore responsabile; 4) l’indagato aveva in passato dimostrato interesse a conformarsi agli obblighi prescritti dalla legge sulla stampa; 5) l’identità del direttore, da un punto di vista fattuale, non poteva dirsi in alcun modo occulta, essendo stata pubblicizzata ovunque.

In relazione a tale ordinanza, il Procuratore della Repubblica proponeva tre motivi di ricorso, evidenziando, in primis, che il principio di proporzionalità deve operare con riferimento al quomodo e non all’an del sequestro, costituendo esso l’unica misura prevista dal legislatore nel quadro delle cautele reali e, in secundis, che la motivazione avanzata dal Tribunale risultava essere meramente apparente, avendo quest’ultimo valorizzato dati congetturali o, comunque, profili inconferenti rispetto alle finalità della misura. Infine, lamentava la violazione degli artt. 3, 5 e 16 l. 47/1948, per aver ritenuto che il relativo reato presupponesse la totale clandestinità dell’attività – derivante dalla mancata registrazione del quotidiano o dall’essere ignoti sia l’autore dell’articolo che il direttore responsabile – in contrasto con il sistema normativo.

In relazione a tali doglianze, il pronunciamento della Corte si presenta, invero, tanto conciso quanto puntuale. Premessa una disamina generale sul “test” di proporzionalità e sulla sua operatività in ordine a tutte le tipologie di sequestro previste dall’ordinamento, esso evidenzia che il principio in questione impone di verificare quale sia – e utilizzare il – mezzo meno invasivo messo a disposizione dalla legge per raggiungere lo scopo perseguito. Tuttavia, una volta che siano già stati verificati i presupposti per l’applicazione della misura (fumus e periculum), l’ordinamento non consente in alcun modo di disapplicarla in forza di condizioni genericamente equitative[2].

Muovendo dalla considerazione che in tema di bilanciamento fra il principio di responsabilità e quello di libera manifestazione del pensiero a mezzo stampa è la stessa Costituzione a prevedere la misura del sequestro[3], la pronuncia conclude annullando l’ordinanza impugnata, essendosi quest’ultima limitata a valorizzare elementi del tutto estranei rispetto al fine di impedire che l’esercizio della stampa possa non accompagnarsi a una obiettivamente verificabile assunzione di responsabilità. Elementi, tutti, irrilevanti rispetto a detta finalità.

Così esposto, il percorso argomentativo appare prima facie scevro da particolari problematiche.

Sennonché, nell’arco dell’intera vicenda concreta, tutti gli attori coinvolti sembrano presupporre che il reato di stampa clandestina sia applicabile de plano e senza particolari perplessità anche nei confronti di una testata telematica non registrata. La Cassazione liquida infatti la questione in poche battute, limitandosi a osservare che l’ordinanza impugnata si era diffusa sulla sussistenza del fumus e del periculum della fattispecie. Allo stesso tempo, anche la stessa difesa, nella propria richiesta di riesame, non ne aveva minimamente contestato la sussistenza[4].

Eppure, la possibilità di ritenere configurabile il reato di cui all’art. 16 l. 47/1948 anche in presenza di un giornale telematico risulta essere una questione meno pacifica di quanto non possa apparire, poiché impone di confrontarsi, nuovamente, con il mai sopito tema dell’interpretazione della nozione di “stampa” di cui all’art. 1 della medesima legge, in base al quale «sono considerate stampe o stampati […] tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione».

In definitiva, dal momento che nella vicenda in esame la misura del sequestro poggiava, a monte, sul riconoscimento del fumus del reato di stampa clandestina in relazione a un giornale telematico non registrato, è su questi aspetti che appare opportuno svolgere talune riflessioni.

 

2. Il problema della configurabilità del reato di stampa clandestina in relazione alla testata giornalistica telematica

Com’è noto, l’art. 1 l. 47/1948 viene tradizionalmente interpretato individuando due essenziali requisiti dello “stampato”: uno ontologico/strutturale/statico (laddove la norma richiama le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici) e uno teleologico/finalistico/dinamico (laddove richiede che lo stampato sia in qualsiasi modo destinato alla pubblicazione)[5].

Ciò posto, è di immediata comprensione la difficoltà di estendere tale nozione alle ipotesi di c.d. “stampa on line”: se, infatti, il requisito finalistico non solleva particolari problematiche con riferimento alla pubblicazione telematica, ben più ardua è la compatibilità fra quest’ultimo fenomeno e il requisito strutturale, «essendo evidente la sostanziale differenza degli strumenti di diffusione telematica da quelli meccanici e fisico-chimici»[6].

Nonostante ciò, in considerazione dell’enorme e capillare crescita della c.d. informazione on line e del fatto che la nozione posta dall’art. 1 l. 47/1948 risulta figlia di un tempo in cui non era nemmeno lontanamente ipotizzabile l’esistenza di forme di comunicazione digitale del pensiero[7], negli ultimi decenni si è imposto con forza il problema della applicabilità alle pubblicazioni telematiche dello statuto penalistico elaborato in relazione alla stampa cartacea.

Trattasi di questione tuttavia abbandonata interamente nelle mani di dottrina e giurisprudenza, dal momento che manca, a oggi, un intervento legislativo di revisione complessiva del sistema, in grado di farsi carico del delicato bilanciamento fra la possibile estensione del concetto di “stampa” e la necessità di rispettare le fondamentali garanzie costituzionali poste a tutela di quest’ultima e della libera manifestazione del pensiero[8].

Risulta allora opportuno ripercorrere i tratti essenziali dello Statuto disegnato dalla l. 47/1948 e del reato di stampa clandestina.

Nello specifico, la Legge sulla Stampa, nel tentativo di contemperare l’iniziativa privata con le esigenze di natura pubblicistica che permeano tale settore, ha ideato un “sistema misto”[9] nel quale alla gestione della testata giornalistica, che rimane retta essenzialmente da regole di diritto privato, si affianca un vero e proprio sistema di pubblicità costitutiva, imponente una serie di obblighi di registrazione: oltre alle informazioni richieste dagli artt. 3 e 4, gli artt. 5 e 6 prevedono un particolare obbligo di registrazione della testata presso la cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione deve essere effettuata la pubblicazione.

Per rinforzare la suddetta previsione, il legislatore ha introdotto anche una serie di sanzioni, fra le quali spicca proprio l’illecito di cui all’art. 16, che punisce colui che intraprende la pubblicazione senza effettuare la suddetta registrazione, ovvero colui che pubblica uno stampato non periodico dal quale non risulti tuttavia il nome dell’editore o dello stampatore.

La ratio è quella di consentire sia l’immediata identificabilità dell’autore dello scritto, sia di garantire che la testata si doti di una figura apicale professionale che sia capace di attivarsi per prevenire il compimento di reati all’interno della propria organizzazione.

Si può allora concludere, in definitiva, che la sussistenza o meno di un obbligo di registrazione per una testata telematica e la conseguente possibilità di muovere un rimprovero ex art. 16 l. 47/1948 dipende necessariamente dall’interpretazione che si fornisce alla nozione di “stampa” di cui all’art. 1 della medesima legge.

 

3. L’evoluzione giurisprudenziale in materia di stampa c.d. “on line”. Lo stato dell’arte ante Sezioni Unite Fazzo

Se quanto sopra affermato risulta corretto, perché tale questione non trova spazio nella pronuncia in commento, specie alla luce delle difficoltà di coniugare il requisito strutturale di cui all’art. 1 l. 47/1948 con il fenomeno delle pubblicazioni digitali?

La risposta passa necessariamente dall’analisi dell’evoluzione giurisprudenziale occorsa sul tema negli ultimi circa quindici anni. Sebbene, infatti, oggi il diritto vivente sia sempre più orientato all’equiparazione fra digitale e cartaceo, con conseguente possibilità di applicare al primo l’intera disciplina prevista per il secondo[10], detta assimilazione costituisce, a ben vedere, un approdo ancora piuttosto recente e, soprattutto, “in divenire”.

La tendenza a estendere la nozione di “stampa” è stata infatti inaugurata solo a partire dal 2015, attraverso la ben nota Sentenza Fazzo, che rappresenta il vero e proprio spartiacque in materia. Tuttavia, i tempi e i modi di tale equiparazione risultano ancora oggi avere confini piuttosto incerti, non essendovi stata ancora una pronuncia che abbia indagato a fondo tutte le conseguenze derivanti dalla riconduzione totale del fenomeno digitale nell’alveo dell’art. 1 l. 47/1948. Al contrario, al momento in cui si scrive, si rileva l’esistenza solo di un limitato gruppo di sentenze, le quali, di volta in volta, hanno affrontato singole questioni in tema di estensibilità o meno delle guarentigie e delle sanzioni in materia di stampa cartacea anche a quella on line.

Più precisamente, se prima del 2015 dottrina e giurisprudenza si assestavano concordemente sulla tesi dell’impossibilità di estendere – quantomeno in ambito penale – la nozione di “stampa” anche al fenomeno telematico, pena un’indebita forma di analogia in malam partem, a partire dalla sentenza Fazzo, i percorsi interpretativi si sono progressivamente allontanati: mentre la dottrina largamente maggioritaria – se non addirittura unanime – continua a essere ferma nel ritenere impraticabile, quantomeno in malam partem, una siffatta operazione, la giurisprudenza sta sempre più orientandosi nella direzione opposta, predicando l’estensione al digitale dell’intero statuto della stampa, comprensivo delle norme penali c.d. di sfavore[11].

Risulta allora opportuno ripercorrere l’evoluzione dottrinale e, soprattutto, giurisprudenziale degli ultimi anni.

Come poc’anzi evidenziato, prima del 2015 anche la giurisprudenza riconosceva un’assoluta eterogeneità fra i due fenomeni[12]. In un simile contesto, per esempio, si escludeva la possibilità di applicare l’art. 57 c.p. al direttore di periodico on line[13], ovvero ancora si riteneva non configurabile nemmeno lo stesso reato di stampa clandestina[14]. Allo stesso tempo, ad analogo risultato si perveniva anche in relazione alle norme di favore, ritenendo non applicabili, a titolo d’esempio, le guarentigie previste dall’art. 21, c. 3, Cost. a diversi fenomeni digitali di manifestazione del pensiero, quali blog, mailing list, chat, neswletter, etc.[15].

Le ragioni riposavano essenzialmente su tre argomenti: in primis, l’impossibilità di forzare il dato letterale dell’art. 1 l. 47/1948, pena un’indebita estensione analogica, vietata (quantomeno ove in malam partem) in materia penale; in secundis, si sottolineava che i contenuti pubblicati sul web, a causa della loro diffusività e del loro carattere altamente interattivo, risultavano di fatto impossibili da controllare, con conseguente inesigibilità di un rimprovero in capo al direttore del periodico on line; infine, si richiamava la disciplina del d.lgs. 70/2003 che, pur ponendo diversi oneri di collaborazione in capo al provider, non prescriveva in capo a quest’ultimo alcun obbligo di controllo e/o vigilanza[16].

Va detto, peraltro, che la questione dell’estensibilità di almeno parte dello Statuto della l. 47/1948 anche ai periodici on line era comunque emersa già prima dell’intervento delle Sezioni Unite. Fin dagli anni 2000, infatti, a seguito dell’entrata in vigore della l. 62/2001, si era posta la questione dell’applicabilità anche ai periodici telematici del già citato obbligo di registrazione presso la cancelleria del Tribunale. Nello specifico, tale norma, all’art. 1, c. 1, aveva introdotto l’oramai ben nota nozione di “prodotto editoriale”, secondo la quale rientra in tale concetto qualsiasi «prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico».

Il medesimo articolo, al terzo comma, precisava poi che al prodotto editoriale dovessero applicarsi le disposizioni dell’art. 2 l. 47/1948, specificando altresì che, laddove quest’ultimo fosse stato e contraddistinto da una testata e destinato alla diffusione al pubblico con periodicità regolare, esso doveva essere considerato sottoposto agli obblighi previsti dall’art. 5 della medesima l. 47/1948 (ossia, in breve, all’obbligo di registrazione).

L’intervento legislativo, dunque[17], sancendo l’estensione di alcune norme dettate dalla legge sula stampa anche ad alcuni fenomeni telematici, aveva portato gli operatori a domandarsi se la possibilità per il titolare di un sito Internet di iscrivere la propria rivista nel registro della stampa dovesse essere interpretata alla stregua di una mera facoltà, ovvero se la registrazione dovesse essere qualificata come un vero e proprio obbligo imposto ex lege[18].

Sul punto, mentre la dottrina maggioritaria aveva osservato come la nozione di “prodotto editoriale” fosse in realtà figlia di una normativa speciale, limitata agli interventi di sostegno nel solo settore dell’editoria, senza che dalla stessa potessero trarsi indicazioni di carattere generale, valevoli per l’intero ordinamento, non mancava chi aveva interpretato l’art. 1 l. 62/2001 come un vero e proprio fondamento normativo per l’individuazione di un generale obbligo di registrazione, valevole per qualsiasi prodotto telematico periodico[19]. Proprio tale ultima impostazione richiamava poi anche l’art. 16 l. 47/1948, ritenendo applicabile il reato di stampa clandestina anche in relazione al periodico telematico.

Il dibattito risultò invero per lo più relegato all’ambito dottrinale, dal momento che l’impatto applicativo della l. 62/2001 ebbe scarsa rilevanza pratica nelle aule di giustizia[20]. La questione rimase infatti per lo più uno sporadico appannaggio della giurisprudenza di merito, dove già all’indomani dell’entrata in vigore della l. 62/2001 si escluse che l’applicabilità degli artt. 2 e 5 della legge stampa anche alle pubblicazioni telematiche comportasse un’estensione ipso facto ai prodotti editoriali anche delle disposizioni penali, ostandovi, nuovamente, il principio di divieto di analogia in malam partem. In breve, pur in presenza dell’obbligo amministrativo di registrazione di cui alla l. 62/2001, il principio di legalità in materia penale impediva di ritenere che la violazione di tale adempimento fosse assistita dal precetto penale, poiché non espressamente richiamato dall’art. 1 l. 62/2001, con la conseguenza che le fattispecie penali dovevano ritenersi applicabili unicamente agli stampati e non a tutti i prodotti editoriali digitali[21].

In definitiva, la registrazione del prodotto editoriale introdotta dalla l. 62/2001, anche ove ritenuta vincolante, si traduceva a tutti gli effetti in un vero e proprio obbligo senza sanzione[22].

Una simile lettura restrittiva della portata sistematica della l. 62/2001, atta a escluderne una valenza di sistema, trovò poi ulteriore conferma anche in un successivo intervento legislativo. Non solo infatti il legislatore aveva già ab origine circoscritto la portata applicativa della nozione di “prodotto editoriale” «ai fini della presente legge» (art. 1, c. 1, l. 62/2001), ma era addirittura intervenuto, a soli due anni dall’entrata in vigore di quest’ultima, specificando tramite l’art. 7, c. 3, d.lgs. 70/2003 – da considerarsi quasi alla stregua di una norma di interpretazione autentica[23] – che l’obbligo di registrazione costituiva una mera facoltà, necessaria all’esclusivo fine di fruire dei benefici previsti per l’editoria tradizionale[24].

 

3.1. Le Sezioni Unite Fazzo

In definitiva, pur in presenza di taluni intenti “estensivi” dello statuto in materia di stampa anche ai periodici telematici, avvallati da interventi legislativi non sempre chiarissimi, dottrina e giurisprudenza rimanevano sostanzialmente allineate nell’escludere tale possibilità, per aperto contrasto col principio di legalità in materia penale.

In un simile contesto, le Sezioni Unite del 2015 preannunciarono una vera e propria rivoluzione copernicana in materia. La Corte, investita espressamente della questione dell’ammissibilità o meno del sequestro preventivo di un sito web[25], aveva enunciato, infatti, i seguenti principi di diritto:

«La testata giornalistica telematica, in quanto assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto ampio di “stampa” e soggiace alla normativa, di rango costituzione e di livello ordinario, che disciplina l’attività d’informazione professionale diretta al pubblico;

Il giornale on line, al pari di quello cartaceo, non può essere oggetto di sequestro preventivo, eccettuati i casi tassativamente previsti dalla legge, tra i quali non è compreso il reato di diffamazione a mezzo stampa»[26].

Per giungere a tale risultato, la Corte aveva ritenuto possibile effettuare un’interpretazione evolutiva e costituzionalmente orientata (e, pertanto, estensiva) della nozione di cui all’art. 1 l. 47/1948, tale da abbracciare anche i nuovi mezzi telematici di manifestazione del pensiero. Il tutto, nel pieno rispetto – quantomeno stando alle parole della Corte stessa[27] – del principio di legalità. In buona sostanza, l’equiparazione operata dalle Sezioni Unite veniva a fondarsi su una “manipolazione esegetica” del già citato criterio ontologico, andando a valorizzare, per la sua integrazione, la professionalità dell’informazione. Professionalità, che rimarrebbe tale indipendentemente dal mezzo, cartaceo o telematico, utilizzato per la sua diffusione[28].

L’esigenza che ha portato a tale approdo nasce essenzialmente dalla considerazione che, ragionando al contrario, si giungerebbe a trattare diversamente due fenomeni funzionalmente identici, escludendo la possibilità che la stampa digitale (in quanto non assimilabile alla nozione di cui all’art. 1 l. 47/1948) possa beneficiare della garanzia della non sequestrabilità prevista invece per lo stampato. Pertanto, tale interpretazione estensiva nasceva dalla necessità di evitare qualsiasi violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.

La Corte proponeva, in estrema sintesi, di accedere a un concetto figurato di stampa[29], capace di superare le rigidità della nozione del ‘48, per abbracciarne una più moderna[30], corrispondente all’informazione giornalistica professionale.

Proprio per la necessità di calibrare l’interpretazione estensiva sul concetto di “informazione professionale”, le Sezioni Unite si sono infine premurate di chiarire come «l’esito di tale operazione ermeneutica non può riguardare tutti in blocco i nuovi mezzi, informatici e telematici, di manifestazione del pensiero (forum, blog, newsletter, newsgroup, mailing list, pagine Facebook) […] ma deve rimanere circoscritto a quei soli casi che, per i profili strutturale e finalistico che li connotano, sono riconducibili […] nel concetto di “stampa” inteso in senso più ampio»[31]. In breve: la nuova definizione deve intendersi limitata ai soli giornali telematici.

Tuttavia, tale soluzione esegetica è stata sottoposta a penetranti critiche dalla dottrina, che, semplificando all’estremo, ha individuato due fondamentali problematiche.

In primo luogo, diverse perplessità furono sollevate con riferimento alla tenuta del percorso argomentativo adottato dalle Sezioni Unite e, nello specifico, alle coordinate normative poste a fondamento della pretesa equiparazione fra informazione cartacea e on line.

Il riferimento è al fatto che la pronuncia Fazzo mosse i propri passi focalizzando l’attenzione proprio sull’obbligo di registrazione e, in particolare, sulla già citata disciplina in tema di prodotto editoriale. In particolare, l’equiparazione fra editoria on line e cartacea effettuata in tale normativa veniva indicata quale elemento a suffragio dell’interpretazione evolutiva dalla stessa propugnata, così tuttavia fondando il proprio ragionamento su una disciplina non solo settoriale, poiché limitata agli interventi di sostegno nel solo settore editoriale, bensì anche istitutiva, come già visto, di un obbligo, se non facoltativo, al più privo di effettiva sanzione.

In secondo luogo, la critica più significativa e nota era (e tutt’ora è) quella secondo la quale il percorso argomentativo della Corte si traduceva in una sorta di frode di etichette: la stessa, infatti, finiva per qualificare come estensiva un’operazione che presentava tutti i caratteri dell’analogia, essendo impossibile “costringere” il fenomeno digitale entro il requisito strutturale della riproduzione tipografica o del mezzo meccanico o fisico-chimico. Moltissimi autori, muovendo da quest’ultimo assunto, evidenziavano la totale dequotazione di tale requisito, sottolineando come il dato letterale della norma risultasse a tal punto forzato da comportare un netto superamento del significato della stessa[32].

Tuttavia, la qualificazione come estensiva della suddetta interpretazione non appariva all’epoca immediatamente problematica: essendo infatti le Sezioni Unite limitate al thema decidendum della sequestrabilità o meno della testata giornalistica telematica, la relativa pronuncia si traduceva essenzialmente in un’operazione in bonam partem, che estendeva le garanzie di cui all’art. 21 Cost. anche al fenomeno digitale[33]. Pertanto, pur nella denunciata frode di etichette, la pronuncia non sembrava comportare una lesione del principio di legalità e dei suoi corollari.

Sin da subito, però, si evidenziò criticamente come la presa di posizione della sentenza Fazzo circa la natura estensiva dell’interpretazione proposta, forniva in ogni caso l’occasione per una futura applicazione dell’intera disciplina prevista per la stampa, senza distinzioni fra applicazioni in bonam o in malam partem[34].

 

3.2. La progressiva equiparazione, anche in malam partem, fra stampa cartacea e digitale: ubi commoda, ibi et incommoda?

Tale ultimo timore si rivelò presto fondato, in quanto dal 2015 a oggi sono intervenute diverse pronunce che, muovendo proprio dal principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite, hanno progressivamente esteso talune norme di sfavore anche al fenomeno telematico: così, a titolo d’esempio, nel 2017 la Quinta Sezione sanciva la possibilità di chiamare il direttore di una testata giornalistica on line a rispondere del reato previsto dall’art. 57 c.p., quasi che un simile risultato fosse la piana conseguenza di quanto statuito nel 2015[35].

Inoltre, essendosi esclusa la natura analogica dell’operazione e al contempo avendo fondato l’equiparazione sulla natura professionale dell’informazione, si è continuato sottrarre taluni siti on line di informazione allo statuto in materia di stampa, tanto con riferimento alle norme di favore, quanto a quelle sfavorevoli[36].

Ed è proprio alla luce di tale progressiva estensione che si spiega l’apparente noncuranza con la quale, nella vicenda che ha dato origine alla sentenza in commento, si è ritenuto di poter configurare il reato di stampa clandestina anche in relazione a una testata telematica: se infatti si accede alla tesi della interpretazione estensiva e al contempo si ritiene di poter fare applicazione delle norme penali sfavorevoli, la logica conseguenza, si dirà, non potrà che essere quella di ritenere configurabile tale fattispecie anche nei confronti di un periodico digitale non registrato.

Tuttavia, anche a non voler considerare le già menzionate critiche mosse alle Sezioni Unite del 2015, e pure se, al contrario, si ritenesse che l’interpretazione da esse avvallata non contrasti col principio di legalità, a parere di chi scrive non apparirebbe comunque così scontata la configurabilità di tale reato in relazione a un giornale telematico non registrato.

Per poter meglio chiarire la portata di tale ultimo assunto, sia consentita una breve digressione.

Com’è noto, la logica posta a sostegno della sentenza Fazzo sembra ruotare tutta attorno alla questione della registrazione del periodico telematico, registrazione che, al contempo, risulta essere anche elemento costitutivo, sebbene in negativo, del reato di stampa clandestina. Eppure, detto obbligo appare essere, al contempo, sia un aspetto essenziale, sia un elemento troppo trascurato all’interno del percorso argomentativo individuato dalla Corte.

Essenziale, poiché il ragionamento proposto si fonda proprio sull’analisi del requisito della registrazione, non solo evocando la già citata normativa in tema di prodotto editoriale, ma anche evidenziando come il legislatore abbia in più occasioni sottoposto talune nuove forme di comunicazione ad analoghi obblighi[37].

Trascurato, poiché la configurazione di detto obbligo non viene invero debitamente sviscerata dalla pronuncia del 2015.

Innanzitutto, il quesito posto alle Sezioni Unite – che dovrebbe perimetrarne il thema decidendum – era chiaramente limitato all’ammissibilità o meno del sequestro «della pagina web di una testata giornalistica debitamente registrata», così sembrando implicitamente porre la registrazione quasi come una sorta di precondizione per l’operatività del sequestro. Ciò nonostante, la Corte, nel formulare il principio di diritto – e dopo aver speso diverse argomentazioni proprio in tema di registrazione del periodico on line – appare completamente glissare su tale aspetto, limitandosi a evidenziare che «il giornale on line, al pari di quello cartaceo, non può essere oggetto di sequestro preventivo, eccettuati i casi tassativamente previsti dalla legge».

Tale apparente incongruenza fra “chiesto e pronunciato” non trova poi maggior chiarimento nel corpo motivo della sentenza, che invero appare affrontare il tema secondo logiche non sempre coerenti: se da un lato, infatti, le Sezioni Unite Fazzo evidenziarono che è dall’obbligo di registrazione che discende l’estensione delle norme penali, civili e amministrative[38], dall’altro, tale conclusione veniva fatta direttamente discendere dalla normativa in tema di prodotto editoriale, che tuttavia prevedeva espressamente l’applicabilità, in relazione ai periodici telematici, dei soli artt. 2 e 5 l. 47/1948, e non anche delle relative fattispecie penali.

In altri e più brevi termini, l’obbligo di registrazione, fulcro del ragionamento della Corte[39] e presupposto logico per una piena equiparazione fra stampato e digitale sui piani penale, civile e amministrativo, veniva esaltato muovendo i passi da una normativa che imponeva un simile adempimento tacendo tuttavia sulla sanzione da applicare a fronte del suo mancato assolvimento, e così configurandolo, in definitiva, come un mero onere non sanzionato.

Ancora, pur concludendo per una piena equiparazione fra stampa digitale e cartacea, in alcuni passaggi la Corte ricollega il proprio ragionamento non riferendosi genericamente al periodico telematico, bensì evocando precisamente la sola testata telematica regolarmente registrata, quasi che la preliminare registrazione costituisse un ulteriore elemento a favore dell’equiparazione col cartaceo[40].

In definitiva, le Sezioni Unite spaziano continuamente fra riflessioni apparentemente limitate ai soli giornali telematici registrati[41], per poi tuttavia concludere ponendo un principio che prescinde dall’avvenuta registrazione.

Ma v’è di più: tale profilo di incertezza risulta poi acuito dal fatto che non ogni forma di manifestazione digitale del pensiero risulta essere riconducibile, secondo detta pronuncia, alla nozione di “stampa”, bensì solo le ipotesi di “informazione professionale”, con ciò presupponendo, in definitiva, la necessità di individuare gli elementi sulla base dei quali ritenere che un determinato sito web sia o non sia riconducibile alla nozione di cui all’art. 1 l. 47/1948[42].

In un simile contesto, i dubbi su quali siano esattamente i rapporti fra l’estensione dell’obbligo di registrazione e la nozione di “stampa” non risultano essere stati adeguatamente chiariti nemmeno successivamente. Deve infatti rilevarsi che, sebbene il diritto vivente si stia sempre più muovendo verso una applicazione dell’intero statuto della stampa anche al fenomeno digitale, non risulta essere tutt’ora chiaro se alle testate on line possa – o debba – applicarsi l’intera normativa dettata dalla legge sulla stampa[43]. Dal formante giurisprudenziale non emerge del resto un approccio organico alla materia, potendosi reperire soltanto qualche occasionale pronuncia che si limita a risolvere singole questioni che, di tanto in tanto, sorgono con riferimento a periodici telematici o a siti di informazione.

A ben vedere, l’unico filo rosso che, al momento in cui si scrive, pare accomunare le pronunce successive alle Sezioni Unite Fazzo sembra essere individuabile nel fatto che la logica sottostante a tali interventi risulta essere riconducibile al ben noto brocardo “cuius commoda eius et incommoda”, secondo il quale il soggetto che trae un vantaggio da una situazione, deve sopportarne anche i relativi svantaggi. Detto in altri termini, se alla testata telematica sono applicabili le tutele costituzionali, allora dovranno necessariamente applicarsi anche le norme incriminatrici[44].

Così ha ragionato, a tutti gli effetti, la giurisprudenza che ha esteso l’art. 57 c.p. al direttore di testata telematica[45], nonché quella che ha escluso l’applicabilità della garanzia di cui all’art. 21, c. 3, Cost. al giornale telematico non registrato[46].

In particolare, proprio in quest’ultima pronuncia (si badi bene, non l’obbligo, ma) la registrazione, appare essere adempimento del tutto dirimente per beneficiare delle garanzie previste in tema di sequestro degli stampati. Diversamente opinando, infatti, «la sottrazione al regime di assoggettabilità a sequestro, ex art. 21, c. 3, Cost., apparirebbe come una sorta di privilegio ingiustificato»[47].

Ecco allora che la giurisprudenza, anziché gettare luce sulla questione, pone un ulteriore elemento di complessità: come deve essere letto l’obbligo di registrazione in relazione al periodico on line? Si tratta di un onere che si estende a quest’ultimo in forza della più volte citata equiparazione fra stampa digitale e cartacea? Oppure esso deve essere letto come una sorta di precondizione per l’estensibilità di altre norme penali, favorevoli e non, secondo il principio “cuius commoda eius et incommoda”?

Logica vorrebbe, aderendo al percorso delle Sezioni Unite del 2015, che esso si identifichi nella prima fra le due alternative poste. Eppure, in talune e successive pronunce sembra sottintendersi che siccome il periodico on line è stato (o non è stato) preventivamente registrato, allora si applicano (o non si applicano) le relative garanzie e sanzioni.

Del resto, a fronte dell’incessante e rapida evoluzione che caratterizza il mondo digitale e, con essa, il proliferare di sempre nuove e inedite forme di manifestazione del pensiero, sembra che, quantomeno implicitamente – se non, persino, inconsciamente – la registrazione appaia come un vero e proprio “rifugio” sicuro per l’interprete: se il sito web di informazione si è registrato, allo stesso si applicherà l’intero statuto previsto per gli stampati; se non si è registrato, no[48].

 

4. Conclusioni

Ecco, in definitiva, perché desta perplessità l’assenza totale di considerazioni, nella pronuncia in commento, circa la possibilità di ritenere configurabile il reato di stampa clandestina a fronte di un giornale telematico non registrato.

Sebbene tale conclusione appaia una possibile e naturale conseguenza di quanto statuito nel 2015, essa tuttavia non risulta del tutto in linea con il ragionamento posto dalle pronunce successive.

Come interpretare dunque l’obbligo di registrazione nella giurisprudenza successiva alla sentenza Fazzo? È dall’equiparazione del fenomeno digitale a quello cartaceo che sorge un generale obbligo di registrazione anche per le testate on line (con conseguente configurabilità in capo a queste, anche del reato di stampa clandestina), oppure è dalla registrazione stessa che discende l’identificabilità del periodico telematico con quello cartaceo e, pertanto, sulla base del principio “cuius commoda, ius et incommoda”, una piena equiparazione fra i due fenomeni (con conseguente impossibilità però di configurare, a priori, la fattispecie di cui all’art. 16 l. 47/1948, in quanto l’applicazione di tale complesso normativo segue – e non precede – la registrazione)?

Chiaro è che tale seconda interpretazione non sembra in linea con quanto sostenuto dalle Sezioni Unite Fazzo, avendo le stesse evidenziato che è dall’obbligo di registrazione – e non dalla registrazione stessa – che discende l’estensione delle norme penali civili e amministrative.

E tuttavia, se ciò è corretto, risulterebbe comunque necessario abbandonare la logica commoda/incommoda che sembra informare la materia e, al contempo, identificare con precisione gli elementi strutturali della c.d. informazione professionale[49].

Il tutto, beninteso, considerando che la tensione con il principio di legalità rimane, a monte, fonte di una rottura insanabile fra dottrina e giurisprudenza.

Alla luce di tutto ciò, permane in ogni caso un fondamentale problema: pur condividendosi le summenzionate critiche circa la violazione del divieto di analogia in materia penale, risulta ormai chiaro come l’evoluzione digitale abbia portato al proliferare di vuoti normativi che, per un motivo o per l’altro, continuano a non essere adeguatamente affrontati dal Parlamento, unico organo che ha il potere – e dovere – di trovare il punto di equilibrio in un settore che comporta la difficoltà di bilanciare adeguatamente responsabilità e diritti costituzionalmente garantiti.

A distanza di quasi un decennio dalla sentenza Fazzo, e alla luce delle evidenti (e, si consenta di sostenere, comprensibili) difficoltà che permeano la giurisprudenza successiva, chiamata a confrontarsi col tema, è ancora sostenibile per il legislatore rimanere inerte, traslando l’onere di trovare una soluzione generale e astratta a chi le norme dovrebbe invece solo applicarle in relazione al singolo caso concreto?

 

[1] Senza pretesa di completezza, per approfondimenti sul principio di proporzionalità nelle misure cautelari reali cfr., ex multis, G. Centamore, La valutazione di configurabilità del reato nel sequestro preventivo: altre declinazioni del principio di proporzionalità, in Giurisprudenza Penale Web, 11, 2020; E. Guido, Il sequestro preventivo penale tra principi costituzionali e vincoli sovranazionali, Napoli, 2020; L. Milani, Proporzionalità, adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo, in Cassazione Penale, 2012, 4168 ss. Con riferimento al principio in parola, M. A. Sandulli, Proporzionalità, in Dizionario di diritto pubblico, V, Milano, 2006, 4643 ss. Sul ruolo di tale principio con riferimento all’intero sistema processuale penale, M. Caianiello, Il principio di proporizonalità nel procedimento penale, in Diritto Penale Contemporaneo, 3-4, 2014, 143 ss. Per una disamina dei profili di rapporto fra la misura del sequestro preventivo e l’oscuramento di siti e pagine web, v. L. Paoloni, Le Sezioni Unite si pronunciano per l’applicabilità alle testate telematiche delle garanzie costituzionali sul sequestro della stampa: ubi commoda, ibi et incommoda?, in Cassazione Penale, 2015, 3454.

[2] Questo perché «mentre la ponderazione tra obiettivi e modalità di perseguimento degli stessi si realizza fra termini chiaramente individuabili, talché l’operazione valutativa può essere affidata ad argomentazioni razionalmente verificabili alla luce delle scelte del legislatore, una volta che si abbandoni, come fa il provvedimento impugnato, la considerazione dei primi, il giudizio finisce per diventare arbitrario». Così il paragrafo 1.2 delle considerazioni in diritto.

[3] Con la precisazione che il provvedimento in questione, sempre al paragrafo 1.2, richiama, per mero errore materiale, l’art. 27, c. 3. Cost., anziché l’art. 21, c. 3, Cost., a norma del quale «si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili».

[4] Giova in ogni caso premettere e precisare che, com’è noto, il ricorso per Cassazione di cui all’art. 311 c.p.p. costituisce una forma di impugnazione non interamente devolutiva, essendo la cognizione della Suprema Corte limita alle sole censure e doglianze prospettate dalle parti (così, incidentalmente, già Cass. pen., sez. un., 31 maggio 2000, n. 14, nonché Cass. pen., sez. VI, 4 marzo 1996, n. 985). Pertanto, non s’intende qui criticare la pronuncia per non aver espressamene affrontato un tema non oggetto di gravame. Allo stesso tempo, la questione avrebbe potuto comunque essere attenzionata, quantomeno sotto forma di obiter dictum.

[5] Evocano e definiscono i due requisiti, ex multis, L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p. del direttore di testate telematiche: tra estensione interpretativa ed analogia in malam partem, in questa Rivista, 2, 2019, 285; L. Boggiano, Nuovi spunti sulla stampa telematica alla luce della l. 7 marzo 2001, n. 62, in Giurisprudenza italiana, 1, 2002, 88; V. Durante, Sequestro di siti internet per lesione della reputazione: i discutibili approdi giurisprudenziali, in Nuova Giurisprudenza Civile, 12, 2018, 1879; M. Fumo, La diffamazione mediatica, Assago, 2012, 51; I. Pisa, La responsabilità del direttore di periodico on line tra vincoli normativi e discutibili novità giurisprudenziali, in Diritto penale e processo, 3, 2019, 408; V. Scopinaro, Diffamazione via internet: applicabilità della circostanza aggravante relativa all’uso del mezzo di pubblicità, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2001, 1410.

[6] Così, cristallinamente, L. Boggiano, ibid., che evidenzia come la finalità divulgativa dei periodici on line consente di ritenere soddisfatto il requisito teleologico. Per un’approfondita e netta censura alla possibilità di estendere la tradizionale nozione di “stampa” al fenomeno telematico, si veda, su tutti, V. Zeno-Zencovich, La pretesa estensione alla telematica del regime della stampa: note critiche, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1998, 15 e ss.

[7] Evidenzia la presenza di uno «scontro tra regole antiche e nuovi media» pur sottolineando tuttavia come «l’obsolescenza delle norme non implic[hi], tuttavia, necessariamente, l’esigenza di una loro riformulazione o estensione ope legis a fattispecie di nuova emersione» M. Bassini, La disciplina penale della stampa alla prova di internet: avanzamenti e arresti nella dialettica giurisprudenziale da una prospettiva costituzionale, in R. Flor-D. Falcinelli-S. Marcolini (a cura di), La giustizia penale nella “rete”. Le nuove sfide della società dell’informazione nell’epoca di Internet, Milano, 10.

[8] Negli ultimi 30 anni si è assistito infatti o a interventi del tutto settoriali e non risolutivi (il riferimento è, in particolare, alla l. 62/2001 che ha introdotto la nozione di “prodotto editoriale”), ovvero a proposte di legge che si sono tuttavia arenate senza ancora vedere la luce. Si pensi al ddl 812 A.S., che all’art. 1, c. 1, lett.a), prevedeva «1. Alla legge 8 febbraio1948, n. 47, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 1 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Le disposizioni della presente legge si applicano altresì alle testate giornalistiche online registrate ai sensi dell’articolo 5, limitatamente ai contenuti prodotti, pubblicati, trasmessi o messi in rete dalle stesse redazioni, nonché alle testate giornalistiche radiotelevisive». Per un commento, v. G.E. Vigevani-C. Melzi d’Eril, La riforma della diffamazione da Strasburgo al Senato, passando per Palazzo della Consulta, in questa Rivista, 3, 2020, 151 ss..

[9] Così M. Grotto, La responsabilità penale del direttore dimissionario, in questa Rivista, 2, 2021, 240.

[10] Cfr., nuovamente, M. Grotto, ivi, 239.

[11] Cfr. M. Bassini, La disciplina penale della stampa, cit., 9 ss., che tratteggia il fenomeno, efficacemente, come una vera e propria “polarizzazione”.

[12] Cfr. A. Ranghino, La Corte ribadisce che la tutela nei confronti del sequestro di cui all’art. 21, c. 3, Cost. si applica solo ai giornali telematici registrati, in questa Rivista, 3, 2021, 254. Per una panoramica della giurisprudenza antecedente alla Sezioni Unite Fazzo, si v. in particolare M. Bassini, La disciplina penale della stampa, cit., 16.

[13] Cfr. Cass. pen., sez. V, 1 ottobre 2010, n. 35511, vero e proprio leading case in materia, commentata, ex multis, da C. Melzi d’Eril, Roma locuta: la Cassazione esclude l’applicabilità dell’art. 57 c.p. al direttore della testata giornalistica on line, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2010, 895 ss.; I. Pisa, Profili di responsabilità penale del direttore di periodici telematici, in Diritto penale e processo, 2011, 455 ss.; D. Petrini, Il direttore della testata telematica, tra horror vacui e prospettive di riforma; sperando che nulla cambi, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2012, 1611; I. Salvadori, La normativa penale della stampa non è applicabile, de jure condito, ai giornali telematici, in Cassazione Penale, 2011, 2982 ss. Si veda inoltre Cass. pen., sez. V, 28 ottobre 2011, n. 44126, in Cass. Pen., 2012, 3768 s., commentata, fra gli altri, da G.E. Vigevani, La «sentenza figlia» sul direttore del giornale telematico: il caso Hamauii, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2011, 795 ss.; G. Corrias Lucente, Al direttore responsabile di un periodico on line non si applica il reato previsto dall’art. 57 del codice penale, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2012, 82 ss.

[14] Cfr. Cass. pen., sez. III, 10 maggio 2012, n. 23230, con note di F. Picciché, Giornali on line e reato di stampa clandestina, in penalecontemporaneo.it, 8 ottobre 2012; P. Di Fabio, Blog, giornali on line e «obblighi facoltativi» di registrazione delle testate telematiche: tra confusione del legislatore e pericoli per la libera espressione del pensiero su Internet, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2012, 1118 ss.

[15] Cfr. Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2013, n. 10594, in Guida al diritto, 2014, 71, con commento di C. Melzi d’Eril, La Cassazione esclude l’estensione ai siti Internet delle garanzie costituzionali previste per il sequestro di stampati, in penalecontemporaneo.it, 25 marzo 2014; nonché Cass. pen., sez. V, 30 ottobre 2013, n. 11895, in medialaws.eu, con nota di F. Mazara Grimani, Il sequestro preventivo di un blog: nuovi orientamenti alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 11895/2014.

[16] Per ulteriori approfondimenti, si veda L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p., cit., 287; D. Petrini, Diffamazione on line: offesa recata “con altro mezzo di pubblicità” o col mezzo della Stampa?, in Diritto penale e processo, 2017, 1485 ss.; S. Vimercati, Il revirement della Cassazione: la responsabilità per omesso controllo si applica al direttore della testata telematica, in questa Rivista, 3, 2018, 324 ss.

[17] Per approfondimenti sulla l.62/2001 v. M. Cuniberti, Nuove tecnologie e libertà della comunicazione. Profili costituzionali e pubblicistici, Milano, 2008, 220 ss.; V. Zeno-Zencovich, I «prodotti editoriali» elettronici nella l. 7 marzo 2001 n. 62 e il preteso obbligo di registrazione, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2001, 153 ss.

[18] Sul punto, si veda in particolare I.P. Cimino, Obbligo di registrare la pubblicazione on line quale testata giornalistica, in Diritto Industriale, 3, 2009, 267 ss.; G. Scorza, I veri rischi della l. n. 62/2001, in interlex.it, 2001.

[19] In quest’ultimo senso S. Peron, L’informazione on-line, in Responsabilità civile e previdenza, 2001, 486; F. Turini, Anche l’informazione on line è tenuta a rispettare le regole, in @lfa supp. a Il Sole-24Ore, 12 dicembre 2001, 14. In giurisprudenza, si espresse per l’obbligatorietà, pur sollevando dubbi sulla legittimità costituzionale di tale norma, Trib. Salerno, 16 marzo 2001, in AIDA, 2002, 635.

[20] Cfr. nuovamente I.P. Cimino, Obbligo di registrare, cit., 269 e ss.

[21] Cfr. Trib. Aosta, 15 febbraio 2002, in Giurisprudenza di merito, 2002, n. 765. Analogamente, I.P. Cimino, ibid.

[22] In dottrina, per la tesi dell’obbligatorietà della registrazione del periodico on line, tra gli altri, L. Boggiano, Nuovi spunti sulla stampa telematica, cit., 85.

[23] Evocano il concetto di interpretazione autentica anche G.E. Vigevani-C. Melzi d’Eril, La riforma della diffamazione, cit., 148, nt. 30.

[24] In termini analoghi, cfr. L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p., cit., 285; V. Durante, Sequestro di siti internet, cit., 1882; S. Vimercati, Il revirement della Cassazione, cit.

[25] Cfr. Cass. pen., sez. I, ord. 3 ottobre 2014, n. 45053, in penalecontemporaneo.it, 21 gennaio 20215, con nota di M. Mariotti, Rimessa alle Sezioni Unite la questione sull’ammissibilità del sequestro preventivo, mediante oscuramento, di un sito web di una testata giornalistica.

[26] Cfr. Cass. pen., sez. un., 29 gennaio 2015, n. 31022, la cui importanza, al netto delle critiche che l’hanno accompagnata, è testimoniata dagli innumerevoli commenti mossi in dottrina fra i quali, ex plurimis, P. Caretti, La Cassazione pone, meritoriamente, alcuni punti fermi in tema di regolazione dell’informazione via internet, in Quaderni costituzionali, 2015, 1013 ss.; G. Corrias Lucente, Le testate telematiche registrate sono sottratte al sequestro preventivo. Qualche dubbio sulla “giurisprudenza legislativa”, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2015, 1041 ss.; L. Diotallevi, La Corte di cassazione sancisce l’“equiparazione” tra giornali cartacei e telematici ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di sequestro preventivo: un nuovo caso di “scivolamento” dalla “nomofilachia” alla “nomopoiesi”?, in Giurisprudenza Costituzionale, 2015, 1062 ss.; S. Lorusso, Un’innovativa pronuncia in tema di sequestro preventivo di testata giornalistica online, in Diritto penale e processo, 2015, 2002; C. Melzi d’Eril, Contrordine compagni: le Sezioni Unite estendono le garanzie costituzionali previste per il sequestro degli stampati alle testate online registrate, in penalecontemporaneo.it, 9 marzo 2016; L. Paoloni, Le Sezioni Unite, cit., 3454; A. Pulvirenti, Sequestro e Internet: dalle Sezioni Unite una soluzione equilibrata ma “creativa”, in Processo penale e giustizia, 2015, 78; A. Regi, Le Sezioni Unite si pronunciano sull’applicabilità delle garanzie costituzionali in tema di sequestro preventivo alle testate telematiche registrate, in medialaws.eu, 17 maggio 2016.

[27] Così Cass. pen., sez. un., 29 gennaio 2015, n. 31022, cit., punto 18 delle considerazioni in diritto.

[28] Cfr. anche L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p., cit., 288-289; V. Durante, Sequestro di siti internet, cit., 1880. Una simile lettura estensiva avrebbe poi trovato immediato terreno fertile anche nelle Sezioni Unite Civili, con Cass. civ., sez. un., 18 novembre 2016, n. 23469, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2016, 706. Pronuncia, quest’ultima, che non solo ha ripreso la linea delle Sezioni Unite Fazzo, ma che si è spinta ben oltre, ritenendo addirittura di poter equiparare, de plano, la diffusione di contenuti on line al requisito strutturale della riproduzione tipografica, giungendo al risultato di assimilare i nuovi media a quelli tradizionali senza chiamare in causa nemmeno la necessità di un’interpretazione estensiva, evolutiva o costituzionalmente orientata. Si veda anche A. Ranghino, La Corte ribadisce, cit., 258.

[29] Così le Sezioni Unite, cfr. par. 20 delle considerazioni in diritto.

[30] In questi termini L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p., cit., 288.

[31] Cfr. par. 18 delle considerazioni in diritto.

[32] Si veda, similmente S. Vimercati, Il revirement della Cassazione, cit. Fra i primi a evidenziare l’impossibilità di una reductio ad unum della stampa cartacea e digitale con riferimento all’art. 1 l. 47/1848 V. Zeno-Zencovich, La pretesa estensione, 1 ss. Evidenziano la natura analogica di tale operazione, ex multis L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p., cit., 283; G. Corrias Lucente, Le testate telematiche registrate, 1054; L. Paoloni, Le Sezioni Unite, cit., 3472; C. Pedullà, Osservazioni a Cass. Pen., Sez. V, data udienza ud. 11 dicembre 2017, data deposito (dep. 22 marzo 2018), n. 13398, in Cassazione Penale, 2019, 1654 ss. Sottolineano, come finale conseguenza, la necessità di estendere al fenomeno digitale le sole norme di favore, proprio per l’ammissibilità della sola analogia in bonam partem, fra gli altri C. Melzi d’Eril, Il sequestro di siti on-line: una proposta di applicazione analogica dell’art. 21 Costituzione “a dispetto” della giurisprudenza, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2014; Id., Contrordine compagni, cit.; V. Durante, Sequestro di siti internet, cit., 6.

[33] Si veda I. Pisa, La responsabilità del direttore di periodico on line, cit., richiamato anche da L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p., cit., 289.

[34] Così G. Corrias Lucente, Le testate telematiche registrate, cit., 1051; C. Melzi d’Eril, Contrordine compagni, cit., 9; L. Paoloni, Le Sezioni Unite, cit., 3472, la qual parla di vera e propria «occulta analogia in malam partem»; S. Vimercati, Il revirement della Cassazione, cit.

[35] Cass. pen., sez. V, 11 dicembre 2017, n. 13398, con nota di C. Pedullà, Osservazioni, cit.; S. Vimercati, ibid.; nonché, in seguito, anche Cass. pen., sez. V, 11 gennaio 2019, n. 1275, con nota di L. Amerio, La responsabilità ex art. 57 c.p., cit.; Cass. pen., sez. V, 16 febbraio 2021, n. 13069, con nota di M. Grotto, La responsabilità penale, cit.

[36] È il caso di Cass. pen., sez. V, 23 aprile 2021, n. 20644, commentata da A. Ranghino, La Corte ribadisce, cit.

[37] La pronuncia richiama, nello specifico, anche l’estensione dell’obbligo di registrazione alle emittenti televisive e radiofoniche, operato per la prima volta dall’art. 10 l. 223/1990, nonché la norma istitutiva del ROC (Registro degli operatori della Comunicazione), introdotto con la l. 249/1997 (c.d. legge Maccanico), istitutiva dell’AGCom.

[38] Si veda il par. 22 delle considerazioni in diritto.

[39] Si tratta, a tutti gli effetti, di una disposizione che le Sezioni Unite appaiono ritenere dirimente per la stessa legittimazione dell’interpretazione estensiva della nozione di “stampa”. Sul punto si v. anche L. Paoloni, Le Sezioni Unite, cit., 3470.

[40] Così nel par. 9, dove si afferma che «deve ora essere esaminata l’ulteriore questione dell’ammissibilità o meno del sequestro preventivo di una testata giornalistica on line regolarmente registrata o di una determinata pagina web di detta testata»; ovvero ancora nell’incipit del par. 22, dove si afferma che gli elementi analizzati dalla pronuncia legittimano «una interpretazione costituzionalmente orientata del concetto di “stampa”, idoneo ab origine ad adeguarsi alla prevedibile evoluzione dei tempi e a ricomprendere la nuova realtà dei quotidiani o periodici on line regolarmente registrati e destinatari, al pari della stampa tradizionale, delle provvidenze pubbliche previste per l’editoria».

[41] Analogamente, L. Paoloni, Le Sezioni Unite, cit., 3470, la quale evidenzia che non potrebbe essere altrimenti, sottolineando che, anche ove il legislatore intervenisse sul punto, l’equiparazione non potrebbe che limitarsi ragionevolmente alle sole testate telematiche registrate e agli ulteriori prodotti editoriali non periodici destinati alla diffusione presso il pubblico. Ragionando diversamente, si rischierebbe una eccessiva limitazione della libertà di espressione sul web.

[42] Il tutto, in un contesto che oggi risulta essere ancor più delicato rispetto all’epoca in cui le Sezioni Unite vennero chiamate a esprimersi. Se infatti nel 2015 si poteva ancora arguire che un conto è il periodico on line e un altro sono i forum, i blog e i social network, oggi la situazione è radicalmente mutata: le piattaforme social, pur non essendo per la giurisprudenza riconducibili alla nozione di “stampa”, costituiscono oggi uno strumento chiave nella diffusione di notizie, sia dal punto di vista attivo, essendo esse sempre più utilizzate per la creazione di contenuti digitali informativi, sia dal punto di vista passivo, essendo sempre più alto il numero di persone che non trae più le proprie informazioni dai c.d. media tradizionali, ma attinge bensì proprio a blog, social network e siti web di informazione o parainformazione, con annessi tutti i problemi di disinformazione e diffusione delle c.d. “Fake news”, con le quali stiamo imparando a convivere, in particolare dalla Pandemia da Covid-19 in poi. Per approfondimenti sui rapporti fra social network e informazione, si veda, ex multis, M. Lamanuzzi, La disinformazione ai tempi dei social media: una nuova sfida per il diritto penale?, in Archivio penale, 2020, 1.

[43] Non si è certamente espresso il legislatore. Al contempo, si ritiene che nemmeno la giurisprudenza si sia effettivamente occupata interamente della questione. Sul punto, concordemente, anche M. Grotto, La responsabilità penale, cit., 244.

[44] V. Durante, Sequestro di siti internet, cit., 1874.

[45] Cfr. la già citata Cass. pen., sez. V, 11 dicembre 2017, n. 13398.

[46] Il riferimento è alla già citata Cass., pen., sez. V, 23 aprile 2021, n. 20644.

[47] V. A. Ranghino, La Corte ribadisce, cit., 251-252 il quale inoltre evidenzia che: «Il ragionamento sviluppato a corredo di tale affermazione sembra riassumibile nei seguenti passaggi. In ogni ordinamento il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero non è illimitato, in quanto vi sono altri diritti fondamentali che, contrapponendovisi su un piano di equipollenza, ne definiscono i confini. È dunque necessario adottare delle soluzioni equilibrate, in grado di fornire una tutela bilanciata di tutti gli interessi in gioco. Ora, siccome una testata giornalistica con i predetti connotati strutturali e funzionali – ma soprattutto strutturali –, consentendo l’individuazione dei responsabili delle pubblicazioni, fornisce ampie garanzie in ordine alla tutela dei diritti fondamentali contrapposti della libertà di parola, allora, solo a questo genere di testata giornalista, indipendentemente dalla modalità di diffusione dei contenuti, si può applicare il divieto di sequestro di cui all’art. 21, c. 3, Cost. Laddove, invece, non è assicurata l’individuazione dei responsabili delle pubblicazioni la garanzia costituzionale in materia di sequestro non può essere riconosciuta, perché si tutelerebbe oltremodo il diritto di manifestazione del pensiero rischiando di lasciare sprovvisti di tutela gli altri diritti fondamentali», cit. 258.

[48] Che la registrazione possa fungere da discrimen per l’applicazione o meno dello statuto penale della stampa in relazione ai media digitali non è invero una suggestione della sola giurisprudenza: anche il già citato d.d.l. 812 A.S. prevede infatti l’applicazione della legge del ’48 ai soli prodotti digitali registrati, senza tuttavia introdurre per essi alcun obbligo di registrazione. Cfr., sul punto, G.E. Vigevani-C. Melzi d’Eril, la riforma della diffamazione, cit., 149, nonché M. Grotto, La responsabilità penale, cit., 245.

[49] Del resto, il problema rimane aperto in quanto, come opportunamente osservato da M. Grotto, La responsabilità penale, cit., 247, «alla stampa on line si è affermato applicarsi le regole previste per la stampa tradizionale, senza che si sia finora riusciti a definire “in positivo” cosa effettivamente sia “stampa”».

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