L’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali in una storica sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco

Tribunale costituzionale federale della Repubblica federale di Germania (BVerfG), 19 maggio 2020 – 1 BvR 2835/17

La sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco è una sentenza di grande rilievo. Essa colpisce la recente legge tedesca sull’attività informativa svolta sull’estero dai servizi segreti per contrasto con gli artt. 19, c. 3, 5, c. 2, e 10, c. 1, della legge fondamentale. In particolare, il Tribunale arriva a questa conclusione attribuendo ai diritti fondamentali un’efficacia extraterritoriale. È questo profilo della sentenza che il commento vuole mettere in evidenza.

 

Sommario: 1. Diritti fondamentali, territorio statale e sorveglianza elettronica. – 2. La sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco del 19 maggio 2020 relativa alla legge sulla sorveglianza estero-estero. – 3. I principi elaborati dal Tribunale per il Legislatore. – 4. I profili della sentenza relativi all’efficacia dei diritti fondamentali nello spazio. – 5. Osservazioni conclusive

 

 

  1. Diritti fondamentali, territorio statale e sorveglianza elettronica

La funzione originaria e ancora principale dei diritti fondamentali è quella difensiva, di protezione dal potere, dalla inestirpabile tendenza ad aggredire la sfera privata del cittadino. Da sempre è lo Stato, la forma più visibile del potere, a rappresentare il maggior pericolo per la libertà individuale. Ed è per questo motivo che la riflessione sui diritti dell’individuo si è tradizionalmente sviluppata intorno al rapporto tra Stato e individuo. La dimensione verticale e difensiva dei diritti fondamentali è un dato acquisito per la dottrina giuridica moderna, sulla quale non bisogna spendere altre parole.

Maggiore attenzione merita la dimensione spaziale di questo potere aggressivo e debordante. Al netto delle ricerche più recenti sulle grandi imprese multinazionali e sugli effetti delle loro azioni e decisioni sugli Stati e sugli individui [1], neppure gli studi più avvertiti dal punto di vista sociologico hanno dubitato della centralità della dimensione nazionale, comunque legata ad un determinato territorio, del potere[2].

L’apertura al diritto internazionale e al pluralismo delle democrazie costituzionali ha naturalmente favorito, in molti casi, interpretazioni costituzionali sensibili al fattore ‘cosmopolitico[3]. Basti pensare, con riguardo all’ordinamento internazionale, alla posizione di apertura della Corte costituzionale che, superando il dato testuale, tende a riconoscere anche in capo agli stranieri i diritti fondamentali non strettamente legati al possesso della cittadinanza. In questo caso specifico vi è stata una sorta di ibridazione tra diritti e libertà fondamentali, classicamente riferiti ai cittadini, e diritti dell’uomo, nati nella sfera del diritto internazionale e perciò a vocazione universale. La dimensione spaziale è tuttavia rimasta quella del territorio statale: è in questo determinato ambito che lo Stato, in quanto detentore del legittimo monopolio della forza, può entrare in conflitto con i diritti e le libertà degli stranieri. E anche l’ulteriore acquisizione teorica della efficacia orizzontale dei diritti fondamentali lascia intatto il perimetro costituito dal territorio dello Stato.

In poche parole, è il territorio che, tradizionalmente, definisce l’ambito di validità e di efficacia dei diritti fondamentali.

La prospettiva cambia allorché i poteri di una democrazia costituzionale, fortemente orientata ai principi del rule of law, si confrontano con le situazioni giuridiche di individui stranieri in territorio straniero. È stato ed è ancora, principalmente ma non esclusivamente, il caso degli Stati Uniti d’America (è questa la ragione del riferimento al rule of law), nel cui ordinamento la questione dell’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali si è posta con una certa frequenza; e ciò è avvenuto sia perché, essendo gli Stati Uniti una potenza centrale nello scenario geopolitico, gli apparati militari di quel potere sono spesso venuti a contatto con cittadini stranieri su suolo straniero sia perché, essendo una democrazia costituzionale molto radicata, si presume che tutte le forme di quell’apparato di potere siano vincolate dal diritto.

Non è possibile ricostruire in questa sede un dibattito teorico di lunga durata, costellato da alcune importanti sentenze della Corte Suprema, che si è confrontato con il problema del trattamento degli stranieri, al di fuori del territorio statunitense, dal punto di vista soprattutto della incidenza sulla libertà personale degli stranieri. Vale la pena però ricordare che, anche dopo le rivelazioni di Edward Snowden che hanno rivelato al mondo l’attività di sorveglianza elettronica svolta da agenzie governative statunitensi in collaborazione con i servizi di intelligenze britannici, australiani, neozelandesi e canadesi, l’Amministrazione federale ha tenuto la linea di difesa secondo cui i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione ai cittadini statunitensi si applicano solo ai cittadini statunitensi e a coloro che presentano legami con la community tali da considerarli parte di quest’ultima [4].

Ed è proprio il tema della sorveglianza elettronica a porre in una nuova luce la questione della sfera territoriale di efficacia dei diritti fondamentali. Il coperchio sollevato da Snowden ha mostrato un salto di qualità dell’attività di sorveglianza svolta dai servizi di intelligence attraverso l’intercettazione delle comunicazioni elettroniche, caratterizzata dai seguenti elementi: ampliamento della platea degli Stati coinvolti nell’attività di sorveglianza elettronica; uso intenso delle tecnologie informatiche nell’attività di sorveglianza; violazione dei diritti individuali collegati all’uso delle tecnologie informatiche, dalla segretezza delle comunicazioni interpersonali al rispetto della privacy, dal segreto professionale alla libertà d’informazione; e soprattutto – per quanto rileva in questa sede – capacità dei servizi di intelligence di sottoporre a sorveglianza elettronica non solo i propri cittadini ma anche quelli stranieri residenti in territori stranieri o comunque attivi al di fuori del territorio dello Stato che effettua l’attività di intelligence. Appare quest’ultimo il tratto maggiormente caratterizzante l’attività di sorveglianza elettronica, oltre alla dimensione semplicemente gigantesca di dati che questo tipo di controllo riesce a intercettare.

Il nuovo scenario ha provocato e sta tuttora provocando una serie di sentenze che, ai più diversi livelli ordinamentali, si confrontano con la sfida di ricondurre dentro il perimetro dello Stato di diritto le nuove vie del potere statale. Senza alcuna pretesa di completezza possono ricordarsi, come direttamente collegati al tema della sorveglianza elettronica da parte dei servizi segreti, almeno i seguenti importanti arresti giurisprudenziali. Innanzitutto le due sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, legate al nome della parte M. Schrems [5], nelle quali il sistema di trasferimento dei dati dall’Unione europea verso gli Stati uniti è stato annullato a causa della inadeguatezza del sistema giuridico statunitense nel garantire una tutela del diritto alla tutela dei dati personali e del diritto ad un ricorso effettivo paragonabili a quelli garantiti ai cittadini europei dalle norme dei trattati, in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Di notevole interesse sono anche le sentenze Big Brother Watch e EGMR e Centrum för Rättvisa della Corte europea dei diritti dell’uomo, entrambe in attesa di giudizio da parte della Grande Chambre. Infine, anche all’interno degli Stati Uniti, le vicende svelate da Snowden hanno molto recentemente portato il giudice del Nono Distretto a dichiarare che il sistema di sorveglianza di cui era a capo la NSA era illegittimo (United States Court of Appeals for The Ninth Circuit, United Stated of America v. Basaaly Saeed Moalini, 13-50572, 2 settembre 2020).

 

 

  1. La sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco del 19 maggio 2020 relativa alla legge sulla sorveglianza estero-estero

È in questo contesto che si inserisce la sentenza del primo Senato del Tribunale costituzionale federale tedesco del 19 maggio 2020 (BvR 2835/17). La sentenza ha il profilo delle grandi decisioni[6]. Non solo perché tenta di ricondurre l’attività di intelligence nei canoni dello Stato di diritto[7], dichiarando molte disposizione della legge sull’attività informativa svolta sull’estero dai servizi segreti (Gesetz zur Ausland-Ausland-Fernmeldeaufklärung des Bundesnachrichtendienstes) del 23 dicembre 2016 non conformi (unvereinbar) alla Legge fondamentale tedesca, e dando termine al Parlamento per introdurre una nuova disciplina fino al 31 dicembre 2021[8].

Lo è soprattutto perché prende una posizione molto innovativa sulla questione dell’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali. Ed è proprio questo specifico profilo della sentenza – peraltro estremamente articolata (141 pagine, 332 punti) – che le presenti note vogliono analizzare [9]. Tuttavia, anche per poter apprezzare i profili relativi all’efficacia dei diritti fondamentali, appare indispensabile un sintetico ragguaglio riguardante i motivi dell’illegittimità e i principi che il Tribunale ha elaborato come direttive per il legislatore.

La sorveglianza estero-estero è autorizzata dalla legge tedesca nei casi enumerati dall’art. 1, tutti rivolti alla necessità di conoscere in anticipo situazioni di pericolo per la sicurezza interna ed esterna per la Repubblica federale e alla tutela della capacità di azione della Repubblica federale e in particolare del Governo federale.

Le violazioni costituzionali ravvisate dal Tribunale riguardano in particolare, dal punto di vista sostanziale, gli artt. 10, c. 1, (segreto delle telecomunicazioni), 5, c. 2, al n. 2, (libertà d’informazione) e, dal punto di vista formale, l’art. 19, c. 1, della Legge fondamentale tedesca (da ora anche “GG”, Grundgesetz,).

All’origine della legge vi sono, ancora una volta, le rivelazioni di Snowden che hanno portato, nel corso della XVIII legislatura, all’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta (NSA-Untersuchungsausschuss), nel cui rapporto finale sono state denunciate le carenze del precedente sistema di informazione strategica estero-estero dal punto di vista del fondamento legislativo.

Il primo vizio riscontrato è di carattere formale. L’art. 19, c. 1, GG, stabilisce infatti che, in caso di limitazione di un diritto fondamentale apposta con legge, «la legge deve individuare il diritto fondamentale indicando l’articolo interessato». La limitazione dell’art. 10, c. 1, GG, è menzionata solo nell’art. 3, non anche nelle altre disposizioni della legge impugnata (punto 134)[10]. Tale carente individuazione – osserva il Tribunale – denota una scarsa consapevolezza della limitazione da parte del legislatore, che, così agendo, si sottrae anche a un dibattito pubblico.

Dal punto di vista materiale sono invece le disposizioni contenute, in particolare, negli artt. 6, 7, 13-15 della legge a non essere conformi agli artt. 10, c. 1, e 5, c. 1, GG. Il giudice costituzionale muove da un assunto pragmatico secondo cui l’attività di intelligence possiede delle caratteristiche di segretezza irrinunciabili. Ciò non vuol dire, tuttavia, che la disciplina legislativa di tale attività possa sottrarsi all’esigenza di previsioni normative improntate alla chiarezza e alla determinatezza (137-8) e al rispetto del principio di proporzionalità (visto che tali previsioni legislative giustificano interventi limitativi del segreto delle telecomunicazioni e della libertà d’informazione) [11].

I punti da 142 a 153 sono infatti volti a evidenziare proprio i rischi della sorveglianza elettronica rispetto al principio di proporzionalità. A proposito della straordinaria latitudine di tale tipologia di controllo è interessante notare come il Tribunale, nell’enfatizzare le differenze rispetto alle precedenti forme di controllo effettuate dai servizi di intelligence, sottolinei il carattere ubiquo della sorveglianza elettronica, capace di intercettare, attraverso la Rete, le forme private e spontanee della comunicazione quotidiana e di penetrare così nel tessuto comunicativo della società civile («die gesamte Kommunikation auch der Zivilgesellschaft») (151).

Per meglio afferrare la posizione del giudice costituzionale, è opportuno rammentare i caratteri della sorveglianza strategica, la quale, a differenza della sorveglianza orientata verso singoli determinati soggetti, non muove da sospetti concreti, è caratterizzata da un raggio di indagine estremamente ampio ed è diretta ad ottenere informazioni per permettere l’azione del governo e la conoscenza di possibili pericoli. Ciò implica una selezione per luoghi geografici e per nazionalità. Di conseguenza, in una prima fase, sono messi a disposizione dei servizi segreti tutte le comunicazioni intercettate, che vengono successivamente filtrate attraverso sistemi elettronici capaci di selezionare le informazioni rilevanti. Interviene poi un ulteriore livello di cernita attraverso selettori di natura formale (numeri telefonici e email) e sostanziale (nomi, codici). Al termine vengono verificati i risultati così ottenuti attraverso la catalogazione e l’identificazione ed è in questa ultima fase che vengono cancellati i dati che non avrebbero dovuto essere rilevati o trattati[12].

 

  1. I principi elaborati dal Tribunale per il Legislatore

E tuttavia, nonostante i rischi del controllo strategico, esso può essere reso conforme al dettato costituzionale. A tal fine, e con specifico riguardo alla sorveglianza strategica estero-estero, il Tribunale fornisce al legislatore una serie di principi da osservare per una disciplina legislativa costituzionalmente conforme, partendo dal principio per cui la sorveglianza svolta all’interno della Repubblica federale va considerata in maniera differente rispetto a quella estero-estero: nel primo caso il controllo deve essere motivato da precise circostanze e deve essere mirato, nel secondo il raggio dell’azione di controllo può essere ad ampio raggio e privo di un obiettivo predeterminato (anlasslos, scrive il Tribunale) (159-160). In estrema sintesi i criteri che il giudice costituzionale fornisce al legislatore sono i seguenti[13].

In primo luogo, il legislatore deve indicare criteri restrittivi per la trasmissione di dati e assicurarsi che l’ambito geografico sottoposto a sorveglianza rimanga delimitato (169).

In secondo luogo, per mantenere la sorveglianza strategica nei confini di uno strumento di informazione, appare poi necessario una disciplina chiara della selezione (ed esclusione) dei dati provenienti dalle comunicazioni interne e dall’interno verso l’estero (170 ss.). Anche gli scopi della sorveglianza devono essere definiti normativamente in maniera sufficientemente precisa e chiara. A tal fine vengono in primo piano le finalità rivolte alla tutela di interessi rilevanti (hochrangiger Gemeinschaftsgüter), la cui violazione avrebbe effetti negativi per la sicurezza esterna ed interna o per gli interessi dei singoli. A questo principio si può derogare solo se l’adozione della misura di sorveglianza delle comunicazioni estere occorra al Governo federale e alla preparazione di sue decisioni (175-177).

Siccome non può escludersi la legittimità di una sorveglianza strategica senza obiettivi determinati, assumono rilievo regole procedurali, capaci di delimitare anche temporalmente le misure di sorveglianza, per quanto non siano derivabili dalla Legge fondamentale. Ciò che invece può essere ricavato, per analogia, dal dettato costituzionale, è la previsione di un controllo di tipo giurisdizionale (gerichtsähnliche Kontrolle), sulla falsariga della riserva di giurisdizione prevista in via generale per le misure di limitazione delle comunicazioni (178-181).

Il Tribunale non esclude poi la conformità alla Legge fondamentale di misure che permettano l’uso di selettori formali (formaler Suchbegriffe), anche se orientate verso singole persone. Per avere tale conformità, sono tuttavia necessarie regole legislative che delimitino tale potere. Il giudice di Karlsruhe suggerisce nuovamente la previsione di controlli di tipo giurisdizionale ex ante (186-188).

Limiti legislativi devono essere previsti inoltre per la conservazione dei dati derivanti dalla sorveglianza strategica. Il flusso di dati va delimitato, non dovendosi superare i sei mesi come termine massimo per la conservazione (191). Per le singole fasi della valutazione dei dati così raccolti, il legislatore può limitarsi a porre i principi lasciando l’ulteriore dettaglio ai servizi di intelligence, a condizione che l’ambito lasciato ai servizi sia sottoposto ad un controllo indipendente e oggettivo (192).

Il Tribunale sottolinea l’affidamento da garantire a giornalisti e avvocati e ai loro informatori e clienti. La sorveglianza mirata di questi gruppi deve essere limitata in via legislativa. Non può essere addotta a giustificazione del controllo, in nome di interessi legati alla sicurezza, la tipologia di persone con le quali giornalisti ed avvocati entrano in contatto, fatta eccezione per le fattispecie penali particolarmente gravi. Spetta sempre al legislatore prevedere che l’affidamento sia tutelato da controlli di tipo giurisdizionale ex ante (193-194).

L’ambito più intimo degli stili di vita individuali deve poi essere tutelato dal legislatore anche nelle ipotesi di sorveglianza verso l’estero (199 ss.). Le indicazioni del Tribunale si chiudono ricordando che  il rispetto del principio di proporzionalità impone che siano previsti termini precisi per la distruzione dei dati personali. A tal fine vanno previsti protocolli ben determinati (208 ss.).

Il Tribunale passa poi all’indicazione dei principi in tema di trasmissione dei dati personali ad altri soggetti ed istituzioni nell’ambito della sorveglianza strategica, partendo, anche questa volta, dalla fissazione del principio per cui la trasmissione costituisce una nuova ingerenza nei diritti fondamentali; per questo motivo esso richiede una disciplina normativa chiara (211 ss.). Sia la disciplina legislativa che le singole misure dirette alla trasmissione devono, da un punto di vista materiale, essere orientate al principio di proporzionalità, ispirandosi al criterio della ipotetica nuova rilevazione dei dati (hypothetische Datenneueerhebung) (216). In pratica, la trasmissione potrà avvenire se anche rispetto alla mutata finalità i dati che si intende trasmettere avrebbero potuto essere comunque rilevati.

In ogni caso, se i dati in possesso dei servizi tedeschi provengono da una sorveglianza non diretta alla prevenzione di pericoli (Gefahrenfrüherkennung), allora essi non potranno essere trasmessi ad altre autorità, se non nei casi eccezionali, da prevedere in via legislativa, in cui i dati permetterebbero di venire a conoscenza di rischi per la vita delle persone e per la sicurezza del paese (228)[14].

Per la trasmissione ad autorità pubbliche straniere dei dati ottenuti dalla sorveglianza estero-estero, in particolare a servizi segreti stranieri, è necessaria una verifica della rispondenza delle loro prassi ai principi dello Stato di diritto (Rechtsstaatlichkeitsvergewisserung) (233), al fine di evitare che lo Stato estero possa violare diritti e principi collegati alla dignità dell’uomo (237). Nel caso di contatti con Stati non sicuri da tale punto di vista, ci si dovrà accertare che le informazioni non vengano utilizzate per perseguitare le minoranze presenti, colpire le opposizioni, uccidere o torturare, privare i detenuti dei loro diritti (238). La verifica dello standard non può essere rimessa a una decisione di natura politica, ma deve basarsi su informazioni corrispondenti alla realtà, oltre che essere documentata e aperta ad un controllo indipendente (241).

L’art. 13 della legge regola nel dettaglio la cooperazione dei servizi tedeschi con altri servizi stranieri nell’ambito della sorveglianza estero-estero, al fine di realizzare gli obiettivi di cui all’art. 1 della legge medesima. Il primo Senato osserva che la Costituzione tedesca è strutturalmente aperta a tale collaborazione tra servizi di intelligence; vanno tuttavia predisposte regole legislative a tutela dei diritti fondamentali anche nell’ambito di tale collaborazione (244). Soprattutto deve evitarsi che i risultati della sorveglianza interna vengano scambiati con servizi di intelligence stranieri. Tale scambio di informazioni privo di regole (Ringtausch) non sarebbe conforme a Costituzione (248). Le medesime regole s’impongono per la sorveglianza svolta dai servizi tedeschi all’estero, indicate nel § 253. Regole specifiche devono valere sia nel caso in cui il servizio di intelligence tedesco utilizzi selettori elaborati da servizi stranieri e i relativi riscontri vengano trasmessi ai partner senza una valutazione contenutistica (254) sia nel caso in cui i dati ricavati attraverso determinati selettori dai servizi tedeschi vengano trasmessi a servizi esteri (262). Il Tribunale ritiene che i servizi esteri possano essere destinatari di informazioni provenienti dalla Germania in occasioni determinate (bestimmter Anlass) e comunque sulla base di un dettagliato fondamento normativo capace di garantire l’efficacia dei diritti fondamentali sia dal punto di vista materiale che procedurale (249).

Altro profilo degno di nota riguarda le questioni procedurali, regolate dall’art. 22 della legge in maniera ritenuta non soddisfacente dal Tribunale costituzionale, il quale indica, in sostanza, due tipologie di controllo da apprestare (274). Con la prima il Tribunale chiede che sia previsto un collegio giudicante indipendente, chiamato a giudicare sulle misure di sorveglianza estero-estero attraverso forme di tipo giurisdizionale (gerichtsähnliche Kontrolle) (275). Accanto a questo organo il Tribunale auspica l’istituzione di un’istanza amministrativa indipendente, in grado di controllare la legalità di tutte le fasi del processo di sorveglianza strategica (276). Entrambe le istanze di controllo devono avere accesso completo ai documenti (290) e devono essere sostenute da adeguati mezzi finanziari (288)[15]. Nulla osta, afferma il giudice costituzionale, a che l’organo di controllo sia inserito all’interno della funzione esecutiva (271).

Tale ultima affermazione del Tribunale è di rilievo in quanto diretta a porre un freno alla prassi fondata sulla cd. Third Party Rule, in base alla quale le informazioni provenienti da servizi esteri non potrebbero essere sottoposte ad istanze di controllo interne (292). In tal maniera si è impedito di fatto un effettivo controllo sull’attività informativa dei servizi. Questa regola, fondata esclusivamente sulle prassi delle autorità amministrative, non trova giustificazione dal punto di vista costituzionale (294). Va inoltre assicurato che il controllo possa estendersi anche alle informazioni che i servizi di intelligence ricevono da servizi esteri (295). Eccezioni possono essere previste nel caso di istituzione di commissioni parlamentari d’inchiesta sull’attività informativa di autorità tedesche (298).

 

  1. I profili della sentenza relativi all’efficacia dei diritti fondamentali nello spazio

Riassunti in maniera estremamente sintetici i contenuti della sentenza, è ora possibile dedicare attenzione ai profili relativi all’efficacia dei diritti fondamentali nello spazio. Profili che potrebbero apparire marginali rispetto alle questioni sostanziali affrontate nella decisione e che, invece, giocano un ruolo centrale non solo ai fini dell’ammissibilità dei ricorsi ma anche ai fini del decisum. Non si dimentichi infatti che la legge censurata disciplina espressamente l’attività di sorveglianza estero-estero e che i ricorrenti erano per lo più residenti al di fuori della Repubblica federale.

 

4.1. Sulla legittimazione dei ricorrenti

 

Conviene partire proprio dalla diversa natura soggettiva e dai diversi luoghi di residenza dei ricorrenti: un’organizzazione non governativa con sede in Francia, giornaliste e giornalisti residenti in Azerbaijan, in Germania, nel Regno Unito, in Slovenia, in Messico e in Macedonia del Nord, un avvocato di cittadinanza tedesca ma residente in Guatemala. Tutti erano caratterizzati dal fatto di svolgere la propria attività professionale a favore della tutela dei diritti umani e, perciò, spesso a contatto con persone suscettibili di divenire oggetto di attenzione da parte della sorveglianza estero-estero. Da qui la probabilità, sostenuta da tutti i ricorrenti, di essere stati intercettati da parte dei servizi di intelligence.

Di particolare interesse si rivelano quindi le decisioni assunte in materia di legittimazione al ricorso da parte del Tribunale, che, oltre a ritenere ammissibili i ricorsi individuali, ha ritenuto in particolare ammissibile sia il ricorso di ‘Reporter senza frontiere’, la ONG con forma di persona giuridica sita a Parigi (62), sia il ricorso dell’avvocato tedesco attivo professionalmente in Guatemala. Il fatto che quest’ultimo agisse in qualità di funzionario di una persona giuridica straniera non fa venir meno la sua legittimazione giacché esso, sottolinea il giudice costituzionale, agisce per la difesa dei suoi diritti fondamentali e non di quelli della persona giuridica per la quale svolge attività professionale (68-69). L’eccezione di inammissibilità, respinta dal Tribunale, si spiega alla luce dell’art. 19, c. 3, GG, che limita la titolarità dei diritti fondamentali alle persone giuridiche nazionali [16].

Va anche evidenziato che il Tribunale individua una legittimazione diretta dei ricorrenti nei confronti delle misure strategiche di sorveglianza estero-estero previste dalla legge censurata. Trattandosi di misure segrete di cui si viene a conoscenza ex post solo in casi eccezionali, deve infatti presumersi una legittimazione diretta dei ricorrenti (72).

 

 

4.2. Società civile e sorveglianza elettronica

 

Venendo ora più da vicino alle argomentazioni del Tribunale in tema di efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali, conviene prestare attenzione allo scenario dipinto dal giudice tedesco in funzione preliminare e introduttiva rispetto al contenuto argomentativo.

Le informazioni provenienti dall’estero sono divenute da tempo un elemento importante della politica estera e di sicurezza. Con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione elettronici la situazione è tuttavia profondamente mutata. Prima le informazioni dell’intelligence sull’estero miravano ad ottenere notizie in funzione di difesa verso attacchi armati nei confronti del territorio tedesco. Oggi il potenziale di pericolo proveniente dall’estero si è moltiplicato sia perché le informazioni viaggiano attraverso i confini con grande facilità di coordinamento sia perché determinate attività provenienti dall’estero possono avere effetti destabilizzatori (come mostrano gli esempi degli attacchi cibernetici, della criminalità internazionale organizzata, del terrorismo internazionale). È questo il motivo per cui l’attività di sorveglianza elettronica verso l’estero ha acquistato una progressiva e rilevante importanza (il Tribunale cita i crescenti stanziamenti di bilancio federale a favore di questa parte dei servizi segreti) (107).

Viene così a crearsi un nuovo campo di tensione in cui le esigenze della sicurezza devono essere bilanciate con la garanzia della libertà, a sua volta costruita, secondo i principi dello Stato di diritto, sui diritti fondamentali. Le nuove tecnologie informatiche fanno sì che il flusso di dati penetri i confini statali per distribuirsi a livello globale. Ciò ha come conseguenza che oramai è possibile intercettare dall’interno comunicazioni provenienti dall’estero. Ma è proprio grazie a questo flusso privo di confini, grazie ai servizi di comunicazione che non sono costruiti sulla differenza tra interno ed esterno, che si sviluppa la comunicazione tra cittadini in quanto titolari di diritti fondamentali, una comunicazione che si svolge all’interno ma anche all’esterno dello Stato. A questo punto il Tribunale evoca la storica categoria della società civile (Zivilgesellschaft), pericolosamente sottoposta a diverse forme di interferenze, sia in quanto oggetto di sorveglianza estera da parte dei servizi tedeschi sia in quanto oggetto di sorveglianza da parte di servizi stranieri (109).

Da questa situazione fattuale il Tribunale perviene ad una valutazione teorica di estremo impegno, ritenendo che una concezione dei diritti fondamentali, che ne limitasse l’ambito ai confini statali, lascerebbe i diritti fondamentali privi di tutela nei confronti degli accennati sviluppi tecnologici, facendo indietreggiare l’ambito della tutela rispetto alle condizioni attuali dell’internazionalizzazione. Ne va dell’effettività della tutela dei diritti, che potrebbe girare a vuoto in questa sfera dell’azione statale. Di contro, è proprio il vincolo posto dall’art. 1, c. 3, GG, nei confronti dello Stato che obbliga a tener conto di questo potenziale di rischio e a ricondurlo nella cornice dello Stato di diritto (110)[17].

Lo sforzo ricostruttivo appare degno della massima attenzione. Il Tribunale riscontra le differenze tra un prima e un dopo dell’intelligence, richiama l’attenzione sulla porosità dei confini statali, è attento a non chiudersi in una concezione dei diritti fondamentali che potrebbe lasciarli priva di tutela. Anche il lessico, che il Tribunale sceglie con la massima attenzione, pare condividere lo sforzo habermasiano di riconsiderare l’intera società civile non più come il luogo dell’economia (del diritto privato e del mercato del lavoro) bensì come sfera pubblica dove è proprio la comunicazione -che prende forma grazie ad associazioni, organizzazioni, movimenti- a definire il mondo di vita della società [18]. Il Tribunale, insomma, non lascia cadere l’occasione che gli si presenta per una riconsiderazione dello sfondo in cui ripensare alcuni aspetti centrali della teoria dei diritti fondamentali. Il che, per un organo chiamato a risolvere problemi eminentemente pratici, non è per nulla scontato[19].

 

 

4.3. I diritti fondamentali vincolano tutti i poteri dello Stato

 

Punto di partenza e di arrivo del ragionamento del giudice costituzionale tedesco è il seguente: i diritti fondamentali vincolano tutti i poteri dello Stato tedesco. L’affermazione di principio è immediatamente calata nel contesto del caso specifico attraverso la seguente specificazione del Tribunale: tale vincolo vale, in ogni caso (jedenfalls), per i diritti fondamentali in quanto diritti di difesa nei confronti di misure di sorveglianza (88) [20]. In questa fattispecie ricadono anche gli artt. 10, c. 1 e 5, c. 2, GG, la cui tutela si estende anche alla sorveglianza estero-estero (87). La posizione espressa dal Tribunale è in netta contrapposizione con quanto sostenuto dalle parti costituitesi in giudizio, in primis il Governo federale, ed è in ampia sintonia con la maggioranza della dottrina costituzionalistica tedesca che ha preso posizione sul punto [21].

In poche parole, il vincolo costituzionale dei diritti fondamentali sussiste anche se la limitazione del diritto avviene al di fuori del territorio tedesco, bastando, a tal fine, che essa consegua all’esercizio di poteri statali. In questo modo, pur con la delimitazione riguardante la dimensione difensiva dei diritti, il Tribunale risponde al quesito che aveva lasciato in sospeso nel precedente del 1999, in occasione del quale, pur non negando la possibile efficacia extraterritoriale dei diritti, non si era pronunciato sulla necessaria sussistenza di un collegamento col territorio dell’azione in violazione del diritto [22]. Il Tribunale sviluppa una serie di argomenti a sostegno della sua conclusione.

Il primo riguarda il vincolo sulle tre funzioni statali dei diritti fondamentali, vincolo che non soffre limitazioni territoriali e che comunque non è ricavabile dalla lettera della disposizione. Conviene soffermarsi su questo argomento. In effetti, proprio perché la Costituzione tedesca non delimita territorialmente l’ambito di efficacia dei diritti fondamentali, sarebbe stato possibile dire che tali diritti valgono solo all’interno del territorio tedesco [23]. D’altronde che la validità e la conseguente applicazione dei diritti siano riferite all’ambito territoriale nazionale è una caratteristica naturale, implicita, incontroversa dei diritti fondamentali. Il silenzio della Costituzione, insomma, avrebbe giustificato anche un’opzione interpretativa differente. E invece il giudice tedesco rifiuta categoricamente questa possibilità, escludendo che ci sia un’accezione tacita della norma costituzionale in tal senso. Gli artt. 1, c. 2, 24 e 25 testimoniano, in particolare, l’apertura internazionale del testo costituzionale e la collocazione della Repubblica federale nel consesso delle nazioni (89).

Se il paragone è consentito, la scelta del Tribunale può essere accostata a quella della Corte costituzionale con la sent. 1/1956: nel caso italiano era in gioco l’efficacia della Costituzione indipendentemente dal tempo, nel caso in esame era in gioco l’efficacia della Costituzione tedesca indipendentemente dallo spazio.

La garanzia che la Costituzione tedesca offre tramite i diritti fondamentali tutela l’individuo nei confronti delle tre funzioni dello Stato sia dal punto di vista soggettivo sia dal punto di vista oggettivo. Non c’è spazio per eccezioni o domini riservati. Su tale ulteriore profilo il Tribunale afferma espressamente che il vincolo dell’art. 1 GG riguarda il potere esecutivo indipendentemente dall’uso della forza. Anzi, il giudice tedesco evoca la modifica costituzionale del 1956 con cui, nell’art. 1, c. 3, il termine “amministrazione” (Verwaltung) fu sostituito dal termine ‘potere esecutivo’ (vollziehende Gewalt), per dimostrare che l’intento non era quello di restringere il vincolo all’esercizio di alcune determinate funzioni bensì di ricomprendere nel vincolo anche le forze armate (Bundeswehr). Una limitazione dell’efficacia dei diritti fondamentali agli atti d’imperio dell’Esecutivo non corrisponderebbe, secondo il Tribunale, al senso dell’art. 1, c. 3, GG (90). L’organo giurisdizionale rafforza il suo argomento riprendendo anche una classica distinzione della dogmatica tedesca sui diritti fondamentali, e cioè la distinzione tra dimensione soggettiva (riguardante le singole persone fisiche e giuridiche) e dimensione oggettiva (per intendersi, quella in cui lo Stato si fa garante dei diritti e delle libertà) degli stessi, per dire che il vincolo derivante dall’art. 1, c. 3, GG, è generale, abbracciando entrambe le dimensioni (92).

 

 

4.4. Diritti dell’uomo e diritti fondamentali

 

Si giunge così ad altra questione di grande interesse. La si introduce osservando che è oramai constatazione comune quella sulla porosità dei confini degli Stati e del territorio. La Rete ne è la dimostrazione forse più plastica. Ebbene, a fronte di questo assottigliamento dei confini nella prospettiva interna la sentenza apre prospettive nuove sulla proiezione esterna non tanto del territorio nazionale quanto delle funzioni statali nel momento in cui esse producano effetti su soggetti stranieri residenti su territorio straniero. In tale evenienza i diritti fondamentali diventano, per esprimersi in termini metaforici, delle corazze che possono essere indossate anche all’estero da cittadini stranieri per difendersi da attacchi del potere statale tedesco.

Il Tribunale intesse un interessante collegamento tra diritti dell’uomo e diritti fondamentali, entrambi menzionati rispettivamente al c. 2 e 3 dell’art. 1 GG. Il giudice tedesco è attento a prevenire una possibile obiezione diretta a limitare l’ambito di efficacia dei diritti dell’uomo. La Costituzione tedesca distingue infatti tra i diritti dei tedeschi e i diritti dell’uomo. Ciò tuttavia non deve portare, secondo quanto argomentato nella sentenza, a limitare l’efficacia dei diritti dell’uomo alla dimensione interna. Ciò contrasterebbe con il tenore letterale della Costituzione, in particolare con il preambolo che rimanda ad una responsabilità del popolo tedesco in una Europa unita e più ampiamente nel mondo. Neppure rileva il fatto che i diritti dell’uomo siano qualificati come inviolabili e inalienabili (c. 2), a differenza dei diritti fondamentali privi di tale qualificazione (c. 3). Non è possibile ricavare dal dato letterale e dalla sistematica della Costituzione tedesca alcun appiglio per ambiti di applicazione territoriali differenti. Il Tribunale, a tale proposito, cita se stesso per sottolineare di avere sempre interpretato i diritti fondamentali alla luce delle garanzie internazionali offerte dai diritti dell’uomo (94-95). Da questa proiezione internazionale dei diritti fondamentali il tribunale di Karlsruhe trae la conclusione che una interpretazione dei diritti fondamentali della Costituzione tedesca che ne limitasse l’ambito di validità (Geltung) al territorio tedesco e che svincolasse le autorità tedesche dagli obblighi loro derivanti dai diritti fondamentali e dai diritti dell’uomo nei confronti di cittadini stranieri all’estero, non sarebbe conciliabile con l’intimo legame che la Costituzione stabilisce tra diritti fondamentali e diritti dell’uomo.

L’argomentazione del giudice costituzionale, per quanto calata nel contesto ordinamentale tedesco, rileva in via generale. In effetti il testo costituzionale tedesco, contenendo al proprio interno il richiamo ai diritti dell’uomo, potrebbe rafforzare l’idea di una netta distinzione tra i due ambiti, quello dei diritti dell’uomo e quello dei diritti fondamentali. Tra l’altro, la dogmatica tedesca dei diritti fondamentali ha enfatizzato il riferimento letterale distinguendo diritti fondamentali riservati ai tedeschi e diritti fondamentali spettanti ad ogni uomo. Nella sentenza in commento, il Tribunale, dando per assunta questa distinzione, interviene nello spazio nel quale la titolarità dei diritti fondamentali è generale o universale, cioè non riservata ai tedeschi, per affermare una generale e tendenziale attrazione dei diritti fondamentali nell’orbita dei diritti dell’uomo. È il rafforzamento della presenza dello Stato tedesco all’estero ad esigere un ampliamento dell’efficacia dei diritti fondamentali. La tutela dei diritti fondamentali segue da vicino l’azione dei poteri pubblici, anche se questa si sposta all’estero. L’attrazione dei diritti dell’uomo facilita questo ampliamento del raggio di azione (96). Consapevole dei rischi dogmatici derivanti da un troppo stretto avvicinamento tra diritti dell’uomo e diritti fondamentali (in quanto diritti costituzionali), il Tribunale è attento a porre la questione nei termini dell’interpretazione conforme, per usare un termine ben noto alla dogmatica costituzionale italiana e tedesca: il legame che la Costituzione tedesca istituisce tra diritti fondamentali e diritti dell’uomo deve spingere a un’interpretazione dei primi alla luce dei secondi.

Come è ben noto, in questo ambito un ruolo centrale è svolto dalla CEDU, cui il giudice costituzionale dedica attenzione per osservare che non risulta chiaro l’ambito di validità della Convenzione in relazione all’azione degli Stati al di fuori del proprio territorio. La giurisprudenza convenzionale utilizza il criterio del controllo effettivo (effective control) sul territorio straniero da parte dello Stato in questione e su questa base ha riconosciuto un’efficacia dei diritti convenzionali al di fuori del territorio nazionale dello Stato agente. E tuttavia -osserva il tribunale che cita i casi Big Brother Watch eEGMR, Centrum för Rättvisa, già sopra richiamati- in materia di sorveglianza elettronica estero-estero non c’è ancora chiarezza. In ogni caso la Convenzione non si oppone ad una efficacia dei diritti fondamentali tedeschi oltre il territorio nazionale (art. 53 CEDU).

Volgendo poi lo sguardo al diritto internazionale generale, il Tribunale ritiene che il vincolo dei diritti fondamentali verso le autorità tedesche che agiscono nella dimensione estero-estero non si traduce in una limitazione degli altri ordinamenti giuridici statali. Il vincolo riguarda infatti solo la responsabilità degli organi statali tedeschi. I diritti fondamentali intesi come diritti di difesa procedono parallelamente ai limiti derivanti dal divieto di ingerenza nella delimitazione dell’azione del potere statale all’estero.

Il Tribunale è accorto nel distinguere la dimensione interna da quella internazionale. Per la prima ciò che rileva è che l’azione dei poteri statali tedeschi, che nella specie si esplica attraverso misure di sorveglianza verso cittadini stranieri all’estero, abbia una base giuridica conforme alla Legge fondamentale. Il vincolo dei diritti fondamentali nulla dice, però, sulla legittimità delle misure dal punto di vista internazionale. La dimensione internazionale non è toccata dalla costruzione giuridica elaborata dal tribunale di Karlsruhe, il quale esplicitamente afferma che nulla impedisce agli Stati stranieri di sollevare dubbi e perplessità (103).

 

  1. Osservazioni conclusive

 La Legge fondamentale tedesca è notoriamente terreno molto fertile per la dogmatica dei diritti e delle libertà fondamentali. Non solo distingue tra diritti fondamentali dei tedeschi e diritti fondamentali spettanti a tutti ma, come si è avuto modo di osservare, si occupa anche dei diritti umani. Le novità apportate dalla sentenza in esame vanno collocate in questo sensibile contesto costituzionale.

A tal proposito una notazione preliminare riguarda il rapporto tra dogmatica e interpretazione costituzionale. La decisione in commento si muove nell’ambito di due diritti fondamentali -segreto delle telecomunicazioni e libertà d’informazione- che sono ritenuti diritti di spettanza universale dalla dottrina giuridica. L’interpretazione del Tribunale si è così appoggiata su questo assetto dogmatico al fine di estendere l’ambito di efficacia territoriale di tali diritti anche nei confronti di cittadini stranieri residenti in territorio straniero.

Il giudice costituzionale tedesco ha poi insistito sulla necessità di distinguere tra le diverse dimensioni dei diritti fondamentali, valorizzandone la dimensione difensiva, che ben può definirsi quella originaria e primigenia di tale specie di diritti. Con il progressivo estendersi del raggio d’azione dello Stato dal punto di vista spaziale, anche la dimensione difensiva dei diritti fondamentali amplia il proprio raggio d’azione. Nel caso di specie i ricorrenti hanno fatto valere la violazione dei loro diritti fondamentali appunto in tale dimensione difensiva (abwehrdimension). Riconoscere un’assenza di vincolo delle autorità tedesche in ragione del loro agire in uno spazio che il Governo federale riteneva vuoto dal punto di vista dell’efficacia dei diritti (il Tribunale sostantivizza scrivendo “Auslandsgerichtetheit”) avrebbe significato svuotare questa dimensione della sua efficacia. Ciò sarebbe stato tanto più inammissibile in quanto lo sviluppo tecnologico aumenta il rischio di aggressione ai diritti proprio all’estero e dall’estero (105).

Nell’accentuazione della dimensione difensiva dei diritti fondamentali vanno anche cercati i limiti dell’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali, sebbene il Tribunale non abbia affrontato la questione espressamente. Pare plausibile sostenere che è la dimensione difensiva a godere dell’efficacia extraterritoriale, non anche quella positiva o pretensiva. Tra l’altro, la richiesta, da parte di cittadini di uno Stato estero, di un intervento dei poteri statali tedeschi sul territorio dello Stato estero, come è stato correttamente osservato, entrerebbe in contrasto con il principio territoriale radicato profondamente nel diritto internazionale [24]

Conclusivamente pare di poter dire che, in parallelo con i mutamenti storici e sociali in corso che toccano da vicino le componenti fondamentali della tradizionale nozione di Stato, anche la dogmatica e la teoria dei diritti fondamentali registrano mutamenti significativi. Il riconoscimento di un’efficacia extraterritoriale di alcuni diritti fondamentali è conseguenza diretta dei fenomeni di de-territorializzazione e di internazionalizzazione del diritto costituzionale individuati già da tempo dalla dottrina giuridica contemporanea. Il ragionamento che il Tribunale costituzionale federale ha sviluppato nella sentenza in commento non solo rafforza questa tendenza ma, nel riportare i diritti fondamentali nell’orbita dei diritti umani, è come se avesse creato una sorta, se non di gerarchia, di forza attrattiva che i diritti umani esercitano nei confronti dei diritti fondamentali. E qui si dovrebbe avviare un più ampio ragionamento sull’integrazione tra le ‘giustizie’ costituzionali intorno a beni costituzionali interdipendenti e indivisibili (come sono, all’evidenza, i due diritti fondamentali di cui si è ragionato in queste pagine) che porterebbe troppo lontano rispetto ai limitati obiettivi di queste pagine [25]. Basti per ora rinviare alle prossime decisioni della Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo che, nei casi Big Brother Watch e Centrum för Rättvisa, potrebbe consolidare questo indirizzo in materia di efficacia extraterritoriale sul versante dei diritti dell’uomo.

[1] Cfr. ora molto fruttuosamente A. Golia jr., Imprese transnazionali e vincoli costituzionali. Tra pluralismo e responsabilità, Milano, 2019.

[2] Ma cfr. G. Teubner, Verfassungsfragmente. Gesellschaftlicher Konstitutionalismus in der Globalisierung (2012), trad.it. Nuovi conflitti costituzionali, Milano, 2012.

[3] Il rapporto di influenza è stato anche inverso. Sul punto sia permesso rinviare a R. Bifulco, La c.d. costituzionalizzazione del diritto internazionale: un esame del dibattito, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, 2014, 239 ss.

[4] Per una ricostruzione più attenta di questa linea argomentativa, sostenuta dall’Amministrazione federale anche di fronte al Comitato dei diritti dell’uomo presso l’ONU, sia permesso rinviare a R. Bifulco, La sentenza Schrems e la costruzione del diritto europeo della privacy, in Giurisprudenza costituzionale, 1, 2016, 289 ss.

[5] CGUE (Grande Sezione), C-362/14, Maximilian Schrems c. Data Protection Commissioner (2015) e C-311/18, Data Protection Commissioner c. Facebook Ireland Lts, Maximilian Schrems (2020).

[6] Varie le valutazioni della sentenza, ma tutte di segno positivo: “ein Grundlagenurteil”, secondo H.P. Aust, Auslandsaufklärung durch den Bundesnachrichtendienst, in Die öffentliche Verwaltung, 2020, 715; “ein Meilenstein”, secondo J.H. Dietrich, Ausland-Fernmeldeaufklärung nach §§ 6 ff BNDG (Anmerkung), in Zeitschrif für das Gesamte Sicherheitsrecht, 4, 2020, 182 e B. Huber, Das BverG und die Ausland-Ausland-Fernmeldeaufklärung des BND, in Neue Verwaltungszeitschrif-Beilage, 2020, 9; una sentenza dotata dello “charme der Einfachheit”, nella più critica lettura di M. Löffelmann, Anmerkung, in Juristiche Rundschau, 9, 2020, 515.

[7] In tal senso S. Muckel, Fernmeldeaufklärung im Ausland im BND-Gesetz verfassungswidrig geregelt, in Juristiche Arbeit, 2020, 635, che sottolinea lo sforzo del Tribunale di ripensare l’attività dei servizi segreti all’interno dei crescenti rischi per la sicurezza di carattere globale.

[8] Con il termine “Ausland-Ausland-Fernmeldeaufklärung” si intende l’attività di informazione svolta nei confronti delle comunicazioni tra cittadini stranieri residenti all’estero, attività che, per comodità e per evidenziare la differenza con la sorveglianza nazionale e internazionale, si definirà sorveglianza estero-estero.

[9] Sottolinea il rilievo della sentenza per i profili attinenti alla dogmatica generale dei diritti fondamentali M. Sachs, Grundrechte: Geltung für Ausländer im Ausland, in Juristische Schulung, 2020, 706.

[10] Da ora in poi, per comodità, verrà indicato solo il numero, senza l’indicazione “punto”.

[11] Un contrasto della legge con l’art. 10 GG e con il principio di proporzionalità, oltre che con l’art. 19, c. 3, GG, era già stato individuato da C. Marxsen, Strategische Fernmeldeaufklärung, in Die öffentliche Verwaltung, 2018, 225-226, che scrive prima della sentenza in esame.

[12] Per l’identificazione di queste fasi cfr. C. Marxsen, ivi, 219-220.

[13] Ritiene casuali e vaghi i criteri indicati dal Tribunale per distinguere la tutela dei diritti tra interno ed estero W. Durner, Schiffbruch der BND-Novelle 2016, in Deutsches Verwaltungsblatt, 2020, 953.

[14] Per una critica a questa limitazione, perché limitante la sfera d’azione della Repubblica federale sul piano internazionale, J.H. Dietrich, Ausland-Fernmeldeaufklärung nach §§ 6 ff BNDG (Anmerkung), cit., 180.

[15] Diffusa nella dottrina è la constatazione che il modello cui si ispira il Tribunale è quello inglese dell’Investigatory Powers Act: B. Huber, Das BverG und die Ausland-Ausland-Fernmeldeaufklärung des BND, cit., 8.

[16] Il punto è enfatizzato da quasi tutti i commentatori: cfr. in particolare S. Muckel, Fernmeldeaufklärung im Ausland im BND-Gesetz verfassungswidrig geregelt, cit., 633.

[17] L’art. 1, c. 3, GG, afferma che i diritti fondamentali previsti nei successivi articoli «vincolano la legislazione, il potere esecutivo e la giurisdizione come diritti direttamente applicabili».

[18] J. Habermas, Faktizität und Geltung. Beiträge zur Diskurstheorie des Rechts und des demokratischen Rechtsstaats (1992), trad.it. Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Milano, 1996, 391 ss.

[19] In proposito H.P. Aust, Auslandsaufklärung durch den Bundesnachrichtendienst, cit., 724, sottolinea come l’intento del Tribunale di assoggettare l’attività estera ai vincoli derivanti dallo Stato di diritto e dai diritti fondamentali non sia mai disgiunto dalla considerazione del contesto in cui tali vincoli devono praticamente realizzarsi.

[20] La specificazione è rilevante e su di essa si tornerà nelle conclusioni. Si riporta l’originale: «Das gilt jedenfalls für die Grundrechte als Abwehr gegenüber Überwachungsmassnahmen, wie sie hier in Frage stehen».

[21] C. Marxsen, Strategische Fernmeldeaufklärung, cit., 226, fornisce utili indicazioni sulla dottrina in materia.

[22] Nel precedente del 1999 [BverfGE 100, 313 (363 ss.)], il Tribunale aveva già riconosciuto l’efficacia extraterritoriale dei diritti fondamentali, proprio con riguardo all’art. 10 GG. Non aveva però precisato se il vincolo costituzionale sussistesse anche in assenza di una relazione tra l’azione dei pubblici poteri e il territorio della Repubblica federale.

[23] M. Löffelmann, Anmerkung, cit., 516, suggerisce un argomento simile, osservando che dai lavori di redazione della Legge fondamentale non è possibile ricavare una risposta alla questione dell’efficacia territoriale.

[24] In tal senso B. Reinke, Rights reaching beyond Borders, in Verfassungsblog.de, 30 maggio 2020, 4.

[25] G. Zagrebelsky, Corti costituzionali e diritti universali, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2006, 310.

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