La meta-informazione privilegiata: il giornale di domani e gli abusi di mercato

Corte di giustizia dell’Unione europea, 15 marzo 2022, causa C-302/20, A. c. Autorité des marchés financiers (AMF)

Sommario: 1. Chi deludere? I fatti e la decisione. – 2. Imminente pubblicazione di un articolo come informazione privilegiata. – 3. Contenuto e contenitore: veridicità del primo, rilevanza del secondo. – 4. Un giornalista in possesso di un’informazione privilegiata può stamparla? – 5. Precisione e materialità di una “meta-informazione privilegiata”. – 6. Condotte legittime. Cenni.

  1. Chi deludere? I fatti e la decisione

Sospetto che i lettori delle note a sentenza si dividano in due grandi categorie, forse corrispondenti a diversi profili psicologici. Da una parte quelli che, diligentemente, antepongono la lettura del testo della decisione a quella del commento. Dall’altra parte quelli che iniziano da questo secondo, o comunque scorrono solo superficialmente il provvedimento, sperando di trovare nella nota una sintesi sufficientemente chiara dei fatti, del dispositivo e del ragionamento dell’organo giudicante. L’estensore della nota deve allora navigare tra il rischio di annoiare i primi con la ripetizione e quello di deludere i secondi: sebbene il primo sia un peccato più grave, non sorprendentemente si preferisce spesso evitare il secondo, anche nel tentativo di rendere il proprio scritto autosufficiente. Io commetterò invece (parzialmente) il secondo peccato, limitandomi a un breve cenno al caso che prenderò come spunto per qualche divagazione in tema di abusi di mercato e giornalismo.

Sospetto anche – ma potrei sbagliare – che il gruppo che va subito alla nota sia più numeroso, soprattutto quando la giornata è fitta di impegni e si ha fretta. Ma in questo caso e, ahimè, con molte decisioni della Corte di giustizia, non mi sento di biasimare la scelta. Come vedremo tra poco, la decisione è semplice e tutto sommato condivisibile nel merito, sebbene fornisca una risposta vagamente interlocutoria agli interrogativi posti. Lo stile leggermente robotico e ripetitivo delle motivazioni fa però effettivamente pensare che non è lontano il momento in cui un algoritmo di intelligenza artificiale, adeguatamente istruito, potrà sfornare decisioni sostanzialmente corrette e simili a quanto scriverebbero alcuni giudici umani, sebbene magari non indimenticabili dal punto di vista letterario[1]. Diciamolo pure: senza raggiungere gli estremi dei giudici anglosassoni che in sprazzi di creatività repressa scrivono sentenze in rima (venendo talvolta sanzionati deontologicamente per questo sforzo di fantasia che confina però con l’irrisione delle parti e del procedimento)[2], il tono burocratico e schematico dei giudici di Lussemburgo non invogliano alla lettura.

Bando alle ciance, revenons à nos moutons – il caso origina in Francia. Un giornalista del Daily Mail – nella sentenza chiamato “Sig. A” (certo non per tutelarne l’anonimato, visto che i dettagli consentono facilmente di risalire alla sua identità) –, autore di una seguita rubrica in cui si discutono avvenimenti e rumori di mercato, scriveva nel 2011 e 2012 due articoli su possibili acquisizioni di importanti società quotate, fornendo una serie di dettagli anche sul possibile prezzo. Il prezzo degli strumenti finanziari salì nei giorni immediatamente successivi la pubblicazione di queste notizie e, la conseguente indagine dell’autorità di supervisione francese, l’AMF, disvelò che poco prima della pubblicazione degli articoli erano stati effettuati degli acquisti da soggetti riconducibili a “fonti” del giornalista, il quale aveva loro anticipato il contenuto del contributo in corso di stampa. Il Sig. A veniva così sanzionato dall’Autorità di supervisione francese e, impugnata la sanzione, le vicende processuali portarono il giudice francese adito a promuovere un ricorso pregiudiziale alla Corte di giustizia sulla interpretazione della disciplina europea degli abusi di mercato.

Sebbene il giudice del rinvio e la Corte suddividano le questioni in diversi sotto-punti, essenzialmente esse possono essere ricondotte a due interrogativi: (a) se la circostanza dell’imminente pubblicazione di articoli di stampa che discutono, commentano, corroborano, voci di mercato inerenti un’imminente offerta pubblica d’acquisto possa considerarsi un’informazione privilegiata, con particolare riferimento al requisito della precisione; (b) nel caso in cui la prima domanda abbia risposta positiva, se e a quali condizioni la comunicazione di tale informazione fatta da un giornalista a una sua fonte, specialmente al fine di ottenere ulteriori elementi o verificare la fondatezza di quanto si intende scrivere, possa ritenersi effettuata ai fini dell’attività giornalistica o comunque nel normale esercizio di una professione, e quindi non costituire una violazione del divieto di comunicare a terzi informazioni privilegiate.

Il caso richiedeva l’applicazione della direttiva 2003/6/CE e non del successivo Regolamento (UE) n. 596/2014 (d’ora in avanti, anche “Regolamento MAR” o “MAR”). Si deve però notare che la nozione di informazione privilegiata è rimasta uguale nei due provvedimenti, mentre le esenzioni dal divieto di comunicare si sono ampliate ma trattandosi di disposizioni più miti e favorevoli all’accusato vengono comunque applicate. Conseguentemente, nello spirito di questa nota che, come detto, intende soprattutto prendere le mosse dalla decisione per esaminare in modo più ampio e ad oggi la questione, possiamo ignorare l’evoluzione normativa e concentrarci direttamente sul Regolamento MAR[3].

La Corte risponde innanzitutto che sì, può costituire informazione privilegiata sufficiente precisa quella riguardante l’imminente pubblicazione di un articolo di stampa che riporta voci di mercato su operazioni di acquisizione in particolare se riporta dati puntuali quale il possibile prezzo dell’offerta e in ragione dell’identità del giornalista. Precisa invece che l’effettivo impatto sui prezzi della pubblicazione valutato può corroborare ex post il giudizio di precisione, ma non appare sufficiente a dimostrarlo in assenza di altri elementi. In secondo luogo, la Corte riconosce che l’anticipazione del contenuto dell’articolo nei termini sopra detti può essere ricompresa in una delle ipotesi di comunicazione legittima vuoi perché svolta al fine dell’attività giornalistica, vuoi perché necessaria all’esercizio della professione di giornalista.

  1. Imminente pubblicazione di un articolo come informazione privilegiata

Come accennavo si tratta di soluzioni interpretative del tutto condivisibili, quasi scontate al livello di generalità al quale sono formulate, che lasciano però sullo sfondo temi e problemi ben più ficcanti e stimolanti, o almeno lasciano spazio a ulteriori interrogativi e precisazioni; e d’altro lato suscitano, forse per la loro apodittica sintesi, qualche perplessità.

Il punto di partenza è che la pubblicazione in un quotidiano di dati di fatto, giudizi, valutazioni su eventi che riguardano un emittente o dei titoli può costituire informazione privilegiata. Si noti: non parliamo, a stretto rigore, dei fatti sostanziali di cui tratta l’articolo, bensì della specifica circostanza della pubblicazione dell’articolo. Ci si trova insomma in una situazione non dissimile dalla pubblicazione di un rating, o del giudizio di un importante analista.

Mi spiego: il fatto che un analista ritenga, avendo elaborato informazioni più o meno pubbliche, che un emittente è sopravvalutato, ed è in procinto di esternare il suo giudizio, impone una distinzione. Il giudizio in sé – il possibile contenuto dell’analisi o del rating – potrebbe non essere una informazione privilegiata. Prescindendo per un attimo dalla sua possibile pubblicazione, considerando tale giudizio isolatamente si potrebbe cioè trattare di una conclusione, di un ragionamento, di una congettura di un soggetto sofisticato ma pur sempre basato sull’elaborazione di dati ed elementi che non sono informazioni privilegiate, magari perché singolarmente presi non sono precisi, o sono pubblici. In base al solo MAR, in questi termini questo soggetto potrebbe utilizzare la sua valutazione per operare sui titoli (beninteso, in assenza di altri impegni e divieti): sarebbe infatti il frutto di proprie riflessioni che può essere e viene quotidianamente usato per decidere se e come investire. Di contro, il fatto che il giudizio è in corso di pubblicazione, potrebbe – eccome – essere un’informazione privilegiata: l’agenzia di rating o i suoi dipendenti violerebbero le regole sugli abusi di mercato se vendessero azioni della società valutata il giorno prima dell’uscita di un importante downgrading, speculando sul fatto che il mercato darà peso a tale giudizio.

Una situazione in buona parte analoga è quella del giornalista. Si tratta di un punto fondamentale, forse sottile, forse scontato, ma che va tenuto presente. Di qui però sorgono allora subito almeno tre domande.

  1. Contenuto e contenitore: veridicità del primo, rilevanza del secondo

Prima domanda. Quanto appena esposto vale anche nell’ipotesi in cui le notizie o le valutazioni non siano fondate, non siano veritiere? Ora, troppo facile rispondere che saremmo invece di fronte a una manipolazione, o al caso di comunicazioni ai media con l’intenzione di fuorviare il mercato (art. 21 MAR). A parte il fatto che ciò non è necessariamente corretto, essendovi anche altri elementi costitutivi di queste fattispecie, non è lì che voglio andare a parare. Il punto è in questo caso certamente sottile, ma mi pare sostanziale: proprio siccome l’informazione privilegiata non è tanto – o almeno non direttamente – la possibile opa, bensì la pubblicazione di un articolo che avvalora con dovizia di particolari tale operazione, siamo sicuri che i caratteri di precisione e materialità non vadano verificati, appunto, sul possibile impatto della pubblicazione in sé, piuttosto che sugli elementi fattuali su cui si basa o che descrive o che interpreta, e quindi possano prescindere dal fondamento di tali elementi?

La Corte non risponde su questo, anzi è piuttosto ambigua. Attribuisce rilievo al fatto che l’articolo menziona il prezzo, intendendo ciò come rilevante per la precisione della notizia (torneremo sul punto), ma non mi pare che si possa inferire da questa affermazione una necessaria correlazione tra veridicità dell’articolo e carattere privilegiato dell’informazione circa la sua pubblicazione. In altre parole, ben potrebbe leggersi la decisione nel senso che la specificazione del prezzo concorre – insieme all’autorevolezza del giornalista e della colonna – a dare precisione, attenzione, alla informazione sulla pubblicazione dell’articolo, non necessariamente rilevando sotto il profilo della probabilità dell’acquisizione. Con una metafora: qui è il contenitore (l’articolo) a essere informazione privilegiata, oppure il suo contenuto (l’opa)?

Sono incline alla prima lettura, sebbene scrivendolo mi rendo conto delle obiezioni che questo approccio può suscitare. Parrebbe un poco paradossale che l’imminente pubblicazione di un articolo frutto di fantasia, negligente, che male interpreta e rappresenta la realtà e ne trare conclusioni infondate possa considerarsi informazione precisa e price-sensitive; verrebbe naturale esaminare tale condotta, se mai, con gli occhiali dell’aggiotaggio. Eppure, gli elementi dell’art. 7 MAR possono essere presenti: l’imminente pubblicazione dell’articolo – quali ne siano, in certo modo, i contenuti – riguarda un emittente quotato o titoli negoziati su un mercato rilevante, non è di pubblico dominio, e potrebbe essere sufficientemente precisa e impattare i corsi azionari.

Può sembrare paradossale, ma se si individua correttamente l’evento o la circostanza oggetto di informazione nella pubblicazione dell’articolo, la veridicità del suo contenuto, a mio avviso, sfuma come elemento dirimente. Provo ad argomentarlo con un diverso esempio. Gli amministratori di una società quotata sono in procinto di rendere noti i dati di bilancio, e nel bilancio hanno accantonato un importante fondo rischi errando tuttavia, per eccesso di prudenza, nel calcolare la magnitudine e verosimiglianza del rischio. La rappresentazione economica che ne consegue è quindi decisamente depressa, ma il merito di questa rappresentazione è sbagliato, il rischio non si verificherà e può considerarsi non veritiero. Ebbene, l’imminente pubblicazione di un bilancio (contenitore) che fornisce questa infondata notizia (contenuto), a me pare proprio una informazione privilegiata, con i conseguenti divieti per chi ne è a conoscenza. È così diverso dal caso dell’articolo di giornale? O del rating?

  1. Un giornalista in possesso di un’informazione privilegiata può stamparla?

Sì. Il divieto di comunicare l’informazione a terzi, innanzitutto, avvenendo proprio nell’esercizio della professione di giornalista, deve ritenersi protetto dall’eccezione prevista dal primo comma dell’art. 10 MAR e, in aggiunta, il concetto di “diffusione” (o comunicazione a mezzo stampa) pare diverso da quello di comunicazione selettiva e rientrante nella safe harbor disposta, proprio per i giornalisti e i media, dall’art. 21 MAR. La fonte del giornalista potrebbe aver violato un proprio obbligo di riservatezza, ma il giornalista – salvo diversi limiti di ordine deontologico, contrattuali o derivanti da regole specifiche della professione – non pare vincolato al segreto. È d’altronde e ovviamente proprio questa la funzione della stampa, e una pubblicazione in questi termini elimina la natura privilegiata dell’informazione[4].

  1. Precisione e materialità di una “meta-informazione privilegiata”

Terza domanda, poco sopra accennata: come vanno inquadrati e che peso hanno gli elementi che la Corte cita come spie della precisione dell’informazione? I giudici lussemburghesi collegano la precisione dell’informazione (circa la pubblicazione dell’articolo) essenzialmente a due fattori: l’indicazione del prezzo della possibile offerta, e l’autorevolezza o visibilità del suo estensore. Entrambi questi elementi suscitano qualche perplessità, più il secondo del primo.

Volendo generalizzare, da un lato la decisione suggerisce che lo stesso grado di dettaglio dell’articolo – la cui uscita è stata anticipata dal giornalista alle sue fonti – concorre a rendere la notizia precisa. Ciò è vero o, più correttamente, è vero che confidando i dettagli dell’articolo di imminente pubblicazione il giornalista potrebbe aver reso questa informazione – appunto, la prossima stampa delle notizie/valutazioni – potenzialmente precisa. Ma non sono innanzitutto convinto che ci si possa limitare al mero elemento del possibile prezzo dell’operazione. A seconda dei casi, ben potrebbe essere che anche un articolo nel quale tale indicazione viene omessa sia tale da consentire a un investitore ragionevole di assumere decisioni di investimento: l’analisi dipende da una valutazione di fatto e si possono immaginare situazioni nelle quali anche semplicemente sapere che una certa società ne acquisterà un’altra – meglio, sapere che un è sufficiente, oppure basta fornire altri e meno specifici profili dell’operazione.

Similmente, dubito che l’autorevolezza del giornalista, la diffusione e credibilità della rubrica o della testata, siano fattori, da un lato, facili da soppesare; e, dall’altro, necessariamente collegati alla nozione di precisione dell’informazione. Se l’evento o circostanza oggetto di informazione privilegiata è semplicemente l’imminente pubblicazione dell’articolo, come dicevamo, allora la precisione attiene – semplificando – la probabilità con la quale esso sarà effettivamente pubblicato. Sicuramente tanto più l’articolo è generico e vago, e tanto più il suo autore e sede sono oscuri, tanto meno verosimile è che chi ne conosce in anticipo il contenuto possa sfruttarlo per anticipare il mercato; si tratta però di elementi che pur non privi di rilievo nel giudizio di precisione, paiono confinare con, se non sconfinare nel, terreno della price sensitivity.

È ben noto come l’approccio europeo agli abusi di mercato, diversamente da quanto accade in USA, distingua nettamente il giudizio di precisione e quello di materialità[5]. Il primo è superato solo se l’evento o circostanza sono più probabili che non; solo verificata questa prima condizione si passa a valutare la materialità, e su questo secondo fronte analiticità e puntualità delle informazioni, così come credibilità e visibilità del giornalista, possono giocare un ruolo. Proprio in un caso come il nostro, nel quale in fondo si parla di una “meta-informazione” (un’informazione – la pubblicazione dell’articolo – su una informazione – la progettata opa), si vede allora bene come in realtà, concretamente, tra precisione e capacità di incidere sui prezzi esistono spesso legami, se non altro sul piano logico, non facili da districare[6].

Insomma, dal punto di vista degli elementi che la sentenza indica come parametri del giudizio di precisione, si leggono nelle motivazioni delle considerazioni di buon senso, né irrilevanti né errate, che però non forniscono a mio avviso dei criteri particolarmente prescrittivi, appaiono più facili da annunciare che da applicare, e che comunque – il gioco di parole è inevitabile – non sono particolarmente “precisi” come misure della precisione.

Infine, sempre sul fronte della precisione, la Corte accenna che l’impatto sui prezzi effettivo della pubblicazione dell’articolo può corroborare il giudizio di precisione. Anche qui, questo elemento mi pare piuttosto confermare, ex post, che gli investitori abbiano utilizzato quella informazione – l’uscita del pezzo – nelle proprie decisioni. Mi pare cioè riguardare soprattutto la price sensitivity. La precisione della informazione circa l’imminente pubblicazione di un articolo che afferma una prossima opa a certe condizioni, lo ribadisco, a mio avviso sta essenzialmente nella probabilità che l’articolo esca.

  1. Condotte legittime. Cenni

In merito alle condotte esenti, la Corte riconosce giustamente che la comunicazione del contenuto di un prossimo articolo da parte di un giornalista a una sua fonte per ottenere ulteriori elementi e corroborare quelli di cui dispone, anche se informazione privilegiata, può considerarsi legittima vuoi perché svolta nell’ambito dell’attività giornalistica (art. 21 MAR), vuoi perché effettuata nell’esercizio di una professione (art. 10 MAR). Fermo il divieto di operare e delle altre condotte abusive della fonte che viene così informata, il giornalista non ha violato la legge. Anzi, quello di verificare le proprie informazioni è un vero dovere, almeno deontologico, del giornalista.

I giudici non si spingono a fornire particolari criteri per specificare questo concetto, ma è probabilmente giusto così: rischierebbe di essere un esercizio teorico, o eccessivamente formale, rispetto a un giudizio che può essere solo funzionale e di fatto. Certo non voglio tentare io una simile strada, mi limito a due chiose.

La prima, forse ovvia, è che deve esservi una ragione strumentale alla comunicazione, una certa correlazione tra necessità di condividere l’informazione e corretto svolgimento dell’attività pubblicistica, tenendo anche conto delle regole deontologiche e delle migliori prassi della professione. Qui aleggiano, anche nelle motivazioni della sentenza in commento, due espressioni: da un lato, si parla di “necessità” di condivisione, in particolare con riferimento all’art. 10 MAR; dall’altro di “proporzionalità” tra comunicazione del giornalista e inchiesta e verifica delle notizie e contenuti dello scritto. Possono considerarsi sfumature ma è chiaro che i due concetti sono diversi, un test di “necessità” è certamente, a rigore, più stringente di uno di “proporzionalità”. Non mi pare però che si debba dare troppo peso a questi dati: il punto di caduta è che la divulgazione da parte del giornalista deve avere una ragione sostanziale, un rapporto di strumentalità con l’esercizio della professione, rapporto che nel concreto è nel nostro caso probabilmente ancor più difficile da definire rigidamente che rispetto ad altre attività professionali. I le regole e i codici deontologici dei giornalisti, degli organi di stampa e delle relative organizzazioni professionali, quanto presenti, possono giocare un ruolo rilevante nel suggerire i confini delle condotte corrette. Senza possibilità di approfondire, tuttavia, una rapida ricognizione dei principali documenti, almeno nel nostro Paese, mi porta a dire che non si trovano (ancora?) indicazioni di particolare utilità in relazione alla gestione delle informazioni privilegiate[7].

Una seconda e conclusiva osservazione è che ritengo l’ombrello protettivo offerto dall’attività giornalistica, per evidenti ragioni legate alla sua funzione, tendenzialmente più ampio di quello rappresentato dal «normale esercizio di un’occupazione, una professione o una funzione». Una distinzione al margine, intendiamo, ma si deve cogliere nella previsione di cui all’art. 21 del MAR, e nel suo rinvio alle norme (anche di prassi) che disciplinano i giornalisti, la volontà di proteggere in modo particolarmente intenso libertà di espressione e di stampa.

[1] N. Aletras – D. Tsarapatsanis – D. Preoţiuc-Pietro – V. Lampos, Predicting Judicial Decisions of the European Court of Himan Rights: A Natural Language Processing Perspective, in PeerJ Computer Science, 2016. Sia anche consentito rinviare, per una giornalistica descrizione del fenomeno, a M. Ventoruzzo, Il giudice robot, affascinante e spaventoso, in lavoce.info, 23 ottobre 2018 (a scanso di equivoci, l’autore non aveva comunicato l’imminente pubblicazione di questo articolo a nessuna fonte).

[2] Tra le molte discussioni si veda da ultimo J. Davis, Poetic Decisions, in blogs.loc.gov, 30 aprile 2018.

[3] Avendo già deluso i lettori che si aspettavano una dettagliata descrizione della decisione europea, deluderò anche quelli che desierebbero un fitto apparato bibliografico, invocando anche il fatto che al momento in cui si scrive non risultano editi commenti particolarmente analitici della sentenza (si v. però P. Oudin, Insider Trading, Market Efficiency and Journalism: A Discussion of the CJEU’s Daily Mail Case, in law.ox.ac.uk, 23 marzo 2022), e che le regole e i principi applicati sono piuttosto noti e comunque non sono stati approfonditamente studiati, almeno nella dottrina giuscommercialistica, come applicati all’attività giornalistica. Mi limito a ricordare un paio di fonti che offrono un esame generale del MAR: M. Ventoruzzo – S. Mock, Market Abuse Regulation. Commentary and Annotated Guide, Oxford, 2022; S. Seminara, L’informazione privilegiata, in M. Cera – G. Presti (a cura di), Il Testo Unico finanziario, Bologna, 2020, 2124 ss.; F. D’Alessandro, Market Abuse, ivi, 2166 ss.

[4] La Carta dei doveri dell’informazione economica e finanziaria, approvata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti nel 2018, prevede espressamente al punto 3) che: «Il giornalista può utilizzare o diffondere esclusivamente nell’ambito dell’esercizio della professione informazioni economiche e finanziarie riservate di cui sia venuto a conoscenza. Non può utilizzarle o diffonderle per finalità connesse al profitto personale o di terzi, né può influenzare o cercare di influenzare l’andamento del mercato diffondendo elementi o circostanze subordinati agli interessi propri o di terzi». Doveri aggiuntivi si pongono laddove un giornalista fornisca anche raccomandazioni di investimento, nozione però un poco ambigua in questo contesto: dove finisce un articolo di stampa che parla positivamente di una società, e dove inizia un suggerimento? Per approfondire alcuni di questi profili, tangenti al cuore della nota e alle competenze del suo autore, sia consentito rinviare a uno studio di qualche anno fa ma che, quanto all’analisi dei principi appare ancora attuale: C. Malavenda – C. Melzi d’Eril, Abuso di mercato e informazione economica. I giornalisti e le nuove regole, Padova, 2007.

[5] CGUE, C-19/11, Markus Gelt c. Daimler AG (2012). Cfr. S. Gilotta – F. Raffaele, Informazione privilegiata e “processi prolungati” dopo la Market Abuse Regulation, in Riv. soc., 2018, 83 ss.

[6] Sul punto si v. C. Di Noia – M. Gargantini, Issuers at Midstream: Disclosure of Multistage Events in the Current and Proposed EU Market Abuse Regime, in European Company and Financial Law Rev., 9(4), 2012, 484 ss., che correttamente osservano come «precision is reached when the event is more likely to happen rather than not to», chiarendo coerentemente anche che «some sort of combined probability of the two elements (plausibility of the event or set of circumstances and expected price variation) may be needed when performing the reasonable investor test, but this would not trigger the duty to disclose unless the event is likely to happen» (rispettivamente a 496 e in nt. 36).

[7] Si v. ad esempio Codice deontologico dei giornalisti a cura dell’Ordine dei giornalisti, il Testo Unico dei doveri del giornalista e, soprattutto, la Carta dei doveri dell’informazione economica e finanziaria, dove anzi è naturalmente specificato che il giornalista deve verificare le informazioni di cui dispone rivolgendosi a più fonti affidabili.

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