Il documento di intesa in materia di informazione giudiziaria approvato a Milano: una sana iniezione di trasparenza

Sommario: 1. Una premessa speranzosa. – 2. Un precedente partenopeo. – 3. La storia del presente documento. – 4. La nozione di interesse pubblico e l’accesso alle ordinanze di custodia cautelare. – 5. Il provvedimento attuativo della Procura e il recente divieto di pubblicazione delle ordinanze cautelari. – 6. Un giudizio complessivo sul Protocollo. 

 

  1. Una premessa speranzosa

Non è che ci volesse molto, eppure ci è voluto tanto. Tuttavia ora acquista maggiore concretezza la possibilità di una informazione giudiziaria, meglio di una cronaca giudiziaria, più efficace perché trasparente, meno condizionabile perché equilibrata. Il protocollo sull’accesso ai più delicati atti giudiziari, le ordinanze di custodia cautelare, sottoscritto a fine anno a Milano da tutti gli stakholders del processo penale, magistrati e avvocati in primo luogo, ma anche giornalisti come titolari del diritto a informare, è destinato a costituire un punto di riferimento. In netta controtendenza rispetto a un clima e a provvedimenti che dietro l’attrito tra diritto di cronaca ed esigenze di tutela della privacy si schermano per concretizzare misure che nel nome della seconda irragionevolmente comprimono il primo. Nulla di nuovo sotto il sole, naturalmente, visto che tra le più abusate, ma sempre ricorrenti, espressioni del dibattito, ad andare cauti, degli scontri, a essere più realisti, tra informazione e politica c’è quella proverbiale ormai di “legge bavaglio”.

 

  1. Un precedente partenopeo

Ora, il documento milanese ha molti meriti e qualche precedente. Quanto a questi ultimi, almeno da ricordare è l’ordine di servizio firmato dall’allora capo della Procura di Napoli Giovanni Melillo. Allora, si trattò di una decisione interna che, oltre a contribuire a disinnescare cortocircuiti sempre censurabili tra informazione e soggetti “a conoscenza dei fatti” (giudici, Pm, forze dell’ordine, avvocati), andava nella direzione di quelle prassi virtuose di cui gli uffici del pubblico ministero allora erano stati protagonisti, basti pensare alla circolare di autoregolamentazione interna sulle intercettazioni e sui contenuti estranei al procedimento penale.

La leva giuridica utilizzata era quella dell’articolo 116 del Codice di procedura penale, in base al quale «durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti», nel perimetro del quale vengono riconosciti anche i giornalisti. Con particolare riferimento agli atti compiuti nella fase delle indagini preliminari per i quali è cessato l’obbligo di segretezza e, in particolare, i provvedimenti cautelari.

L’ordine di servizio di Melillo sottolineava di volere considerare il rilascio della copia funzionale al corretto esercizio del diritto di cronaca e all’interesse della pubblica opinione a essere correttamente informata. Nello stesso tempo, richiamando la necessità della valutazione del Procuratore sulla richiesta di accesso, ne fissava le condizioni. Il rilascio della copia, innanzitutto, non doveva interferire con le indagini in corso e piuttosto avvenire nel rispetto del principio di riservatezza; non doveva danneggiare i diritti dei soggetti coinvolti nel procedimento o di persone estranee; doveva avvenire, evitando la comunicazione di dati sensibili e la diffusione di notizie e immagini che potevano colpire la dignità delle vittime. Toccava comunque ai Procuratori segnalare, su indicazione dei titolari dei fascicoli, i provvedimenti giudiziari, non coperti da segreto, suscettibili di diffusione e relativi a casi di particolare gravità, delicatezza e rilevanza, insomma quelli di maggior interesse per l’informazione.

 

  1. La storia del presente documento

Adesso, in un contesto normativo con significativi cambiamenti, primo tra i quali la direttiva sulla presunzione di innocenza e la sua disciplina di recepimento nell’ordinamento nazionale, è invece il tribunale di Milano a fare da punto di riferimento. È a Milano infatti che su iniziativa del presidente Fabio Roia, nella primavera 2023, è stato avviato un confronto che ha coinvolto sia gli operatori del diritto, magistrati (Tribunale e Procura) e avvocati (Ordine forense e Camere penali) sia i professionisti dell’informazione con l’intervento del locale Ordine dei giornalisti.

L’intenzione, dichiarata e condivisa dal gruppo di lavoro, è stata quella di coniugare presunzione di innocenza e corretta e completa informazione, attraverso l’elaborazione di principi comuni e regole operative. Espressamente estraneo al perimetro di applicabilità del protocollo è l’ambito della diffusione illecita di atti coperti da segreto o per i quali esiste divieto di pubblicazione; “in entrambi i casi, si concorda che le condotte in violazione delle norme penali (articoli 326 e 684 del Codice penale), fatte salve le eventuali responsabilità disciplinari, dovranno essere perseguite con assoluta fermezza e attivazione investigativa, nell’interesse delle persone coinvolte, del procedimento penale e del sistema dell’informazione tutto”.

 

  1. La nozione di interesse pubblico e l’accesso alle ordinanze di custodia cautelare

Due le conclusioni condivise raggiunte dal gruppo di lavoro su altrettanti punti cruciali dell’informazione giudiziaria: la nozione di interesse pubblico cui il decreto di recepimento della direttiva sulla presunzione d’innocenza àncora la comunicazione delle Procure e l’accesso alle ordinanze di custodia cautelare e agli atti a queste equiparabili.

Sul primo, l’interesse pubblico che consente al Procuratore della Repubblica di divulgare informazioni sui procedimenti penali (o di autorizzare la Polizia Giudiziaria a fornire informazioni tramite comunicati stampa) è strettamente connesso alle esigenze del procedimento penale o alla particolare gravità del reato. Per esempio, si è convenuto di individuare l’esistenza di un interesse pubblico per motivi di sicurezza (è il caso per esempio del rischio ambientale o di altre situazioni di pericolo per la collettività); quando è necessario fornire informazioni oggettive sullo stato del procedimento penale per ragioni di ordine pubblico oppure per ragioni di prevenzione di altri reati. A mo’ di norma di chiusura, quando la notizia è già stata diffusa e ha assunto rilevanza pubblica, possono essere forniti ai giornalisti chiarimenti sullo stato del procedimento, per consentire una corretta rappresentazione dei fatti ed evitare informazioni erronee, imprecise o distorte.

Sulla determinazione invece dell’interesse dell’informazione all’accesso agli atti, sulla base dell’articolo 116 del Codice di procedura penale, del protocollo fa parte anche un dettagliato elenco messo a punto dall’Ordine dei giornalisti che lo considera esistente quando:

  • il crimine in questione è molto grave o ha caratteristiche tali da incidere nella quotidianità di una comunità, di una città o della vita civile nazionale, o nella visione del mondo dei lettori, anche sotto il profilo etico e di costume;
  • c’è una connessione o una contraddizione tra un ufficio, un mandato, un ruolo sociale o una funzione anche professionale di una persona e l’azione per la quale è accusata, soprattutto – ma non solo – se le è richiesto il rispetto della credibilità, della fiducia dei cittadini e del decoro;
  • c’è una connessione tra la posizione di una persona nota, anche a livello locale o in ambienti ristretti ma rilevanti per la vita sociale, e il crimine di cui è accusato oppure se il crimine di cui una persona è accusata è contraria alla sua immagine pubblica;
  • un crimine grave è commesso in pubblico;
  • è stato effettuato un arresto in flagranza;
  • è stato emesso un mandato d’arresto o un fermo su iniziativa della polizia giudiziaria;
  • in tutti gli altri casi in cui l’attenzione del pubblico abbia inequivocabilmente mostrato una solida rilevanza sociale e civile per il procedimento;
  • in tutti quei casi dove l’azione del potere giudiziario limita la libertà personale dell’individuo e dunque è soggetta all’interesse giornalistico in funzione democratica, sia in fase di indagine preliminare sia in fase processuale, anche con specifico riferimento alla tutela della presunzione di innocenza nel processo penale.

 

  1. Il provvedimento attuativo della Procura e il recente divieto di pubblicazione delle ordinanze cautelari

A valle del protocollo, il presidente Roia ha poi diffuso un provvedimento attuativo del protocollo che da una parte, in sintonia con le Linee guida del Csm sulla comunicazione istituzionale degli uffici giudiziari, prevede l’emanazione di un’informazione provvisoria con chiarimenti puntuali quando il solo dispositivo della decisione non è di facile lettura, dall’altra, nel caso di adozione di misure cautelari e (non solo quelle personali ma anche quelle reali) e se esiste un interesse alla diffusione nei termini delineati dal protocollo autorizza il rilascio di copia del provvedimento al giornalista interessato. Alla richiesta potrà rispondere la stessa presidenza del Tribunale oppure, su delega, quella dell’ufficio Gip-Gup.

Più che una semplice suggestione provocata dalla coincidenza cronologica è poi il sovrapporsi degli esiti del tavolo di confronto milanese alla definitiva approvazione da parte di Governo e maggioranza della disciplina di rafforzamento della presunzione d’innocenza, cristallizzata nell’istituzione di un divieto di pubblicazione, in nulla imposto da vincoli comunitari peraltro come precisato dal commissario europeo alla Giustizia Michael McGrath in risposta a un’interrogazione, del testo integrale o anche solo di estratti delle ordinanze che dispongono misure cautelari personali.

 

  1. Un giudizio complessivo sul Protocollo

Il protocollo e le misure attuative di Milano non sono inconsapevoli del nuovo quadro normativo e tuttavia sposano una posizione condivisibile, nel segno della responsabilizzazione degli organi di informazione: in sostanza il divieto di pubblicazione non compromette il diritto a potere disporre dell’atto integrale sul quale esercitare, nei modi voluti dal legislatore, la cronaca giornalistica.

Una sommessa conclusione allora: se ha un merito la via ambrosiana alla identificazione di un percorso che tenga insieme con la minore forza conflittuale interessi e posizioni anche divergenti tra i protagonisti dell’informazione giudiziaria è di contribuire ad attenuare alcune delle storture evidenziate dall’affermarsi del modello mediatico di processo penale. La libertà di accesso agli atti giudiziari non più coperti da segreto, nella trasparenza, con regole chiare, è una forma di garanzia per tutti e anche una maniera per potere controllare e rendere informata l’opinione pubblica dell’attività della magistratura, in una stagione in cui il recupero di credibilità non può che passare anche dal confronto con il diritto di cronaca.

 

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