L’articolo prova a offrire un quadro sistematico delle tendenze della giurisprudenza italiana, nei casi relativi alla rimozione da parte dei social media di pagine o account di movimenti politici, a causa della presenza in essi di contenuti d’odio. L’autore individua tre orientamenti giurisprudenziali, differenti non solo nell’esito ma anche nell’interpretazione di quale sia la natura giuridica di una piattaforma, quali limiti incontri nella definizione delle condizioni contrattuali, quale sia il rapporto tra esercizio delle libertà politiche e social network, quali diritti gli utenti (e specie le formazioni politiche) possano vantare nei suoi confronti e quale sia lo spazio di intervento dei pubblici poteri nella sua regolazione. In ultimo, l’autore prova a prospettare alcune strategie che consentano, alla luce dei principi del costituzionalismo classico e della normativa europea, di limitare i discorsi d’odio ponendo al contempo un freno al potere di cui godono le principali piattaforme digitali.
The essay attempts to offer a systematic overview of the trends in Italian jurisprudence, in cases related to the removal by social media of pages or accounts of political movements, due to the presence of hateful content in them. The author identifies three jurisprudential orientations, differing not only in the outcome but also in the interpretation of what is the legal nature of a platform, what limits it encounters in the definition of contractual conditions, what is the relationship between the exercise of political freedoms and social networks, what rights users (and especially political groups) can claim against it, and what is the space is available for public authorities to intervene in its regulation. Finally, the author tries to outline some strategies that would allow, in light of the principles of classical constitutionalism and European law, to limit hate speech while curbing the power enjoyed by major digital platforms.