Con il provvedimento del 21 aprile scorso, il Garante per la protezione dei dati personali si è (finalmente) interessato alla mediazione in materia civile e commerciale.
Il provvedimento delimita le tipologie di dati personali che possono essere trattati e le operazioni eseguibili durante la procedura di mediazione che possono essere fatti rientrare nelle finalità di cui al citato art. 71, comma 1, lett. b) del D. Lgs. 196/2003 (Codice della privacy).
La norma citata è quella che stabilisce che “si considerano di rilevante interesse pubblico, ai sensi degli articoli 20 e 21, le finalità (…) volte a far valere il diritto di difesa in sede amministrativa o giudiziaria, anche da parte di un terzo”, letto in combinato disposto con il secondo comma del medesimo art. 71, secondo cui “quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se il diritto da far valere o difendere, di cui alla lettera b) del comma 1, è di rango almeno pari a quello dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”.
In virtù del provvedimento in esame, gli organismi (e, di conseguenza, i mediatori nominati per le singole procedure) potranno trattare “lo stato di salute (patologie attuali e pregresse, terapie in corso) e la vita sessuale, nonché l’origine razziale e etnica, le convinzioni religiose, filosofiche e d’altro genere, le convinzioni politiche e sindacali (art. 4, comma 1, lett. d), d.lg. n. 196/2003). Dati di carattere giudiziario” fornite dalle parti che partecipano alla mediazione.
Un’enorme ed incomprensibile lacuna attiene alla mediazione c.d. facoltativa, nella quale, ai sensi del D. Lgs. 28/2010, si deve far rientrare sia la mediazione tentata dalle parti anche laddove non sia condizione di procedibilità, nonché quella intrapresa su invito del giudice. Il provvedimento del Garante, nel descrivere il trattamento effettuato, afferma che gli organismi trattano “i dati sensibili e giudiziari forniti dalle parti nell’ambito dell’attività di mediazione obbligatoria finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”.
Quid juris in caso di mediazione facoltativa? È ammissibile un’estensione analogica anche alle mediazioni facoltative, anche in presenza di sanzioni penalistiche in caso di trattamento illecito dei dati personali?
Il provvedimento stabilisce altresì che, nel caso in cui sia indispensabile, il verbale di conciliazione (rectius: l’accordo allegato al verbale stesso) o la proposta del mediatore “possono contenere dati sensibili e giudiziari relativi alle parti o a terzi”: una precisazione corretta, per quanto tratti un’ipotesi, francamente, piuttosto improbabile.
Nella medesima data, il Garante ha altresì deliberato un’autorizzazione generale che abbraccia i dati sensibili trattati nell’attività di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
L’autorizzazione avrà una durata circoscritta nel tempo e sarà valida “fino al 30 giugno 2012, ciò in quanto entro tale periodo di tempo dovrebbero essere ultimati gli adempimenti necessari per dare attuazione all’art. 16 del d.lg. n. 28/2010 secondo i criteri indicati dall’art. 4 del d.m. n. 180/2010 con conseguente completamento del quadro normativo di riferimento”.
Un’ulteriore autorizzazione, sempre del 21 aprile, ha riguardato poi dati a carattere giudiziario correlato all’attività di mediazione. Un’autorizzazione ad hoc si è resa necessaria poiché l’autorizzazione generale n. 7/2009, non menzionava la mediazione tra le attività oggetto dell’autorizzazione stessa.
In questo caso, i dati trattati non si riferiscono unicamente ai soggetti che partecipano alla procedura di mediazione, ma riguardano anche i dati giudiziari relativi ai mediatori ed ai soggetti che sono soci, associati, amministratori e rappresentanti degli organismi privati.
Il D.M. 180/2010, art. 4, comma 2, lett. c), stabilisce che il responsabile del registro degli organismi accreditati presso il Ministero della Giustizia sia chiamato a controllare che tutti i soggetti menzionati siano in possesso dei requisiti di onorabilità conformemente a quanto previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Tale disposizione normativa prevede i requisiti di onorabilità sussistano nel caso in cui non si siano riportate condanne per delitti non colposi con pena non sospesa, l’interdizione dai pubblici uffici, ovvero non si sia stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza o sanzioni disciplinari diverse dall’avvertimento. Si tratta, quindi, di dati giudiziari (tranne, invero, nell’ultima ipotesi menzionata) ed, in assenza di un’autorizzazione generale, sarebbe quindi necessario osservare le procedure “rafforzate” per il trattamento dei dati non ordinari.
Stranamente – che, a chi scrive, appare il frutto di una mera dimenticanza – è l’esclusione, tra i soggetti cui i dati si riferiscono, dei formatori dei corsi per divenire mediatori che, al pari delle altre categorie precitate, devono essere in possesso dei requisiti di onorabilità (cfr. art. 18, comma 3, lett. b del D.M. 180/2010).
Anche l’autorizzazione generale per i dati giudiziari, al pari di quella per i dati sensibili, sarà valida sino al 30 giugno 2012.