Dopo la lunga stagione delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni, la crisi del 2008 ha drasticamente ridotto la fiducia nel mercato determinando nell’Unione europea il riemergere delle “politiche industriali”. L’intervento pubblico assume oggi forme tuttavia nuove rispetto al passato, che sembrano avvalersi degli strumenti della regolazione sino ad immedesimarsi nella regolazione stessa.
Le caratteristiche ed i limiti di tali nuove forme di intervento sono state l’oggetto della mattina di studi organizzata il 29 maggio presso la sede dell’AGCOM dalla Rivista della Regolazione dei mercati, a partire dal saggio di Mark Thatcher (LSE) dal titolo “From old to new industrial policy via economic regulation”.
Con il coordinamento di Eugenio Bruti Liberati (Università del Piemonte Orientale), il tema è stato discusso dallo stesso autore Mark Thatcher con Tullio Fanelli (Enea), Luisa Torchia (Università Roma Tre) ed Angelo Marcello Cardani (AGCOM).
Mark Thatcher ha sottolineato come le privatizzazioni non abbiano affatto segnato la fine delle politiche industriali, che sono attuate oggi dalla Commissione europea e dai Governi dei Paesi membri in molteplici forme, con la creazione dei grandi “Campioni nazionali” ed il ruolo cruciale delle banche centrali.
Secondo Tullio Fanelli nella “politica industriale” rientrano tutti gli interventi pubblici, comunque finalizzati, che abbiano effetti diretti ed indiretti sulle imprese. Pur facendo parte delle politiche industriali in tale ampia accezione, la regolazione si distingue in quanto demandata ad “Autorità indipendenti” che, proprio in virtù della loro indipendenza dai Governi nazionali, sono in grado di comporre interessi confliggenti quali quelli attinenti all’allocazione ed alla redistribuzione delle risorse economiche.
Per Luisa Torchia lo scenario attuale è caratterizzato dall’emersione delle reti dei regolatori europei (ad es. il BEREC), dotati di conoscenze tecniche ed informazioni tratte direttamente dai mercati attraverso pubbliche consultazioni. I regolatori hanno dunque le capacità e le competenze per elaborare regole unitarie coerenti a livello europeo, secondo prospettive che dovrebbero essere di medio-lungo periodo, svincolate dalla contingenza delle alternanze politiche. In tale quadro diventa essenziale prevedere meccanismi correttivi degli eventuali errori in cui i regolatori possano incorrere, essendo assodato che, se per i Governi la “correzione” avviene teoricamente in sede di voto elettorale, non altrettanto può accadere per soggetti che non sono democraticamente eletti.
Con immagini suggestive Angelo Marcello Cardani ha proposto una definizione di “politica industriale” come “intervento arrogante” che porta il Governo a sostituirsi al mercato laddove questo risulti troppo “stupido, tirchio o povero” per raggiungere gli obiettivi prefissati. Anche sulla base della propria esperienza diretta in Commissione europea nel periodo 1999-2004, il presidente Cardani ha ritenuto che non si possa imputare un uso in chiave “politica” (nell’accezione negativa di “politicizzata”) dell’azione comunitaria in materia di concorrenza.
Molto animato il dibattito suscitato dalle relazioni al termine dell’incontro che, secondo quanto auspicato dagli organizzatori, ha inteso avviare un confronto che potrà proseguire ed approfondirsi sulle prossime pagine della Rivista della Regolazione dei mercati.