E’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 17 novembre la Delibera n. 550/12/CONS, con la quale l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Autorità o AGCOM) ha avviato la consultazione pubblica sullo Schema di provvedimento contenente le regole per l’assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale terrestre (“Schema”).
La consultazione pubblica si concluderà il 17 dicembre p.v., termine per l’invio delle osservazioni da parte degli stakeholder. Al termine della consultazione l’Autorità, alla luce dei contributi ricevuti, potrà apportare nuove modifiche al testo dello Schema di regolamento che, una volta definito, verrà inviato alla Commissione Europea ai fini dell’acquisizione del relativo parere circa la conformità delle regole di gara con il diritto UE.
In via preliminare, si deve precisare che lo Schema sottoposto a consultazione ha, in linea con quanto previsto dal Legislatore con legge n. 44 del 2012, abbandonato il beauty contest (quale procedura di gara) stabilendo invece che l’assegnazione delle frequenze televisive DTT avvenga sulla base del parametro dell’ “offerta economica più elevata” (al pari di quanto avvenuto per l’assegnazione delle frequenze 4G).
L’Autorità sulla base dei principi contenuti nell’art. 3-quinquies della legge n. 44/2012, ha altresì ridefinito la composizione dei lotti in gara.
In particolare, i lotti sono suddivisi in due sottoinsiemi L e U.
- Nel sottoinsieme U sono contenute le frequenze sopra i 700 Mhz (precisamente i canali 54, 55, 58, 59): si tratta delle frequenze più pregiate con una copertura su tutto il territorio italiano.
- Nel sottoinsieme L sono invece contenute le frequenze sotto i 700 Mhz (precisamente i canali 6, 7, 25, 23, 24, 28): caratterizzate da una copertura nettamente inferiore rispetto a quelle del sottoinsieme U.
L’Autorità, in linea con l’accordo raggiunto nell’ambito della Conferenza Mondiale delle Radiocomunicazioni di Ginevra (WRC-2012) per attribuire, a partire dal 2015, la banda 700 Mhz al broadband mobile (anche se su base co-primaria con il broadcasting), prevede un diverso trattamento temporale per i diritti d’uso delle frequenze dei due sottoinsiemi.
Infatti, al fine di garantire la tempestiva destinazione delle frequenze agli operatori tlc, i diritti d’uso delle frequenze sopra i 700 Mhz (sottoinsieme U) scadano il 31 dicembre 2017. I diritti d’uso delle frequenze del sottoinsieme L, frequenze destinate alla sola televisione, invece scadono nel 2032.
In estrema sintesi lo Schema, al fine di assicurare la piena conformità della regolamentazione in materia di assegnazione delle radiofrequenze ai principi stabiliti dal diritto comunitario e al fine di garantire un effettivo ingresso di nuovi operatori, nonché l’espansione degli operatori esistenti minori nel mercato radiotelevisivo italiano prevede:
- che i tre multiplex composti da frequenze sotto la banda 700 Mhz, sottoinsieme L, siano riservati ai soggetti nuovi entranti e ai piccoli operatori esistenti, consentendo altresì ad operatori che già detengano due multiplex, o siano già attivi su altre piattaforme, di poter acquisire almeno alcuni dei multiplex riservati. Inoltre, i multiplex riservati non possono essere utilizzati per la trasmissione di programmi che appartengono esclusivamente all’offerta commerciale di operatori che hanno raggiunto la soglia massima di cinque multiplex;
- in linea con le soglie massime già fissate dalla delibera n. 181/09/CONS, che le offerte di gara siano assoggettate ad un “cap” fissato ad un livello tale da impedire che nessun operatore possa arrivare a detenere, all’esito della gara, più di cinque multiplex nazionali DVB-T. In caso di richiesta di riesame, nell’ambito della gara, delle limitazioni dei diritti d’uso già assegnati, secondo quanto previsto all’art. 14-bis del Codice delle comunicazioni elettroniche, l’Autorità ed il Ministero devono tener conto dell’eventuale raggiungimento del “cap” di cinque multiplex DVB-T da parte dell’operatore richiedente;
- un obbligo di cessione del 40% della capacità trasmissiva del quinto multiplex aggiudicato a favore di fornitori di contenuti indipendenti da parte degli incumbent per la durata del corrispondente diritto d’uso e a condizioni orientate al costo. La capacità oggetto di riserva non può però essere utilizzata per trasmettere contenuti che appartengono all’offerta commerciale di operatori che hanno raggiunto il predetto “cap” di cinque multiplex;
- al fine di evitare di ridurre l’attrattività dei multiplex riservati agli operatori nuovi entranti e ai piccoli operatori, l’obbligo di must carry di contenuti in chiaro (i.e. l’obbligo di trasmettere contenuti solo in chiaro) non viene imposto sui multiplex “riservati”. E’ quindi possibile trasmettere contenuti in modalità pay-tv sulle frequenze riservate agli operatori nuovi entranti e ai piccoli operatori (di cui al sottoinsieme L).
Un passo indietro: breve excursus normativo
Come anticipato, spetta ora agli stakeholder esprimere le proprie osservazioni e critiche sullo Schema posto in consultazione. Le regole definite in esito a tale procedimento saranno, inoltre, sottoposte al vaglio della Commissione Europea, passaggio – questo – particolarmente importante avuto riguardo ai complessi antefatti che hanno preceduto l’attuale fase del processo d’assegnazione delle frequenze DTT.
In proposito, si ricorda, infatti, che lo Schema segna solo l’ultimo capitolo della vicenda avviata nel 2006 dalla procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia dalla Commissione Europea ai sensi dell’art. 226 TCE (ora, art. 258 TFUE).
La procedura ha ad oggetto l’incompatibilità di alcune disposizioni legislative nazionali disciplinanti l’assegnazione delle frequenze DTT[1] .
La Commissione Europea segnalava un contrasto tra la normativa italiana in questione e quella europea nella misura in cui l’impianto normativo nazionale garantiva agli operatori già attivi in tecnica analogica l’ingresso nel mercato radiotelevisivo digitale terrestre e al contempo impediva la possibilità di accesso al mercato di nuovi operatori.
Più in particolare, la Commissione Europea contestava la contrarietà rispetto alle direttive comunitarie sopra citate:
- della Legge Gasparri[2] che richiedeva ai fini dell’esercizio dell’attività di rete di radiodiffusione il rilascio di una licenza individuale piuttosto che il conseguimento di un’autorizzazione generale, come previsto dalla “Direttiva autorizzazioni”. In aggiunta, la Legge Gasparri precludeva l’esercizio ai “nuovi operatori”;
- della Legge Gasparri[3] e del Testo Unico della radiotelevisione[4] nella misura in cui, contrariamente alla “Direttiva quadro” e alla “Direttiva autorizzazioni”, da un lato non consentivano l’acquisto o l’utilizzo di frequenze ai fini di trasmissioni in tecnica digitale terrestre da parte di imprese che ancora non svolgevano attività di radiodiffusione e dall’altro non limitavano il numero di frequenze acquistabili dalle emittenti già presenti sul mercato per sostituire i programmi in tecnica analogica con quelli digitali. In aggiunta, gli operatori analogici non erano obbligati a restituire le frequenze utilizzate per le trasmissioni analogiche dopo lo switch-off al fine di liberare le frequenze e poterle assegnare a nuovi operatori sulla base di criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori, come previsto dalla “direttiva quadro”;
- delle norme contenute nella Legge Gasparri[5] e nella legge n. 66/2001 nella misura in cui riconoscevano diritti speciali, vietati ai sensi della “Direttiva concorrenza”, alle emittenti già operanti. Nello specifico, le norme consentivano agli operatori titolari di una sola concessione analogica di continuare le trasmissioni in tecnica analogica fino allo switch-off e di avviare la sperimentazione digitale.
Al fine di adeguare l’ordinamento interno al diritto comunitario, nel 2008[6] l’Italia ha introdotto il regime dell’autorizzazione generale per l’attività di operatore di rete televisiva e nel 2009 è stata adottata dall’Agcom la delibera n. 181/09/CONS con la quale sono stati approvati i criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri.
- In estrema sintesi, la delibera 181/09/CONS pianificava le 21 reti televisive da destinare alla televisione digitale terrestre (DVB-T) prevedendo che: (i) 8 reti si sarebbero dovute assegnare alle emittenti analogiche esistenti; (ii) 8 reti si sarebbero dovute assegnare agli operatori di reti televisive digitali; (iii) ed infine le restanti 5 reti televisive nazionali, il c.d. “dividendo digitale”, si sarebbero dovute assegnare mediante “procedure selettive, basate su criteri obiettivi, proporzionati, trasparenti e non discriminatori, nel rispetto dei principi stabiliti dal diritto comunitario”.
- La delibera n. 181/09/CONS, in un’ottica pro-concorrenziale, specificava che le reti del dividendo digitale messe in gara si sarebbero dovute suddividere in due parti: 1) la Parte A, composta da 3 lotti (i.e. reti/frequenze), riservata ai soggetti nuovi entranti e ad altri operatori esistenti (ad esclusione di quelli che prima della conversione al digitale delle reti analogiche avevano la disponibilità di due o più reti in tecnica analogica); 2) la Parte B, composta da 2 lotti (i.e. 2 reti/frequenze), aperta a qualsiasi offerente.
- Al fine di rendere effettiva la parità di trattamento, nel rispetto del principio di proporzionalità e non discriminazione, la delibera n. 181/09/CONS ha introdotto un cap in base al quale nessun partecipante alla gara avrebbe potuto ottenere, all’esito della procedura, più di 5 multiplex nazionali DVB-T.
In attuazione della delibera n. 181/09/CONS[7], l’Autorità nel 2010, a seguito di una consultazione pubblica, ha approvato con delibera n. 497/10/CONS, in via apparentemente definitiva, “le procedure per l’assegnazione delle frequenze le procedure per l’assegnazione delle frequenze disponibili in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale terrestre e misure atte a garantire condizioni di effettiva concorrenza”.
- Il Regolamento n. 497/10/CONS prevedeva che le frequenze assegnabili venissero suddivise in tre sottoinsiemi: A e B, pianificati per l’uso con sistemi di tipo DVB-T, e C pianificato per l’uso con sistemi avanzati di radiodiffusione digitale in tecnica DVB-H o in alternativa DVB-T2.
- Con riferimento alle modalità di partecipazione alla gara, la delibera n. 497/10/CONS ha stabilito che i diritti d’uso dei lotti in gara nel sottoinsieme A venissero assegnati mediante procedure cui non potessero partecipare operatori esistenti eventualmente integrati che, prima della conversione delle reti analogiche e della razionalizzazione dei canali (multiplex) digitali terrestri, avevano la disponibilità di due o più reti televisive nazionali in tecnica analogica.
- Il regolamento n. 497/10/CONS specificava inoltre che, alla luce della Decisione della Commissione europea del 20 luglio 2010 , l’operatore satellitare Sky potesse partecipare alle procedure per uno solo dei lotti nel sottoinsieme A.
- Così come previsto dalla delibera n. 181/09/CONS, il regolamento n. 497/10/CONS stabiliva il cap massimo di 5 multiplex nazionali DVB-T ottenibili all’esito della procedura.
- Per quanto riguarda le graduatorie, distinte per ciascun sottoinsieme, la delibera n.497/10/CONS prevedeva che venisse attribuito uno specifico punteggio sulla base del piano tecnico dell’infrastruttura, del piano commerciale dell’offerta dei servizi, dei rapporti con l’utenza, delle previsioni di mercato, degli obiettivi commerciali, nel rispetto delle norme di legge applicabili e della struttura d’impresa e delle esperienze maturate nel settore delle comunicazioni elettroniche, con particolare riferimento alla realizzazione di reti di radiodiffusione.
L’8 luglio 2011 il Ministero dello sviluppo economico “in esito ad un approfondito processo di confronto con la Commissione europea che ne ha pienamente condiviso il contenuto e il conseguente regime di allocazione delle frequenze televisive” ha pubblicato il Bando ed il Disciplinare di gara per l’assegnazione di diritti d’uso di frequenze in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale e terrestre, conformemente a quanto previsto dal Regolamento Agcom n. 497/10/CONS.
La gara così avviata si poneva come scopo primario quello di “aprire ulteriormente il mercato televisivo italiano a nuovi soggetti e di chiudere la procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese avviata nel 2006”.
Tuttavia, la procedura di gara avviata nel luglio 2011 ha subito, almeno sino alla pubblicazione dello Schema in esame, un arresto nel corso del 2012.
Infatti, con decreto del 20 gennaio 2012, il Ministero dello Sviluppo Economico ha sospeso per 90 giorni la procedura di gara ritenendo di dover valutare gli esiti della Conferenza mondiale delle radiocomunicazioni di Ginevra e di dover procedere ad un adeguato approfondimento dei profili giuridici relativi ai ricorsi giurisdizionali promossi avverso la procedura di gara.
Successivamente, con legge n. 44 del 26 aprile 2012 il beauty contest è stato definitivamente annullato e sono state definite nuove regole per l’assegnazione delle frequenze televisive digitali terrestri.
In particolare, la legge n. 44/2012 (art. 3-quinquies) ha previsto che, entro il 27 agosto 2012, il Ministero dello Sviluppo economico avrebbe indetto una gara pubblica sulla base di nuove procedure stabilite dall’Agcom.
Il termine del 27 agosto non è stato rispettato e, soltanto con lo Schema in esame, l’Autorità ha fatto il primo passo verso la definizione della nuova procedura di gara.
Tale procedura, in linea con quanto previsto dalla legge n. 44/2012, è stata definita sentiti i competenti Uffici della Commissione Europea, e tale passaggio dovrebbe, finalmente, garantire la conformità delle regole in consultazione con il diritto UE.
Nello specifico, la legge prevedeva e tutt’ora prevede che le procedure vengano formulate nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) assegnazione delle frequenze sulla base di differenti lotti mediante il criterio dell’offerta economica più elevata, assicurando la separazione verticale tra fornitori di programmi e operatori di rete e consentendo l’accesso ai primi a condizioni eque e non discriminatorie, in base ai criteri fissati dall’Autorità;
b) composizione di ciascun lotto in base al grado di copertura, tenendo conto della possibilità di consentire la realizzazione di reti per macro aree di diffusione, l’uso flessibile ed efficiente dello spettro e l’innovazione tecnologica;
c) modulazione della durata dei diritti d’uso di ciascun lotto tale da garantire la tempestiva destinazione delle frequenze agli usi stabiliti dalla Commissione europea in tema di disciplina dello spettro radio.
[1] Si tratta in particolare delle disposizioni contenute nella Legge Gasparri (n. 112/2004) e nel Testo Unico sulla radiotelevisione (d.lgs. 177/2005) con le norme comunitarie contenute nell’articolo 9 della direttiva 2002/21/CE (“Direttiva quadro”), negli articoli 3, 5 e 7 della direttiva 2002/20/CE (“Direttiva autorizzazioni”) e negli articoli 2 e 4 della direttiva 2002/77/CE (“Direttiva concorrenza”) relative alla concorrenza nei mercati delle reti dei servizi di telecomunicazione elettronica.
[2] Art. 23, comma 5.
[3] Art. 23, comma 3.
[4] Art. 27, comma 3.
[5] Art. 25, comma 11 e 23, commi 3 e 5.
[6]Art. 8-novies della L. 101/2008, di conversione del D.L. n. 59/2008
[7] La delibera 181/09/CONS è stata “legificata” a seguito delle modifiche apportate all’art. 8-novies della legge n. 101/2008 dall’art. 45, co. 1, della Legge Comunitaria 2008 (legge n. 88/2009).