Net Neutralità e principio di uguaglianza

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[1] Parlare di net neutrality non è cosa facile perché si tratta di un concetto di non immediata percezione, un fenomeno interdisciplinare che coinvolge questioni eterogenee[2]. Il suo stesso nome non è da tutti considerato idoneo[3] e, infatti, c’è chi suggerisce di pensare a un nome diverso[4]. E, forse, un nome più semplice e potente c’è: uguaglianza.

Dal punto di vista giuridico infatti, la Net Neutrality ha come precedente il principio di uguaglianza, appunto.

Internet non è solo un mezzo di comunicazione. È un luogo, una nuova dimensione[5] dell’agire umano. È uno spazio pubblico[6] in cui esercitiamo diritti, adempiamo doveri e usufruiamo di infiniti servizi[7]. In una parola noi tutti viviamo anche nel c.d. cyberspazio, un territorio tutt’altro che virtuale in cui si esercitano diritti ma anche truffe e reati.

Continuando su questo parallelismo, cosa circola nelle nostre città, nei nostri Stati? Noi.

E cosa circola invece nel nuovo territorio del cyberspazio? I nostri dati. E quindi? Sempre noi.

Internet è un insieme di cavi, nodi, snodi che avvolgono il pianeta e all’interno dei quali passano le informazioni sotto forma di pacchetti di dati. Quei dati siamo noi, le nostre informazioni, i nostri pensieri, i nostri studi, la nostra attività d’impresa o professionale, la nostra vita.

E così come non tolleriamo che discriminazioni di alcun tipo possano limitare i nostri diritti non potremmo tollerare che i nostri dati vengano discriminati su Internet perché anche questa sarebbe una forma di limitazione delle nostre possibilità, dei nostri diritti ma su Internet.

Ecco perché uguaglianza. Il principio di uguaglianza (formale) vieta ogni tipo di discriminazione ad eccezione di quelle necessarie per garantire l’effettivo esercizio dei diritti da parte di tutti (uguaglianza sostanziale)[8].

Questo è, semplificando, ciò di cui si discute quando si parla di Net Neutrality, ossia il principio secondo il quale il traffico dati on line non deve subire discriminazioni irragionevoli[9]. Perché discriminare il traffico dati può voler dire privilegiare alcuni a discapito degli altri, far andare più veloce alcuni e non altri, limitare la libertà di scelta o le possibilità di svolgere attività economiche.

Ecco quindi che la net neutrality altro non è se non la versione digitale del principio di uguaglianza. È quindi quel principio che, imponendo un trattamento a condizioni equivalenti di tutti i dati, assicura l’uguaglianza degli uomini nel nuovo luogo Internet. Assicura che tutti abbiano accesso agli stessi mezzi, le stesse opportunità e gli stessi diritti.

Anche i mari sono spazi di cui l’uomo nel tempo ha acquisito sempre più disponibilità[10].

In questo luogo dapprima non c’era alcuna regolamentazione se non quella tecnica per consentire e migliorare la navigazione. Ciò ha chiaramente agevolato il naturale sviluppo della tecnologia, il libero accesso a questi luoghi, la crescita del commercio e attività varie. Tutto ciò finché un soggetto è diventato più forte degli altri e ha imposto i suoi interessi. Questo perché l’assenza di norme, sul lungo periodo, ha come conseguenza l’applicazione di una sola legge: la legge del più forte.

Qualunque spazio, lasciato a se stesso, perde la capacità di svilupparsi e di crescere in modo uguale per tutti[11]. È questo il momento in cui alla regolamentazione tecnica si è affiancata quella giuridica, al fine di garantire a tutti gli stessi diritti e quindi riconoscere stesse possibilità di crescita e sviluppo[12].

Le stesse dinamiche si possono rinvenire oggi su Internet. Il cyberspazio costituisce un nuovo luogo che, in assenza di normazione giuridica, si è sviluppato autonomamente. E così ha continuato a fare finché all’esercizio dei diritti si è affiancata la loro repressione, a volte anche inconsapevolmente. Anche qui, a un certo punto, le regole tecniche non sono più sufficienti ma servono norme giuridiche che garantiscano a tutti pari opportunità, pacifica convivenza, sviluppo, concorrenza leale[13].

A tal riguardo, e a riprova di quando detto, può essere utile rilevare come si sia passati dalla proclamazione della famosa “dichiarazione di indipendenza del Cyberspazio”, con la quale si rivendicava la totale estraneità dagli Stati e dalle loro regole[14], al riconoscimento della necessità di una Magna Charta per Internet[15], una “Internet Bill of Rights[16], che assicuri l’uguaglianza e le libertà su Internet.

Il passato mostra la necessità del principio di uguaglianza e ora si è davanti la scelta se riconoscerla o meno, da un punto di vista giuridico, anche su Internet.

È essenzialmente questo il dibattito sulla net neutrality: serve un riconoscimento giuridico? Bastano gli strumenti che abbiamo? O magari dobbiamo agire con altri mezzi?

Per evitare discriminazioni si è fatto dell’uguaglianza il più fondamentale dei principi giuridici[17]. Esso è contenuto nelle più importanti carte dei diritti, sia a livello nazionale che internazionale o sovrannazionale[18].

Nel nostro ordinamento, tale principio è contenuto nell’art. 3 della Costituzione che, al primo coma enuncia il principio di eguaglianza formale e, al secondo, quello di uguaglianza sostanziale.

Questo è un principio generale che vale in ogni caso, anche su Internet.

Tuttavia viene poi declinato in altre formulazioni. Infatti, la nostra Costituzione contiene formulazioni particolari del principio di uguaglianza per ambiti specifici. Solo per fare degli esempi:

L’uguaglianza è prevista nei confronti delle minoranze linguistiche con l’art. 6 Cost. (La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche), in ambito religioso con l’art. 8 Cost. (Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge), in ambito penale con l’art. 25 Cost. (Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. (“) Nessuno può essere punito se non in forma di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso), nel matrimonio con l’art. 29.2 Cost. (Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi […]) e tra i figli che sono sempre figli sia se nati dentro che fuori dal matrimonio con l’art. 30.3 Cost. (La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima), nella scuola con l’art. 34 (La scuola è aperta a tutti), nell’esercizio del diritto di voto con l’art. 48.2 (Il voto è personale ed eguale, libero e segreto […]), nella pubblica amministrazione con l’art. 97 Cost. (I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizione di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. 2. […]. 3. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso […]) e così via.

Da tutto questo si ricava come la Net Neutrality potrebbe essere considerata un’ulteriore declinazione del principio di uguaglianza, costituendone la sua applicazione alla realtà digitale. Motivo per cui un suo riconoscimento, a livello costituzionale, sarebbe pienamente giustificato.

Come specificazione del principio di uguaglianza potrebbe trovare riconoscimento in una norma costituzionale, magari legato ad un altro diritto fondamentale per la realtà digitale, l’accesso ad Internet, ossia una precondizione per l’esercizio di ogni diritto on line.

A tal riguardo si può rilevare come in Parlamento, soprattutto al Senato della Repubblica, si sta attualmente discutendo un disegno di legge costituzionale per l’introduzione dell’accesso ad Internet come diritto sociale, l’art. 34-bis che fa esplicito riferimento alla neutralità della rete[19].

Ed ancora, la neutralità della rete può essere riconosciuta con strumenti diversi per produrre effetti diversi da una norma costituzionale. Questa può essere riconosciuta nelle carte di diritti, come la Dichiarazione dei diritti in Internet da poco redatta da un’apposita commissione della Camera, o in una legge, come sta facendo il ddl. 2520 del 2014 attualmente in discussione alla Camera.

Dunque, è vero che Internet è nato come uno spazio di libertà e possibilità, ma se vogliamo che rimanga tale e che anzi continui a far crescere non solo il singolo ma anche tutta la società, allora non si potrà non riconoscere la necessità di stabilire principi, diritti, regole, buone pratiche[20].

Come si dice: “ubi societas, ibi ius”.

 


[1] Articolo tratto dalla relazione durante la conferenza “La notte della Net Neutrality”, 25 novembre 2015, nell’ambito del New Digital Governmen Summit 2015: http://www.theinnovationgroup.it/archivio-eventi/la-notte-della-net-neutrality/?lang=it

[2] MENSI M. e FALLETTA P., Il diritto del Web, Wolters Kluwer, CEDAM, 2015, p. 99

[3] Per esempio, tanto la Federal Communication Commission (FCC) USA quando in seno al Parlamento UE, si preferisce il concetto di Internet Openness.

[4] CHIUSI F., Net Neutrality a rischio. Cos’è e perché ci riguarda tutti, in Valigia Blu, 7 novembre 2015: http://www.valigiablu.it/netneutrality/

[5] «una dimensione ulteriore, rispetto a quelle “classiche”, nella quale l’essere umano vive, si forma, si informa, comunica, forgia, cioè, la sua identità, come uomo e come cittadino». Così PASSAGLIA P., Internet nella Costituzione italiana: considerazioni introduttive, Consulta Online, p. 8; MORRONE A., Internet come spazio pubblico costituzionale. Sulla costituzionalità delle norme a tutela del diritto d’autore deliberate dall’Agcom, in Federalismi.it, consultabile al link: http://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=28020

[6] RIDOLA P., Diritto comparato e diritto costituzionale europeo, G. Giappichelli Editore, Torino, 2010, pp. 31 e ss.

[7] «Il modo in cui si sta evolvendo la partecipazione popolare alla vita politica, con l’emersione progressiva di una vera cittadinanza globale, esige appunto che Internet venga considerato come un common, uno spazio comune, dove dev’essere respinta ogni forma di diseguaglianza digitale, controllo esterno, censura». Così S. RODOTà, Il diritto di avere diritti, Laterza Editore, 2013, p. 131

[8] Voce Principio di uguaglianza, Enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/principio-di-uguaglianza/

[9] FUGGETTA A., Concepts, Facts, and Myths in the Net Neutrality Debate, in Medium, Marzo 2015: https://medium.com/@alfonsofuggetta/concepts-facts-and-myths-in-the-net-neutrality-debate-86bb4002812b#.pyoaha12d

[10] Sia consentito rinviare a D’IPPOLITO G., Audizione informale sui ddl. nn. 1371 e 1561 (diritto di accesso ad Internet), Comm. Affari Costituzionali del Senato della Repubblica, 4 marzo 2015: http://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/002/399/CULTURA_DEMOCRATICA.pdf

[11] LESSIG L., Introduction, in Free Software, free society. The selected essay of Richard M. Stallman, Boston, 2002.

[12] CRISAFULLI V., Lezioni di diritto costituzionale. I Gli ordinamenti giuridici – Stato e costituzione. Formazione della Repubblica italiana, Cedam, 1970, pp. 8 e ss.

[13] Quali siano le regole migliori per garantire le libertà on line e il nuovo spazio di Internet è questione affrontata da: DE MINICO G., Towards an Internet Bill of Rights, 37 Loy. L.A. Int’l & Comp. L. Rev. 1, 2015, disponibile su: http://digitalcommons.lmu.edu/ilr/vol37/iss1/1

[14] Ormai celebri sono le parole di tale dichiarazione, scritta da John Perry Barlow e pubblica on line nel febbraio del 1996: «Governments of the Industrial World, you weary giants of flesh and steel, I come from Cyberspace, the new home of Mind. On behalf of the future, I ask you of the past to leave us alone. You are not welcome among us. You have no sovereignty where we gather. […]». Il testo è disponibile al seguente link:
https://w2.eff.org/Censorship/Internet_censorship_bills/barlow_0296.declaration

[15] Nel 2014 fu proprio Tim Berners-Lee, l’inventore del World Wide Web, ha chiedere la stesura di una “Magna Carta” per Internet: http://www.webat25.org/news/tim-berners-lee-calls-for-a-magna-carta-for-the-web-ted-talk

[16] Sono ormai diverse, nel mondo, le proposte di Internet Bill of Rights stilate da diversi soggetti. Tra le più famose si segnala il Marco Civil da Internet, la legge brasiliana sui principi, garanzie, diritti e doveri per l’utilizzo di Internet. Sulle problematiche e il ruolo di tali documenti: DE MINICO G., Towards an Internet Bill of Rights, 37 Loy. L.A. Int’l & Comp. L. Rev. 1, 2015, disponibile su: http://digitalcommons.lmu.edu/ilr/vol37/iss1/1

Anche l’Italia, grazie ad un’apposita commissione alla Camera dei Deputati composta da parlamenti e tecnici, ha redatto una sua Dichiarazione dei diritti in Internet (http://www.camera.it/leg17/1179), per la quale si rinvia a: Verso un Internet bill of rights, a cura di BASSINI M. e POLLICINO,  Aracne, 2015.

[17] RIDOLA P., Diritti fondamentali. Un’introduzione, G. Giappichelli Editore, Torino, 2006.

[18] Si pensi per esempio agli artt. 1 e 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, firmata a Parigi il 10 dicembre 1948 e promossa dalle Nazioni Unite.

[19] L’art. 34-bis è contenuto al Senato della Repubblica nel ddl. Cost. n. 1561 del 10 luglio 2014, attualmente in discussione presso la Prima Commissione Permanente Affari Costituzionali (http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/44665.htm), e alla Camera dei Deputati nel ddl. Cost. 2816 del 14 gennaio 2015 (http://www.camera.it/leg17/126?tab=1&leg=17&idDocumento=2816&sede=&tipo=)

[20] MENSI M. e FALLETTA P., Il diritto del Web, Wolters Kluwer, CEDAM, 2015, p. 33; LESSIG L., Introduction, in Free Software, free society. The selected essay of Richard M. Stallman, Boston, 2002.

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