Con l’approssimarsi dei Giochi Olimpici di Londra 2012 è tornato di stretta attualità il tema del contrasto all’ambush marketing, locuzione con cui vengono comunemente indicate tutte quelle pratiche messe in atto da soggetti economici per sfruttare in maniera non autorizzata – cioè senza un previo accordo contrattuale con gli organizzatori – il richiamo mediatico di un grande evento (per lo più sportivo) a fini pubblicitari.
Tali comportamenti sono per definizione diversissimi ed imprevedibili.
Per limitarsi all’ambito olimpico, basti ricordare quando a Pechino 2008 il sig. Li Ning, ex atleta e presidente di un’omonima società produttrice di abbigliamento sportivo, concorrente di alcuni sponsor ufficiali, ha acceso il braciere olimpico ed ha associato così gratuitamente la propria immagine – e quella della sua società – alla manifestazione. Le azioni della LI NING Ltd. subirono, nell’immediatezza dell’evento, un incremento di valore del 5% sulla borsa di Hong Kong.
In tema di interferenze, è famoso il caso dei giochi olimpici di Lillehammer, durante i quali la catena di fast-food Wendy’s acquistò numerosi spazi pubblicitari nei programmi televisivi statunitensi che coprivano la manifestazione riuscendo, secondo alcuni sondaggi demoscopici, a farsi percepire dal pubblico televisivo come uno degli sponsor ufficiali delle olimpiadi.
E’ pertanto particolarmente complessa l’individuazione di strumenti giuridici atti a difendere gli sponsor ufficiali e i loro investimenti, nonché gli organizzatori dell’evento sportivo, che hanno interesse a gestire lo sfruttamento esclusivo del potenziale pubblicitario dell’evento.
Inoltre in dottrina si è anche andato configurando un orientamento in relazione all’ambush marketing secondo il quale non sarebbe opportuno impedire il libero sfruttamento del richiamo mediatico di un grande evento sportivo, dovendosi viceversa consentire a tutti gli operatori economici di avvantaggiarsi di sfruttare tale richiamo nei limiti in cui: (i) non violano i diritti di proprietà intellettuale degli organizzatori e degli sponsor ufficiali, (ii) non si qualifichino come sponsor ufficiali della manifestazione, e (iii) non agiscano in maniera tale da indurre i consumatori a ritenerli sponsor ufficiali.
Tuttavia, la tendenza seguita da pressoché tutti i paesi che hanno finora ospitato grandi manifestazioni sportive internazionali è stata l’adozione di strumenti legislativi ad hoc.
Così è avvenuto ad esempio in Australia, in occasione dei giochi olimpici di Sidney 2000, in Italia per le Olimpiadi invernali di Torino, quando fu approvata la Legge 17 agosto 2005, n. 167 recante “misure per la tutela del simbolo olimpico in relazione allo svolgimento dei Giochi invernali ‘Torino 2006’”, che ha stabilito divieti e sanzioni per le attività di ambush marketing, definito come “attività parallele a quelle esercitate da enti economici o non economici, autorizzate dai soggetti organizzatori dell’evento sportivo, al fine di ricavarne un profitto economico”.
LONDRA 2012
Anche nel Regno Unito, il Parlamento ha approvato già nel 2005 il London Olympic Bill, che appronta una tutela estremamente ampia dei diritti degli organizzatori di Londra 2012, fino al punto da presumere la violazione dei diritti della London Olympic Association in caso di utilizzo – in relazione a beni e servizi – di vocaboli come “games”, “2012”, “two thousands and twelve” etc. in associazione con altri vocaboli tra cui “gold”, “silver”, “medals”, “summer”, etc.
In particolare, il London Olympic Bill conferisce al Segretario di Stato (ministro membro del gabinetto) il potere di ordinare di aggiungere, rimuovere o modificare una o entrambe le locuzioni associate o di stabilire i casi in cui l’uso di una specifica parola o simbolo o immagine possa essere considerato come una violazione dei diritti della London Olympic Association, salvo prova contraria. A norma del London Olympic Bill, tuttavia, tali provvedimenti del Segretario di Stato sono sottoposti al controllo preventivo del Parlamento.
Questa forte tutela di carattere amministrativo si associa all’avvenuta registrazione del marchio europeo London 2012 in tutte le categorie di beni e servizi. E’ opportuno comunque rilevare che la tutela attribuita ai marchi non risulta particolarmente efficace nella prevenzione dell’ambush marketing, dal momento che le pratiche che rientrano in questa categoria non si concretizzano solitamente in una vera e propria contraffazione dei marchi altrui quanto, al contrario, nell’associazione di altri marchi a un evento sportivo.
Rimedi contro l’ambush marketing
Una forma di tutela contro l’ambush marketing potrebbe anche derivare dalla normativa in materia di pratiche commerciali scorrette. In particolare l’art. 2598 del codice civile (rubricato “Atti di concorrenza sleale”), col suo ampio riferimento ad “ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”, può configurarsi come un valido strumento di protezione.
A parte le norme da adattare al caso specifico e gli interventi legislativi o regolamentari ad hoc, il principale strumento di tutela rimane però quello contrattuale. E’ infatti nell’interesse dello sponsor includere in ogni accordo con gli atleti o gli organizzatori degli eventi sponsorizzati previsioni intese a garantire ed indennizzare lo sponsor stesso contro ogni eventuale turbativa dei suoi diritti esclusivi.
È altresì utile prevedere l’obbligo per gli atleti sponsorizzati di tenere in considerazione il rispetto degli accordi di sponsorship anche al momento della stipula da parte loro di altri contratti (ad esempio con radio/TV, che potrebbero pubblicizzare in proprio altre aziende con conseguente associazione del brand agli atleti).
Prospettive future
I maggiori timori per gli sponsor ufficiali e per gli organizzatori, tuttavia, non derivano più in prevalenza dal versante giuridico, quanto dal lato tecnico-commerciale dello sfruttamento degli eventi sportivi. La proliferazione degli strumenti di fruizione via Internet degli spettacoli sportivi, infatti, consente oggi una varietà pressoché incontrollabile di associazioni delle immagini in diretta streaming con i più vari contenuti di carattere pubblicitario. La possibilità di assistere ad una gara sportiva via Internet, all’interno di uno spazio web contornato da contenuti pubblicitari dipendenti dal sito-ospite, mina alle basi il concetto stesso di sponsor ufficiale e di esclusività dell’associazione tra uno spettacolo e un determinato brand.