Tra le mille meraviglie presentate all’ultimo CES – l apiù grande fiera dell’elettronica di consumo – ce n’era una che non brillava certo per eleganza, né per soluzioni tecnologiche all’avanguardia e che pure ha qualche probabilità di diventare più decisiva per la storia dell’industria e dei costumi delle persone di tutte le altre, più luccicanti e promosse dall’opinione pubblica. Forse gli schermi 3D senza bisogno di occhialetti o i nuovi tablet riempiranno le tasche dei vendor, ma l’oggetto potenzialmente più dirompente è il Book Saver. E di soldi rischia di farne perdere parecchi al nascente business dell’editoria digitale. Si tratta di un accrocchio abbastanza ingombrante e forse poco pratico al momento, ma è il primo digitalizzatore di libri che arriverà in commercio a costi sostenibili anche da tasche non particolarmente ricche. Non importa l’azienda che l’ha realizzato (per la cronaca ionaudio), e nemmeno quanto venderà, quel che importa è che da oggi è possibile prendere un libro e trasformarlo in bit in tempi rapidi e a basso costo. Circa 200 pagine in un quarto d’ora la promessa della campagna di marketing, e per un prezzo di circa 150 dollari.
Al momento per usarlo con un buon ritmo di digitalizzazione bisogna essere in due, uno alza e abbassa l’accrocchio sul libro e l’altro gira le pagine. Ci sono due fotocamere posizionate sopra il libro che vengono controllate da un telecomando più in basso, il libro in formato digitale viene archiviato su una memoria e poi trasferito su ebook reader, i formati della scansione sono Jpeg e Pdf. Ma performance, prezzo e usabilità sono destinate a migliorare molto in poco tempo.
Se qualche editore ha passeggiato per i caotici corridoi del Las Vegas Center probabilmente avrà sudato freddo nel vedere il BookSaver, che ricorda funzionalmente i software cd ripper, o cd grabber o cd extractor che dir si voglia. Quei programmi hanno originato (unitamente alla rete internet e alle prime connessioni a banda larga e agli abbonamenti flat) l’inizio della fine dell’industria musicale così come era organizzata prima del 2000. Napster, e poi Grokster, e poi Kazaa (e poi eMule e i torrent e tra un po’ chissà cos’altro) sono nati dai cd ripper, così come il motto molto in voga a inizio millennio rip, mix, share (estrai, mescola, condividi) diventato il mantra che ha accompagnato e descritto la demolizione dell’establishment (non tanto di persone quanto di sostenibilità dei modelli di business precedenti il cd ripper) delle major della musica.
A differenza della musica, che negli anni ’90 si presentava già in formato digitale anche se ancora strettamente vincolato a un supporto fisico, l’editoria si è difesa perché il formato che utilizza – carta e inchiostro – non sono digitali, e per renderli tali non c’erano strumenti veloci e poco costosi. Ora gli strumenti ci sono e affinarli non sarà un problema insormontabile. Se anche il Book Saver che entrerà in commercio durante la prossima primavera si rivelasse un fallimento, ne verranno altri.
Il digitalizzatore di libri è ovviamente legale ma forse consapevoli della sua potenzialità dirompente e per mettersi al riparo dagli uffici legali delle aziende che si stanno attrezzando per invadere il mercato con una enorme quantità di ebook (a prezzi per i clienti di poco inferiori alle copie cartacee), gli inventori del BookSaver hanno scelto un termine assolutamente innocente da scrivere sul tasto del telecomando che invia l’ordine di fotografare le pagine: non rip, o copy, o digitalize. Ma save.