Libertà fondamentali e web. Il regolamento Agcom sul diritto d’autore

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Si è tornati a discutere nella mattinata di venerdì a Roma, presso la sala della Mercede della Camera dei Deputati, di uno dei temi più caldi del momento: il diritto d’autore online, soprattutto in relazione al Regolamento Agcom sempre più imminente, atteso per la metà di dicembre. Si ricorda che dopo il tentativo fallito di addivenire ad un Regolamento sotto la guida di Corrado Calabrò, l’Agcom, presieduta (da giugno 2012) da Angelo Marcello Cardani, ha ripreso in mano il dossier e presentato una bozza il 25 luglio scorso, sottoposta a consultazione pubblica. Entro il 3 dicembre è atteso un parere dalla Commissione Europea.
Il diritto d’autore online da sempre vede contrapporsi schieramenti antagonisti: da una parte i sostenitori dell’intervento, in primis le industrie culturali, dall’altro coloro gridano alla censura della rete, giudicato terreno di libera espressione e partecipazione democratica.
Promossa dallo studio legale Sarzana, e sostenuta dal Gruppo Parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertà, la kermesse odierna si è articolata in una densa mattinata che ha visto coinvolti numerosi relatori. Pluralità di espressione quindi, ma non necessariamente pluralismo. Come spesso accade anche il convegno odierno ha purtroppo collezionato numerosi interventi tra loro molto simili per impostazione, ovvero ideologia di fondo, in tal modo precludendo una reale occasione di confronto e finanche scontro.
Nella prima parte della mattinata, aperta e moderata da Fulvio Sarzana, si sono susseguiti gli interventi di Nicola D’Angelo, magistrato ed ex Commissario Agcom, Giovanna De Minico, Professore di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Napoli, Vincenzo Vita, già senatore Pd e Marco Pierani, Responsabile delle relazioni istituzionali di Altroconsumo.
D’Angelo ha cercato di ricostruire storicamente le “origini” del dibattito sul diritto d’autore in Italia. A metà 2010, sotto il governo Berlusconi, Paolo Romani Vice Ministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, nel tentativo di recepire una Direttiva Europea sugli audiovisivi (Audiovisual Media Service dell’11 dicembre 2007) con il Decreto Romani, andava a includere non soltanto i contenuti audiovisivi ma anche quelli presenti in rete, in un periodo in cui stavano peraltro emergendo player come YouTube che mettevano a rischio il mercato televisivo. Particolarmente critiche le dichiarazioni dell’Ambasciatore americano a Roma David Thorne che, in un rapporto confidenziale scriveva “la legge sembra essere stata scritta per garantire al Governo abbastanza libertà da bloccare e censurare ogni contenuto web”.
L’intervento di D’Angelo – partendo dalla premessa che la rete non è un terreno franco al di fuori dell’ordine di regole che regge l’assetto sociale – si è focalizzato sul tema della legittimità di Agcom ad intervenire. D’Angelo ha peraltro contestato fortemente che l’Autorità, per comprendere se avesse o meno legittimità all’intervento, abbia consultato 10 illustri costituzionalisti, il cui parere non è però stato reso pubblico né durante la consultazione né successivamente.
De Minico, a seguito di un edotto escursus di diritto costituzionale, ha ricordato che, anche a livello europeo, nel 2009, quando venne istituito il Berec si pose la questione se affidare potere regolamentare o meno a questo nuovo organismo, decidendo infine per un ruolo ancillare e non vincolante rispetto alla Commissione Europea.
La proposta della De Minico è che il legislatore torni a svolgere la sua funzione politica assegnando all’Autorità un potere regolamentare intermedio (posizione condivisa anche in altri contesti internazionali; anche nel caso francese della tanto discussa Hadopi, il potere sanzionatorio è stato assegnato ai giudici).
Parole dure quelle di chiusura della De Minico: “Ciascuno torni a fare il suo, ma ciò presupporrebbe un Parlamento non di nominati ma di eletti”.
Va certamente riconosciuto all’Agcom di aver rimesso al centro della scena il tema del diritto d’autore, anche in Parlamento, all’interno del quale ci sono pendenti numerosi disegni di legge. Il tema della protezione del diritto d’autore porta con se una più generale riflessione sulla trasparenza delle autorità amministrative, che ad esempio non pubblicano i verbali delle riunioni di consiglio.
Molto accalorato l’intervento di Vincenzo Vita, che ritiene ci sia un eccesso di potere in seno all’Agcom. In materia di diritto d’autore è fermamente convinto si abbia bisogno di una legge. Vita ha quindi auspicato un rimodellamento dell’Autorità a partire da un ridimensionamento dei propri poteri.
Marco Pierani, presentato come uno dei più critici rispetto al regolamento, crede si debba passare all’azione per non consentire all’Agcom “di varare il mostro”. Certamente, ha dichiarato, qualora la delibera venisse approvata, ricorrerà al Tar, anche se certamente non è un tribunale amministrativo la sede più idonea a trovare una soluzione. Pierani ha insistito sulla gravità e sull’illegittimità dell’Agcom di non rendere pubblici i pareri dei 10 costituzionalisti, che peraltro “non risultano essere a fascicolo”. Ha quindi rimarcato che il fatto che l’industria creativa sia allo stremo e vada protetta per garantire remunerazione agli autori è soltanto una scusa, dal momento che la situazione di difficoltà in cui versa è solo in minima parte attribuibile alla pirateria, ma molto più all’incapacità di questo settore di innovarsi ed essere in grado di proporre una’offerta legale di appeal. Anche se la delibera dovesse essere approvata, a detta di Pierani, la situazione non si modificherà di una virgola.
Fabio Del Giudice e Federico Bagnoli Rossi, rispettivamente di Confindustria Cultura e Fapav – Federazione Anti Pirateria Audiovisiva – in qualità di rappresentanti delle industrie culturali sono stati sollecitati a controbattere, ma soltanto il primo ha accolto l’invito.
Del Giudice ha quindi accusato gli organizzatori di aver promosso un dibattito a senso unico, privo di un contraddittorio. Relativamente al diritto d’autore, Del Giudice ritiene che l’argomento vada trattato soltanto sotto un profilo economico ed industriale, perché il loro compito è quello di trovare modelli di business che rendano gli investimenti profittevoli. Si è quindi espresso in favore dell’intervento di Agcom “chi meglio di Agcom può decidere in argomento?”, obiezione discutibile, così come che la tematica abbia soltanto una rilevanza economica.
Arturo Di Corinto, moderatore della seconda tavola rotonda nonché autore lui stesso, difende certamente l’importanza del diritto dell’autore, ma finchè questo non va a scapito di altri diritti. Interessante, ha sottolineato, il disegno di legge avanzato dal senatore Pd Felice Casson che insiste essenzialmente su 3 punti: depenalizzazione del reato qualora la violazione non sia stata perpetrata a scopo di lucro; eliminazione delle “window” temporali per cinema e audiovisivo; applicazione delle sanzioni operata dall’autorità giudiziaria attraverso il Ministero dell’Interno.
Anche Di Corinto si è aggiunto a quanti richiedono una parlamentarizzazione del tema, che porti ad una legge sulla quale possa successivamente intervenire l’Autorità.
Di Corinto ha richiamato il parere espresso da Frank La Rue – inviato speciale delle Nazioni Unite in materia di diritto alla libertà di espressione e di opinione – lo scorso 14 novembre, all’interno dell’iniziativa promossa da Open Media Coalition “Non è costituzionale che l’Agcom svolga 3 ruoli in commedia: regolatore, inquirente, giudicante.”
Gennaro Migliore, Capo gruppo Parlamentare di Sel alla Camera ha ribadito l’impegno in questa partita, che coinvolge diritti e libertà fondamentali, ma dalla quale i maggiori partiti di Governo sembrano essersi sottratti.
Giovanni Maria Riccio, Professore di Diritto Comparato all’Università di Salerno, ha posto alcune questioni: quale è il problema di fare una legge? Sono efficaci le misure di blocco dei DSN previste dal regolamento? Sotto il profilo economico, chi pagherebbe i costi del regolamento Agcom?
Marco Orofino, Professore di Diritto delle Comunicazioni Elettroniche all’Università di Milano, ha evidenziato il problema per cui non è più l’uploader a poter adire l’Agcom. Adesso, in caso di rimozione di un contenuto legale, a chi può rivolgersi l’uploader? La discussione peraltro mette in campo anche un problema di proporzionalità dell’intervento: un conto è la rimozione selettiva, altro è rendere un sito irraggiungibile. “Il regolamento va ad incidere in minima parte sulla pirateria perché file sharing e peer-to-peer non vengono affatto toccati. Si tratta dunque di portare a casa un risultato quale esso sia o fare qualcosa di effettivamente utile?” ha concluso.
Giuseppe Corasaniti, Sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione, già Presidente del Comitato Consultivo sul Diritto D’Autore, ha evidenziato la necessità, soprattutto per la rete, di un’azione concertata a livello internazionale o almeno comunitario affinchè i provvedimenti abbiano una qualche reale efficacia.
Raffaele Barberio, Direttore di Key4biz, infine si è domandato quale sia la garanzia assicurata da Agcom agli utenti. Se da una parte – sul diritto d’autore – l’Autorità vuole esser tanto rigida, dall’altra viola norme non pubblicando il parere dei 10 costituzionalisti o, peggio, non attenendosi ad una raccomandazione europea.
Sarebbe stato certamente utile se l’Agcom avesse voluto far sentir la propria voce all’interno del dibattito, quantomeno per chiarire le sue reali finalità ed aspettative nel promuovere il Regolamento.

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