Gli appassionati di fantascienza ricorderanno un film del 1994, “Stargate”, nel quale un’antica porta, riattivata dopo secoli, metteva in collegamento la terra con un pianeta alieno.
Leggendo l’emendamento proposto dall’On. Fava (Lega Nord) alla legge comunitaria 2011, in questi giorni in discussione, e approvato in XIV Commissione, Camera dei Deputati, ho avuto l’impressione che nel nostro parlamento si sia aperto per qualche minuto uno “stargate” che ha risucchiato i nostri parlamentari indietro nel tempo, spingendoli in un universo parallelo.
L’emendamento in questione, infatti, mira a modificare (in modo surreale) l’articolo 16 del D.lgs 70/2003 (Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – Hosting), che nell’attuale formulazione, come ampiamente noto ai lettori di medialaws, così recita: “1. Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione; b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso. 2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore”.
Adesso al punto b, secondo l’emendamento proposto dall’On. Fava, si vorrebbe aggiungere quanto segue: “b) alla lettera b) dopo le parole: «autorità competenti» sono inserite le seguenti: «o di qualunque soggetto interessato”;
Quale il motivo di questa variazione? Perché l’on. Fava, che evidentemente è entrato nello stargate prima del 2003 e, dunque, non ha seguito l’evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale degli ultimi dieci anni, ritiene (unico in Italia) che le due lettere a) e b) della norma sopra citata prevedano ipotesi complesse di un’unica fattispecie, ovverosia che debbano sussistere contemporaneamente (conoscenza del fatto illecito e comunicazione delle autorità competenti) affinché il provider debba provvedere alla rimozione delle informazioni contestate o alla disabilitazione del loro accesso.
Dunque, in estrema sintesi, si renderebbe necessaria la modifica della lettera b) dell’articolo 16, D.lgs 70/2003 per consentire la rimozione dei contenuti illeciti a prescindere da un ordine dell’autorità giudiziaria o amministrativa.
Invero, sarebbe stato sufficiente per l’On. Fava rileggere il parere espresso a suo tempo della Commissione X della Camera dei Deputati – Attività Produttive – Atto n. 172, nel punto in cui si affermava che: “…in relazione a quanto previsto dall’articolo 16, lett. b) – secondo cui il prestatore di un servizio non è responsabile qualora, non appena a conoscenza dell’illiceità di un’attività o di un’informazione, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso – al fine di evitare che sia vanificata qualsiasi azione efficace ed immediata tesa alla rimozione dalla rete di materiale illecito appare opportuno precisare che la comunicazione dell’autorità non costituisce condizione necessaria per la rimozione delle informazioni o per la disabilitazione dell’accesso”.
Questa, peraltro, è stata l’interpretazione fornita in maniera pressocché unanime dalla giurisprudenza di merito in quasi dieci anni di applicazione della norma succitata: si consideri, ad esempio, da ultimo, Tribunale di Milano, R.T.I. c. Yahoo s.r.l., sentenza n.10893/2011, “l’informazione sulla presenza di diritti di terzi determina l’insorgenza di obblighi per il prestatore dei servizi, ancor prima della ricezione da parte dell’autorità giudiziaria od amministrativa dell’ordine di rimozione del contenuto illecito” (in senso conforme cfr. Tribunale di Milano, R.T.I. c. Italia On Line, sentenza n. 7680/2011)
Del resto come la più attenta dottrina aveva sottolineato all’indomani dell’adozione del decreto legislativo di cui si discute, “Sulla questione, non nutriamo perplessità nel ritenere che le due lettere a) e b) prevedano altrettante fattispecie fra loro alternative e, se, infatti, le due lettere fossero da ritenersi elementi di un’unica fattispecie complessa, la lettera b) di fatto, renderebbe inutiliter data la lettera a)… (omissis) … In vero, sostenere che vi è un’effettiva conoscenza ed una manifesta illiceità, soltanto nell’ipotesi in cui vi è anche una comunicazione ufficiale, equivale ad affermare che deve esserci sempre in ogni caso la detta comunicazione. Ciò significa – in ultima battuta – avvalorare un’interpretazione abrogante della lettera a) art. 16, per effetto della successiva lettera b). Ebbene, ciò, oltre ad essere metodologicamente errato, è comunque positivamente inammissibile, se sol si consideri quanto statuito dall’articolo 12 Preleggi” (G. Cassano, Diritto dell’Internet, il sistema di tutele della persona, Milano 2005, pag. 356-357)
A cosa dovrebbe servire allora la modifica che si vorrebbe vedere introdotta nel d.lgs 70/2003? Mi sia consentito solo dire che il cognome del proponente risponde in maniera efficace all’interrogativo.
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