1. Nel mese di agosto 2012 è stata portata all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda delle interviste rilasciate ad emittenti televisive locali da consiglieri regionali dell’Emilia-Romagna dietro pagamento da parte di questi ultimi di somme di denaro[1]. La vicenda ha condotto il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna ad aprire procedimenti disciplinari nei confronti di alcuni iscritti[2] e la Procura della Repubblica di Bologna ad avviare un’inchiesta contro ignoti per peculato (ipotizzandosi il ricorso a fondi pubblici per il pagamento delle interviste)[3].
Dal canto suo il Co.re.com. Emilia-Romagna ha avviato un’istruttoria circa i profili di compatibilità della pratica delle interviste a pagamento con la normativa dettata per le emittenti locali in materia di parità di accesso ai mezzi di informazione e di comunicazione politica[4]: sono infatti delegati al Co.re.com. Emilia-Romagna i poteri di vigilanza e controllo in materia (art. 5, n. 2, lett. c), della delibera dell’Agcom n. 53 del 28 aprile 1999; art. 14, comma 2, lett. c), n. 5, l.r. Emilia-Romagna 30 gennaio 2001, n. 1), sebbene l’adozione di eventuali sanzioni permanga in capo all’Agcom.
La normativa in materia appare «nebulosa», come ha dichiarato il Presidente del Co.re.com. Emilia-Romagna[5]. Tuttavia su di essa ha fornito di recente un chiarimento interpretativo l’Agcom, peraltro proprio su sollecitazione del Co.re.com. Emilia-Romagna ai fini dell’istruttoria in corso sul caso qui in esame.
2. Le disposizioni particolari applicabili in materia alle emittenti locali sono contenute nel Capo II della l. 22 febbraio 2000, n. 28 (come novellata dalla l. 6 novembre 2003, n. 313). A differenza di quanto previsto per le emittenti nazionali al Capo I della stessa legge, da un lato, si dispone che l’attuazione delle disposizioni per le emittenti locali sia rimessa ad un Codice di autoregolamentazione, adottato secondo la complessa procedura di cui all’art. 11-quater, commi 2, 4 e 5, l.n. 28/00 (cfr. il Codice emanato con d.m. 8 aprile 2004); dall’altro, si introduce la possibilità per le emittenti locali di trasmettere messaggi politici autogestiti a pagamento, la cui disciplina di dettaglio è demandata dalla legge al Codice stesso (art. 11-quater, comma 3, l.n. 28/00).
Il Codice, sulla scia di quanto disposto nel Capo II ed analogamente a quanto previsto per le emittenti nazionali nel Capo I della l.n. 28/00, disciplina in modo differente le varie fattispecie di trasmissioni televisive di rilievo politico (political broadcasts), distinguendo tra i programmi di informazione (cioè: «il telegiornale, il giornale radio e comunque il notiziario o altro programma di contenuto informativo, a rilevante presentazione giornalistica, caratterizzato dalla correlazione ai temi dell’attualità e della cronaca»), i programmi di comunicazione politica («ogni programma in cui assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche manifestate attraverso tipologie di programmazione che comunque consentano un confronto dialettico tra più opinioni, anche se conseguito nel corso di più trasmissioni») ed i messaggi politici autogestiti[6]. Quanto a questi ultimi, ove siano a titolo gratuito, trova applicazione in campagna elettorale la disciplina prevista per le emittenti nazionali di cui all’art. 4, commi 3 e 5, della l.n. 28/00 (art. 11-quater, comma 3, l.n. 28/00; art. 5, comma 2, del Codice); ove siano a pagamento, si applica, come si è detto, la regolamentazione contenuta nel Codice per il periodo elettorale (art. 6) e non (art. 7). In particolare i messaggi a pagamento devono recare in sovrimpressione la dicitura: «messaggio elettorale a pagamento» oppure «messaggio politico a pagamento», con l’indicazione del soggetto politico committente.
Come sottolineato dal Presidente del Co.re.com. Emilia-Romagna[7], i profili controversi connessi al caso delle interviste a pagamento discendono dal fatto che la l.n. 28/00, a parte disporre la possibilità di messaggi politici autogestiti a pagamento, non prevede espressamente per le emittenti locali alcun divieto per la comunicazione politica a pagamento, a differenza di quanto faccia nel Capo I per le emittenti nazionali (art. 2, comma 4, l.n. 28/00). Tuttavia, a ritenere su tali basi lecita la comunicazione politica a pagamento (in forme diverse da quella del messaggio politico autogestito), resterebbe in ogni caso il problema della «mancanza di informazione al telespettatore, il quale non è consapevole che una determinata apparizione televisiva di un politico può essere frutto di un corrispettivo economico»[8].
Da qui l’esigenza del Co.re.com. Emilia-Romagna di procedere con «tutte le cautele necessarie» e la scelta di chiedere all’Agcom «un supporto interpretativo per vicende non contemplate esplicitamente dalla legge, che come tali richiedono molta prudenza»[9].
3. Il 5 settembre 2012 l’Agcom ha offerto un importante chiarimento in ordine alla normativa in esame, precisando come «alla luce del vigente sistema normativo di riferimento – costituito dalla legge n. 28/2000, modificata con l.n. 313/2003, e dal codice di autoregolamentazione dell’8 aprile 2004 – l’unica forma di comunicazione non gratuita è rappresentata dai messaggi politici autogestiti a pagamento, riservata alle emittenti radiofoniche e televisive locali, e trasmessi secondo i criteri e nei limiti previsti dalle disposizioni in vigore».
«Un’informazione effettuata sulla base del criterio della cessione onerosa di spazi di comunicazione politica», conclude l’Agcom, «si porrebbe quindi in contrasto con i principi legislativi che le emittenti locali sono tenute a rispettare sia nei programmi di informazione che in quelli di comunicazione politica e costituirebbe una violazione sanzionabile a norma di legge»[10].
4. Sarà ora compito del Co.re.com. Emilia-Romagna, come scrive la stessa Agcom, valutare se i casi concreti che hanno dato luogo alla richiesta di chiarimenti all’Autorità siano riconducibili o meno alla fattispecie dei messaggi politici autogestiti a pagamento. Tuttavia, il rilevante principio affermato dall’Agcom è che la cessione onerosa di spazi è da ritenersi inammissibile non solo nei programmi di informazione ma anche in quelli di comunicazione politica, pena la pretermissione, a fronte della responsione di un corrispettivo economico al giornalista per il rilascio di un’intervista, di quei principi di pluralismo che, attraverso la parità di trattamento, l’obiettività, l’imparzialità e l’equità, le emittenti locali sono tenute ad assicurare.
Quello dell’Agcom costituisce un pronunciamento importante che contribuisce a fare chiarezza per quanto riguarda le emittenti locali sulla distinzione tra trasmissioni di informazione e comunicazione politica, da un lato, e messaggi politici autogestiti a pagamento, dall’altro, ricorrendo l’Agcom in questo caso al criterio distintivo della natura gratuita delle prime rispetto ai secondi. In ciò, tale chiarimento sembra porsi accanto a quella serie di pronunce della stessa Autorità o della Commissione parlamentare di indirizzo e vigilanza RAI che, appuntandosi in particolare sulle peculiari tecniche comunicative che dovrebbero propriamente segnare il confine tra l’informazione o la comunicazione istituzionale, da un lato, e la comunicazione politica, dall’altro, hanno consentito negli ultimi anni di inquadrare giuridicamente in modo agevole casi concreti altrimenti di difficile riconduzione all’una o all’altra fattispecie astratta[11].
[1] Cfr. La Repubblica, 14 agosto 2012, p. 14.
[2] Cfr. i comunicati stampa dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna del 24 agosto e dell’11 settembre 2012.
[3] Cfr. Corriere della sera, 5 settembre 2012, p. 13.
[4] Cfr. il comunicato stampa del Co.re.com. Emilia-Romagna del 20 agosto 2012.
[5] Cfr. il comunicato stampa del Co.re.com. Emilia-Romagna del 21 agosto 2012.
[6] Sulla distinzione, peraltro non agevole in concreto, tra tali forme di trasmissione di rilievo politico, cfr. per tutti R. Borrello, Par condicio e radiotelevisione. Vol. I, Torino, 2007, p. 12 ss.
[7] Cfr. il comunicato stampa citato nella nota 5.
[8] Ibidem. «Sulla carta stampata», ha aggiunto il Presidente del Co.re.com., «ciò risulta evidente graficamente, in quanto compare la scritta “comunicato a pagamento”, nella programmazione locale invece quest’obbligo vale solo per i messaggi politici a pagamento. La situazione è sicuramente più grave e pericolosa quando le “ospitate” sono fatte su programmi di informazione o agganciati a testate giornalistiche».
[9] Ibidem.
[10] Cfr. il comunicato stampa dell’Agcom del 5 settembre 2012.
[11] Ci si riferisce alla delibera della Commissione parlamentare di indirizzo e vigilanza, tra l’altro, sui c.d. docu-drama (cfr. XVI legislatura, Cpiv, Documento n. 10, 5 aprile 2011); alla circolare dell’Agcom dell’11 aprile 2011 sui c.d. videomessaggi; alle delibere dell’Agcom sulle c.d. interviste dalle caratteristiche anomale (cfr. n. 132/11/CSP, n. 133/11/CSP, n. 134/11/CSP, n. 135/11/CSP, n. 136/11/CSP, n. 137/11/CSP); alla delibera dell’Agcom sui c.d. messaggi suggestivi (cfr. n. 114/06/CSP). Su tali fattispecie e pronunce, sia consentito il rinvio a E. Albanesi, Tecniche comunicative al confine tra informazione e comunicazione politica. Quid iuris?, relazione al Convegno nazionale tenutosi presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli il 17-18 settembre 2012 Nuovi mezzi di comunicazione e identità: omologazione o diversità?, in corso di pubblicazione nei relativi atti.