1. (Il fatto) Una società inglese, che operava quale mandataria di altre società titolari dei diritti di autore su opere cinematografiche, aveva conferito incarico ad un’altra società di monitorare il traffico dei più importanti network peer to peer, per ottenere una lista contenente gli indirizzi IP, la data ed orario di connessioni in cui era stato effettuato il download abusivo di film (pornografici) tutelati dal copyright.
Ricevuta la lista, la società mandataria, chiedeva al Tribunale un’ingiunzione per ottenere con successo l’identità degli utenti, associata agli IP, che avevano effettuato la violazione del diritto di autore,
Ottenuta la lista, la società aveva presentato ricorso alla Patents County Court affinché procedesse nei confronti dei titolari dell’indirizzo IP per violazione del copyright.
2. (L’accusa) Il Giudice non ha emesso una decisione nel merito, perché la società mandataria aveva rinunciato all’azione. Tuttavia ha emanato una approfondita ed estesa sentenza per affrontare tutti gli aspetti posti dal caso. Particolarmente, è stata affrontato il tema della fondatezza delle pretese della società mandataria che intendeva ottenere la condanna dei titolari degli indirizzi IP.
La ricorrente aveva infatti sostenuto che la violazione del copyright fosse immediatamente riferibile al titolare per contratto dell’indirizzo IP. Tanto aveva sostenuto da due diverse prospettive: la prima che sussistesse una responsabilità immediata dei singoli utenti (ossia che avessero scaricato loro le opere tutelate senza autorizzazione); la seconda che avessero consentito di farlo utilizzando sistemi non adeguatamente protetti da misure di sicurezza e, dunque, facilmente accessibili a terzi che ne avrebbero profittato per realizzare l’illecito.
3. (La decisione) Secondo il Giudice, la questione della connessione non protetta e della responsabilità per fatto altrui assume fondamentale rilevanza per la soluzione del caso, attesa la mancanza di prova che i titolari degli indirizzi IP fossero i medesimi autori delle violazioni del copyright.
L’indirizzo IP, infatti, identifica il titolare di un contratto per la connessione ad Internet, ma questa può essere condivisa anche da altri soggetti, soprattutto attraverso al diffusione dell’uso domestico di routers wireless.
In sintesi, l’IP, nella maggior parte dei casi, identifica soltanto il soggetto che ha stipulato il contratto, ma non chi ha effettuato la connessione, è dunque irrilevante per identificare l’effettivo autore della violazione.
E’ per tale ragione che la società mandataria aveva affermato che il software peer to peer o era stato utilizzato dall’incolpato o da un altro soggetto da questi autorizzato od, infine, da una persona che aveva potuto accedere alla connessione perché non adeguatamente protetta dal titolare.
Secondo il Giudice tale accusa si fonda tra un’inammissibile equiparazione dell’aver “agito” con l’aver “consentito”, concetti profondamente diversi e gravidi di diverse implicazioni. Innanzitutto, l’eventuale consenso ad utilizzare la propria connessione ad Internet non implica anche la rappresentazione ed autorizzazione ad effettuarne un uso illecito, come il download di opere protette. In secondo luogo, è complesso ipotizzare una responsabilità solidale colposa con l’autore della violazione per chi possieda una connessione “non protetta”. Infatti, è fraudolenta la condotta di colui che utilizzi impropriamente quella connessione. Infine esistono, è noto, diversi livelli di misure di sicurezza ed è complesso individuare i criteri per identificare quelli realmente adeguati.
4. (Commento) La sentenza solleva certamente interrogativi seri e fondati. Troppo facilmente l’indirizzo IP era stato considerato lo strumento per identificare l’autore di violazione e reati. Sennonché la casistica dimostra come, nel caso di condivisione, sia una prova insufficiente. Sarà, dunque, necessario valutarla caso per caso, per verificare se il titolare fosse l’unico soggetto ad utilizzare la connessione o l’unico interessato a farlo per realizzare l’illecito. Uno sforzo investigativo ulteriore è, dunque, necessario per individuare l’autore di un illecito, anche una volta identificato il titolare dell’indirizzo IP.