Eleggere a terreno d’indagine il regime di responsabilità degli Internet service providers significa cimentarsi in una ricerca che, a discapito dell’apparenza, non è certo destinata a esaurirsi in una compilativa ricognizione del quadro legislativo vigente. Al contrario, esplorare questo tema offre un’occasione per apprezzare un processo non comune, che ha visto assurgere a protagonista indiscusso, almeno sul versante europeo, il formante giurisprudenziale: le corti nazionali e sovranazionali, infatti, non hanno lesinato sforzi nel tentativo di adeguare un dato normativo apparso sin da subito inadeguato e rapidamente rivelatosi obsolescente all’impetuosa evoluzione registrata sul piano tecnologico. All’arricchimento delle modalità di funzionamento di Internet e, nello specifico, dei servizi prestati dagli operatori della rete è corrisposta l’emersione di nuovi profili di responsabilità in relazione ai quali le norme in vigore si sono dimostrate inappaganti, o hanno comunque sollevato incertezze in ordine alla loro efficacia. Sarebbe tuttavia fuorviante ritenere, aderendo a una tentazione che non può essere abbracciata, che il tema, pur innervandosi direttamente su una disciplina di matrice civilistica, esaurisca in quest’ambito i suoi motivi di interesse. All’opposto, la centralità del ruolo assunto dei fornitori di servizi Internet in relazione a una moltitudine di scopi consente a un’analisi come quella che si intende svolgere di restituire spunti che attengono anche (e soprattutto) alla dimensione costituzionale interna ed europea. A riprova di questa rilevanza, non circoscritta al mero ambito d’indagine civilistico, depone in primo luogo la circostanza che l’effettività della tutela di una serie di libertà che si ritrovano nelle costituzioni (non solo quella italiana) e nelle carte dei diritti adottate a livello sovranazionale passi necessariamente dal ruolo e dal grado di responsabilità degli operatori: si pensi, per esempio, al diritto alla protezione dei dati personali, alla tutela del diritto d’autore e alla libertà di espressione; e in secondo luogo, all’autonoma importanza assunta dalla libertà di impresa, declinazione più matura delle tradizionali libertà economiche enunciate dai Trattati, oggi espressamente tutelata all’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Due precisazioni sono necessarie in via preliminare per chiarire l’ambito e la portata delle riflessioni che seguono. In primo luogo, non è obiettivo di questo scritto analizzare il rapporto dialogico instauratosi a livello orizzontale tra corti sovranazionali. Altri autorevoli contributi hanno già esaustivamente e brillantemente esplorato questo terreno, mettendo in evidenza come l’avvento di Internet abbia stimolato il formarsi di una sensibilità comune a livello giurisprudenziale, specialmente nel contesto europeo e sul tema specifico della protezione dei diritti fondamentali. Si tratta, semmai, di appurare come l’emergere di uno ius commune europeo di matrice giurisprudenziale sia stato sollecitato dall’esigenza di confrontare regole stabilite in un determinato momento storico con il manifestarsi di questioni e problemi giuridici nuovi. E di comprendere come questa dinamica sia stata recepita dalle corti nazionali elaborando soluzioni talvolta innovative ma che risalgono, idealmente, alle indicazioni in termini di bilanciamento delle corti europee… (segue)
La rilettura giurisprudenziale della disciplina sulla responsabilità degli Internet service provider. Verso un modello di responsabilità “complessa”?
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