Yoani Sánchez è considerata una delle cento persone più influenti al mondo. Grazie al suo blog libero descrive, violando la censura, tutte le storture del regime cubano. Il suo profilo si può leggere su Wikipedia. Anzi, si poteva fare fino a ieri: ora la più grande enciclopedia del mondo si è autocensurata, per protestare contro il disegno di legge sulle intercettazioni voluto dal Governo italiano.
È paradossale: con le regole volute da Berlusconi, Yoani Sánchez non potrebbe scrivere. La nostra maggioranza di governo torna alla carica con un disegno di legge sulle intercettazioni dal sapore intimidatorio e repressivo, che colpisce indiscriminatamente blogger e giornalisti, prevedendo sanzioni gravissime e addirittura restrizioni della libertà personale.
Ieri è stata una giornata convulsa, caratterizzata dalle plateali dimissioni di Giulia Bongiorno da relatore del provvedimento alla Commissione giustizia della Camera. Ancora una volta si ha la sensazione dell’inadeguatezza di questa maggioranza ad affrontare con autorevolezza e rigore i problemi. Come d’abitudine, il confronto politico e la discussione parlamentare sono viziate dagli interessi personali del Presidente del Consiglio. Per quale altro motivo discutere di intercettazioni? Eppure il tema è di grande rilievo, ed una disciplina seria, volta ad impedire la viziosa spirale della macelleria mediatica e del voyeurismo da reality show, sarebbe quanto mai opportuna ed urgente.
La regolazione e la repressione, però, sono concetti assai differenti. Colpire l’anello terminale della catena dell’informazione è il segno di una politica pavida e debole. Oscurare l’informazione è invece segno di una politica colpevole, che mira ad usare l’informazione per plasmare le menti dei cittadini, senza tollerare che questi possano farlo da sé, documentandosi sui fatti (di possibile rilevanza penale) che riguardano i loro rappresentanti.
Ben altri sarebbero i temi: limitare l’uso delle intercettazioni non rilevanti e, per tornare al noto adagio, riformare a fondo la giustizia, a cominciare da quella penale, accelerando i tempi dei processi e controllando le fughe di notizie dalle procure.
Il crepuscolo di una stagione politica lunga quasi vent’anni ci regala l’ossimoro di un partito delle libertà che cerca di limitarle, controllarle, interpretarle. Quasi meglio di Raul Castro.
(pubblicato sul Secolo XIX del 06-10-2011)
La repressione dell’informazione
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