In questi giorni, mentre nel Regno Unito si scatena la polemica per un disegno di legge[1] che vorrebbe affidare all’intelligence britannica il compito di monitorare in tempo reale (i metadata de) le comunicazioni telefoniche, gli sms, le e-mail e le navigazioni on-line dei sudditi di Sua Maestà la Regina, in Francia la Corte Costituzionale[2] rispolvera la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 per salvare les enfants de la Patrie dal lato oscuro della Repubblica.
Concentriamoci sulla Francia, anche perché, a differenza dell’UK, la Corte Costituzionale è intervenuta su una legge già approvata dal Parlamento benché non ancora promulgata: come noto, infatti, il Conseil Constiutionnel, ai sensi dell’art.61 della Costituzione francese, può esercitare la funzione di controllo di costituzionalità delle leggi prima della loro promulgazione, su richiesta del Presidente della Repubblica, del Primo Ministro, del Presidente dell’Assemblea Nazionale, del Presidente del Senato, di sessanta deputati o sessanta senatori.
Nel caso di specie, oltre un centinaio di senatori ed altrettanti deputati, hanno deferito alla Corte la questione pregiudiziale di costituzionalità in ordine agli articoli 5 e 10 della legge “relative à la protection de l’identité” [3], approvata dall’Assemblée Nationale il 6 marzo 2012, legge che disciplina l’istituzione della nuova carta d’identità nazionale e del nuovo passaporto francese contenenti, oltre ai classici dati anagrafici (nome, cognome, sesso, data e luogo di nascita, domicilio, stato civile), i dati biometrici relativi a due impronte digitali ed alla fotografia del titolare del documento di identità..
Fin qui, sebbene con qualche dubbio che tuttavia i fatti dell’11 settembre 2001 hanno, pare irreversibilmente, nei più sopito, nulla quaestio.
Il problema è che tali informazioni biometriche non sarebbero solo inserite in un microchip presente all’interno del documento di identità, ma, stando a quanto previsto dall’articolo 5 della legge, verrebbero raccolte e conservate anche all’interno di un database nazionale centralizzato gestito dal Ministero dell’Interno.
Non solo.
La legge giustifica tale previsione non, come potrebbe facilmente ipotizzarsi, in base ad esigenze di sicurezza interna, ordine pubblico o dell’ormai ineludibile lotta al terrorismo (che, diciamocelo, dopo l’attentato di Toulouse sarebbe pure stato un argomento emotivamente dirompente!), ma al fine, si legge nell’articolo 5, di preservare l’integrità dei dati stessi.
In altri termini, tutta la procedura verrebbe imbastita al solo fine di salvaguardare gli onesti cittadini della République da eventuali furti di identità.
Se non che, detta finalità è meramente formale in quanto il successivo articolo 10 prevede che le forze di polizia possano accedere alla banca dati centralizzata per “la prevenzione e la repressione di attentati all’indipendenza della Nazione, all’integrità del suo territorio, alla sua sicurezza, alla forma repubblicana delle sue istituzioni, ai mezzi della sua difesa e della sua diplomazia, alla salvaguardia della sua popolazione, agli elementi essenziali del suo potenziale scientifico ed economico (sic!) e agli atti di terrorismo”.
Donc, voilà! Una bella schedatura di massa, senza mezzi termini!
Il Conseil Constitutionnel, con decisione del 22 marzo scorso, ha dichiarato l’incostituzionalità degli articoli 5 e 10, e per ricaduta, degli articoli 6, comma 3, 7 e 8, seconda frase (nonché dell’articolo 3 in relazione ad una diversa questione relativa all’uso della carta d’identità anche come strumento di autenticazione e firma digitale).
Le argomentazioni della Corte fanno leva sull’articolo 2 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 e sull’articolo 34 della Costituzione francese del 1958.
L’articolo 2 della Dichiarazione tutela la libertà come diritto naturale ed imprescrittibile di ogni cittadino e la Corte riconduce ad esso anche il diritto ad rispetto della vita privata.
L’articolo 34 prevede, invece, che siano disciplinati con legge votata dal Parlamento le norme concernenti i diritti civili e le garanzie fondamentali accordate ai cittadini per l’esercizio delle pubbliche libertà nonché gli obblighi imposti per la difesa nazionale ai cittadini relativamente alla loro persone ed ai loro beni, riservando al legislatore la valutazione circa il corretto bilanciamento tra esigenze di salvaguardia dell’ordine pubblico e di assicurazione alla giustizia degli autori di reati ed il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini.
Sulla scorta di tali riferimenti legislativi, la Corte ha ritenuto gli articoli 5 e 10 della legge 6 marzo 2012 inadeguati e non proporzionati all’interesse generale dichiaratamente perseguito, ovverosia la lotta alla frode d’identità, tenuto conto del fatto che si tratterebbe di una banca dati riguardante l’intera popolazione francese, contenente dati biometrici come le impronte digitali che possono essere lasciate involontariamente ovunque da tutti nel corso della normale vita quotidiana e la cui consultazione non sarebbe finalizzata solo, come espressamente dichiarato, alla verifica dell’identità del possessore del documento biometrico ma anche a fini di polizia amministrativa e giudiziaria (in forza dell’articolo 10).
Questa volta la Corte ha salvato la libertà dei cittadini francesi, ma se pensiamo che la schedatura di massa era stata approvata dall’Assemblea nazionale e dunque dal consesso polico-istituzionale più prossimo al concetto di democrazia, la preoccupazione sale ai massimi livelli storici.
Né vale ad alleviare i timori (anzi, semmai innalza il disappunto) la circostanza, enunciata da alcuni media[4], secondo cui la vera ragione dell’emanazione della legge sarebbe una sorta di regalia concessa dalla politica alle società francesi che offrono servizi biometrici, le quali, pur essendo leader nel settore a livello tecnologico, essendo costrette ad operare solo nei mercati esteri, sarebbero sfavorite rispetto ad altri competitors, specie quelli americani.
Le tecniche biometriche, strumento indispensabile per operare la traslazione del corpo fisico in dati informativi digitali, consentono uno stoccaggio immenso di dati personali (che sono, appunto, informazioni) i quali, se affidati, gestiti e controllati dall’autorità pubblica rappresentano, per definizione, un arsenale potenzialmente lesivo delle libertà fondamentali dei cittadini.
La cessione (sebbene virtuale) di pezzi di corpo comporta la perdita della loro disponibilità da parte del soggetto cui appartengono a favore dell’autorità pubblica ed infrange uno dei presupposti fondamentali del moderno Stato di diritto, ovverosia l’inviolabilità del corpo umano.
Se muta il rapporto tra Stato e cittadino, attraverso la concessione della violabilità da parte del primo del corpo del secondo, si mette a rischio il sacrosanto diritto alla libertà personale.
E se muta il principio secondo cui nulla di ciò che è privato deve entrare nella sfera di disponibilità del potere pubblico, se non in casi eccezionali ed espressamente previsti dalla legge, a rischio si troverà la democrazia stessa.
Così come il raggiungimento dello Stato di diritto è passato attraverso la liberazione e la tutela del corpo fisico dell’uomo (e della donna) da qualsiasi forma di assoggettamento al potere dispositivo altrui (ricordiamo che l’habeas corpus – il diritto di una persona arrestata di richiedere ad un giudice un ordine (writ) di esibizione del proprio corpo in udienza affinché chi ha operato l’arresto renda ragione dei motivi della detenzione – risale alla Magna Charta ed è alla base di tutte le Costituzioni moderne), occorre che analogo percorso venga oggi fatto in relazione al cd. corpo digitale, al fine di liberare e tutelare il cittadino della moderna ICT society da quei Governi che vorrebbero disporne a loro piacimento.
Speriamo lo capiscano non solo i giudici ma anche i rappresentanti politici…
[1] http://www.guardian.co.uk/world/2012/apr/02/email-web-monitoring-powers-privacy
[2] http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/root/bank/pdf/conseil-constitutionnel-105165.pdf
[3] http://www.assemblee-nationale.fr/13/pdf/ta/ta0883.pdf
[4] https://www.eff.org/deeplinks/2012/03/french-national-assembly-proposes-new-alarming-biometrics-bill
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