Settimo Comandamento: « Non rubare » (Es 20,15). |
No, non è come può sembrare, non si ha intenzione di catechizzare chicchessia!
A distanza di circa 3 millenni dalla stesura dei dieci comandamenti, l’uomo trova metodi sempre più curiosi e bizzarri per aggirare le norme o violarle palesemente alla luce del sole.
Potremmo parlare del grimaldello, del ferretto dei capelli ma quello che più interessa è l’analisi dei fenomeni di cleptomania che più si avvicinano e si modellano ai turbinosi cambiamenti del mondo sociale, in particolar modo al social-web.
Chi non ha sentito parlare si social media e di Facebook non starà leggendo questo articolo, quindi, ritendendo di poter dare per scontato questo passo elementare e assumendo che abbiate una normale vita sociale sul web proseguirò domandandovi :
avete mai visto messaggi simili sulla vostra “bacheca”?
Se la risposta è affermativa e nell’incoscienza, nella distrazione e nella foga del momento ci avete clickato su, probabilmente siete vittime di un furto: “il furto del click” meglio conosciuto col termine di clickjacking.
Non parliamo di gioielli o automobili nè tantomeno del furto del vostro cellulare o del vostro computer, parliamo di una forma di sottrazione illecita che sarebbe stato impossibile immaginare fino a pochi anni addietro.
E’ così, alle grandi e rivoluzionarie idee di Mark Elliott Zuckerberg si intrecciano e contrappongono con eguale destrezza ed esagerata parassitaggine idee di perfetti sconosciuti che, sfruttando il substrato tecnologico del social network, propongono particolari “link” adattabili al singolo utente e spesso facenti diretto riferimento all’utente stesso con lo scopo di attirare l’attenzione e di conseguenza il fatidico click!
Tali link assimilabili a worm autoreplicanti , creati con il solo scopo di carpire informazioni sfruttando la “vecchia” tecnica del phishing ma utilizzando come mezzo di diffusione il potentissimo social network in luogo delle e-mail.
C’è da dire che Facebook, fin dagli albori, ha investito notevoli energie e risorse economiche al fine di rendere la piattaforma sociale un luogo sicuro in cui l’utenza potesse esprimersi ed interagire col massimo della spontaneità e con il minimo dei pericoli.
L’acqua scorre e ci sono sempre più squali a minacciare la tranquilla vita dell’utente medio, quale la soluzione oltre ai grossi investimenti privati?
Quali le eventuali soluzioni offerte dalle autorità statali in merito a questa nuova forma di criminalità informatica?