È notizia di pochi giorni fa la decisione da parte della Beijing Internet Court (BIC) avente a oggetto la asserita violazione del diritto d’autore con riferimento a immagini generate mediante l’ausilio di un sistema operante mediante Intelligenza Artificiale (IA).
A differenza di altre pronunce nell’ambito del medesimo settore, la risoluzione del Case 11279 offerta dalla BIC si caratterizza per chiarezza espositiva nell’analisi dei requisiti necessari al riconoscimento dell’autorialità in capo a colui che, nel creare un’opera, si avvale di sistemi operanti mediante l’ausilio di IA.
Nel caso di specie, il Sig. Li (attore) ha utilizzato Stable Diffusion, un sistema definito dallo stesso sito web dell’azienda come «un modello di apprendimento automatico profondo utilizzato per generare immagini dettagliate a partire da descrizioni di testo» al fine di creare immagini raffiguranti una donna (vedi sotto).
Le immagini sono state successivamente pubblicate dall’attore sul social network Xiaohongshu (i.e. un riadattamento cinese del più noto Instagram) dove un blogger (convenuto) ha deliberatamente utilizzato le suddette immagini generate tramite IA per accompagnare un articolo poi postato su un diverso social network.
Pertanto, l’attore ha citato in giudizio il convenuto sostenendo che le immagini generate tramite IA fossero protette dalla legislazione nazionale in tema di diritto d’autore.
La BIC, nel pronunciarsi in favore dell’attore, seppur compiendo un’analisi specifica con riferimento al diritto d’autore cinese, ha abilmente esplicitato i motivi posti alla base della propria decisione, analizzando con particolare attenzione gli elementi essenziali affinché un’opera possa dirsi protetta dal diritto d’autore (elementi comuni a quasi tutte le leggi in tema di tutela del diritto d’autore a livello globale).
Per quanto concerne il requisito dell’originalità, la BIC ha affermato che l’attività dell’attore, consistente nell’aggiungere continuamente suggerimenti e modificare i parametri per ottenere l’immagine rifletteva una «scelta estetica e un giudizio personale» e, di fatto, poteva essere considerata più di una «realizzazione intellettuale meccanica». Pertanto, le immagini generate dall’IA riflettevano «un’espressione personalizzata» dotata di una propria originalità.
Nello statuire la sussistenza dell’elemento della elaborazione intellettuale, la BIC ha applicato lo stesso ragionamento di cui sopra per concludere che le immagini generate dall’intelligenza artificiale riflettevano lo sforzo, da un punto di vista creativo, compiuto dall’attore
Infine, riguardo l’ultimo elemento, la paternità dell’opera, la BIC ha ritenuto che l’attore fosse l’autore dell’immagine generata dall’IA in quanto egli «ha impostato direttamente il modello di IA secondo le sue esigenze e ha infine selezionato l’immagine in questione. L’immagine è stata generata in base all’investimento intellettuale effettuato dal querelante e riflettevano l’espressione della personalità dello stesso».
Sebbene la BIC non abbia formulato proposizioni generali in merito al tema della copiabilità delle immagini generate dall’IA, ciò che la BIC sottolinea è l’idea secondo cui, in generale, l’IA generativa (GAI) è solo uno “strumento” per l’uomo: «Essenzialmente, si tratta ancora di una persona che utilizza uno strumento per creare, con l’input intellettuale che proviene da una persona piuttosto che dal modello di IA».
Ciò che si può dire riguardo questa decisione è che risulta alquanto interessante (o controversa) in quanto trascura le complessità dei sistemi generativi basati sull’ausilio di IA (GAI) che li rendono unici rispetto ad altri strumenti/software (ad esempio, i modelli GAI operano su schemi aventi come base una massa di dati protetti da copyright, piuttosto che operare all’interno di regole/calcoli determinanti).