Il 10 gennaio 2018, il Tribunale di Roma ha scritto un altro capitolo della controversa saga riguardante l’interpretazione delle esenzioni di responsabilità applicabili ai fornitori di servizi Internet in relazione a contenuti o attività illeciti di terzi. Nella sentenza RTI c. Vimeo il tribunale capitolino ha ritenuto il fornitore di servizi di hosting responsabile di molteplici violazioni del copyright e l’ha condannato a risarcire danni per un importo di Euro 8.500.000.
1. Il contesto fattuale e giuridico
Nell’aprile 2012, RTI ha avviato una causa contro Vimeo dinanzi al Tribunale di Roma per dolersi di asserite violazioni dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale relative a vari contenuti audiovisivi. In particolare, RTI lamentava che la piattaforma gestita da Vimeo avesse consentito la diffusione non autorizzata di un elevatissimo numero di clip video di programmi trasmessi dal ricorrente e soggetti a diritto d’autore e a diritti di proprietà intellettuale.
Prima di avviare la causa, il 14 luglio 2011, RTI aveva inviato a Vimeo una lettera di diffida con cui quest’ultimo era stato informato dell’esistenza di contenuti audiovisivi ospitati sul portale www.vimeo.com. Questa lettera menzionava solo uno dei vari contenuti pubblicati illegalmente sulla piattaforma, specificando i due URL a cui era possibile accedervi a titolo meramente esemplificativo.
In risposta alla diffida, Vimeo chiedeva a RTI di fornire un elenco specifico dei singoli contenuti protetti da diritti d’autore e dei relativi URL al fine di identificare con precisione gli elementi da rimuovere dal portale.
RTI, tuttavia, sosteneva che tutte le informazioni necessarie erano già state fornite nella lettera di diffida. Di conseguenza, Vimeo replicava che i contenuti di cui erano stati indicati gli URL nella lettera erano stati rimossi, e che pertanto non sarebbe stata intrapresa alcuna ulteriore azione.
In seguito, il consulente nominato da RTI accertava che, al gennaio 2012, la piattaforma Vimeo ospitava 230 video soggetti al copyright di RTI.
Pertanto, RTI agiva in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa delle violazioni dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale, sull’assunto che Vimeo non potesse beneficiare, nella fattispecie, delle esenzioni di responsabilità applicabili agli hosting provider.
2. Il dibattito sulla responsabilità degli ISP in Italia
La questione dirimente che il Tribunale di Roma ha dovuto affrontare in corso di giudizio si è appuntata, ancora una volta, sulla la responsabilità di Vimeo per le violazioni commesse dai suoi utenti quali “terze parti”.
La giurisprudenza italiana relativa all’applicazione delle esenzioni di responsabilità dell’ISP stabilite dal decreto legislativo n. 70/2003 (il “Decreto E-Commerce”, che ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2000/31/CE) si è mostrata finora tutt’altro che coerente.
In particolare, alcuni fori (in particolare il Tribunale di Roma) hanno applicato uno standard di responsabilità più severo al ricorrere di determinate condizioni, mentre altre corti hanno respinto questa impostazione per rivendicare maggiore fedeltà alla lettera della legge e alla sua ratio originaria.
L’adozione di standard di responsabilità così diversi trova le sue radici nella definizione specifica del ruolo dell’ISP, in particolare per quanto concerne il ruolo dei fornitori di servizi di hosting così come enucleato nella direttiva sul commercio elettronico (2000/31/CE).
Infatti, all’epoca della redazione di questo primo atto di armonizzazione, i servizi gestiti dagli ISP si caratterizzavano per un livello di interazione con i contenuti assai ridotto ed erano del tutto basilari rispetto alla natura più complessa che hanno assunto al giorno d’oggi. Pertanto, il considerando 42 della direttiva sul commercio elettronico sanciva che le esenzioni in materia di responsabilità dovessero riguardare esclusivamente i servizi prestati dei fornitori di natura puramente neutrale, passiva e tecnica.
La crescente complessità dei servizi in questione ha condotto i tribunali italiani, anche sulla scia delle decisioni della Corte di giustizia nei casi Google France ed eBay, a indagare più attentamente le condizioni in base alle quali i fornitori di servizi di hosting potrebbero beneficiare delle esenzioni di responsabilità per contenuti e attività di terzi. Questa tendenza ha portato all’emersione di due diverse opzioni interpretative.
Secondo la prima opzione, a determinate condizioni, il servizio gestito dai fornitori di hosting non può più essere considerato di natura puramente neutrale, passiva e tecnica. Pertanto, il fornitore si configura come un hosting provider “attivo” e, sebbene non soggiaccia ad alcun obbligo generale di sorveglianza, può tuttavia essere richiesto di eliminare contenuti illeciti in conformità a condizioni maggiormente restrittive: per esempio, secondo l’orientamento del Tribunale di Roma, non sarebbe necessaria una richiesta delle autorità competenti ma soltanto una diffida di parte attrice che indicasse genericamente l’esistenza di contenuti illeciti.
La seconda opzione (sposata per esempio dal Tribunale di Milano) è più in linea con la lettera della legge, e considera le nuove caratteristiche delle piattaforme 2.0 come parte intrinseca del loro funzionamento, ovvero come conseguenza dell’evoluzione dei relativi servizi. Di conseguenza, gli ISP possono continuare a godere delle esenzioni di responsabilità per contenuti o attività di terzi finché l’esistenza di questi ultimi non sia portata a loro conoscenza o con una diffida di parte contenente una specifica e puntuale indicazione o con un ordine di rimozione dell’autorità competente. E ciò nonostante il maggior grado di “sensibilità” del servizio rispetto ai suddetti contenuti.
3. L’interpretazione del Tribunale di Roma sulla applicazione delle esenzioni di responsabilità
In RTI c. Vimeo, il Tribunale di Roma ha confermato la sua ormai consolidata interpretazione restrittiva delle disposizioni sulle esenzioni di responsabilità, abbracciando la prima delle opzioni sopra menzionate.
Infatti, i giudici hanno rilevato come Vimeo integrasse i requisiti per qualificarsi come un fornitore di hosting “attivo”. Secondo il Tribunale di Roma, il portale gestito da Vimeo è andato ben oltre le caratteristiche di un servizio puramente tecnico, neutrale e passivo.
La sentenza ha esaminato una serie di fattori in grado di indicare la natura attiva dell’ISP, come il grado più elevato di “sensibilità” del servizio ai contenuti della piattaforma, tra cui
• il requisito per cui gli utenti devono registrarsi per accedere alla comunità di Vimeo;
• la presenza di un motore di ricerca interno al portale;
• il fatto che i contenuti pubblicati dagli utenti siano organizzati, classificati e indicizzati;
• la visualizzazione di annunci pubblicitari il cui contenuto è correlato alle parole chiave inserite dagli utenti.
Secondo questa prospettiva, queste funzionalità non costituirebbero un valore aggiunto per rendere più efficiente il servizio fornito da Vimeo, ma indicherebbero al contrario un grado di interazione con i contenuti incompatibile con la logica alla base delle esenzioni di responsabilità degli ISP per i contenuti di terzi.
Tra le altre questioni, la Corte ha attribuito particolare importanza alla natura “multisided” della piattaforma fornita da Vimeo, che, da un lato, si è semplicemente comportato come un fornitore di servizi di hosting per contenuti gratuiti generati dagli utenti e, dall’altro, ha operato come un fornitore on-demand per contenuti a pagamento disponibili nelle versioni “Plus”, “Pro” o “Business” del suo servizio.
Pertanto, il Tribunale di Roma ha confermato che Vimeo non si era limitato a conservare solo le informazioni caricate da terze parti attraverso un processo puramente tecnico. Al contrario, Vimeo ha predisposto anche una complessa organizzazione di contenuti gestiti al fine di fornire agli utenti un prodotto audiovisivo autonomo.
In base a questa lettura, il Tribunale ha stabilito che un fornitore di servizi Internet non agisce più in modo neutrale quando le sue tecniche e funzionalità consentono di mantenere il controllo o la conoscenza delle informazioni memorizzate senza che sia necessario un apprezzamento personale e diretto della natura illecita del contenuto.
4. La soglia di conoscenza effettiva in capo all’ISP
Alla luce del ragionamento ora illustrato, il Tribunale di Roma si è concentrato sul fatto che, nel caso specifico, sulla base delle caratteristiche del servizio fornito, Vimeo potesse essere effettivamente a conoscenza dell’esistenza degli illeciti lamentati da RTI.
Secondo il Tribunale di Roma, anche se a Vimeo era stata inviata una diffida generica che non menzionava tutti gli URL dei contenuti asseritamente soggetti a violazione, la lettera in questione doveva comunque ritenersi sufficiente a determinare in capo a Vimeo l’obbligo di rimuovere i contenuti pubblicati da terze parti senza l’autorizzazione di RTI.
Infatti, le tecniche utilizzate da Vimeo come ad esempio il fingerprinting dei video avrebbero permesso sia di procedere alla rimozione dei contenuti illeciti ex post sia di impedirne la pubblicazione ab origine.
Poiché queste tecniche erano già note nello stato dell’arte ed erano impiegate da Vimeo, era ragionevole attendersi che, nelle specifiche circostanze del caso, anche una generica diffida comportasse l’obbligo per l’ISP destinatario di effettuare i controlli necessari, in quanto sufficiente a rendere edotto quest’ultimo della natura illecita anche dei contenuti non espressamente menzionati.
Il Tribunale di Roma, pertanto, ha ritenuto che, ferma restando l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza, un hosting attivo che utilizza tali funzionalità è tenuto a cercare e rimuovere qualsiasi contenuto asseritamente illecito: il mancato rispetto di tali obblighi comporta la responsabilità dell’ISP per non avere prontamente agito per la cessazione delle violazioni denunciate.