Sembra che sia un buon periodo per gli ISP e per coloro che, come il sottoscritto, credono che debba essere rispettato il principio di neutralità dei soggetti che offrono servizi di intermediazione tecnica nelle reti telematiche.
A parte la decisione della Corte di Giustizia, di cui tanto si è scritto, anche sulle pagine di questo sito, meritano di essere segnalate due recenti pronunce della sezione proprietà intellettuale del Tribunale di Roma in merito alla responsabilità degli ISP che offrono servizi di hosting alle piattaforme che trasmettono in streaming incontri sportivi.
Del primo caso ho già parlato in diverse sedi. Il secondo caso, la cui motivazione è stata depositata lo scorso 26 ottobre, per quanto simile al precedente, è comunque degno di nota.
Nella fattispecie, con ricorso ex artt. 156-163 l.d.a. e 131 D. Lgs. n. 30/2005 e 700 c.p.c., la RTI chiedeva un provvedimento cautelare finalizzato ad ordinare ad un hosting provider (Worldstream) la rimozione immediata dai propri server e la conseguente disabilitazione all’accesso di tutti i contenuti audiovisivi di titolarità della stessa RTI e relativi agli incontri di calcio dei campionati di serie A, di Champions e di Europa League.
RTI chiedeva altresì che fosse inibita alla controparte la possibilità di erogare il servizio di hosting a favore del portale Seeon, sul quale erano trasmessi in streaming gli incontri di calcio.
Worldstream si difendeva eccependo di essersi tempestivamente attivata per la rimozione dei contenuti in questione e di “aver disabilitato ogni servizio in essere con il titolare di detto dominio”, il quale aveva deciso di usufruire del servizio di hosting offerto da altro ISP.
Il Tribunale adito ha riconosciuto che il portale abbia “diffuso tra il pubblico della rete in modalità streaming, attraverso i server gestiti dalla Worldsteam, numerosi contenuti audiovisivi di proprietà di RTI afferenti i suddetti ‘Prodotti audiovisivi’”.
Tuttavia, sebbene risulti provata una violazione da parte del portale, di detta violazione non può essere chiamato a risponderne l’ISP che offre il servizio di hosting.
Innanzi tutto, l’ordinanza precisa che la limitazione di responsabilità introdotta a favore degli ISP dal D. Lgs. 70/2003 “è principalmente volta ad evitare l’introduzione di una nuova ipotesi di responsabilità oggettiva non legislativamente tipizzata o quantomeno l’ipotesi di una compartecipazione dei providers ai contenuti illeciti veicolati da terzi, utilizzando il servizio di connettività da essi fornito”.
L’hosting provider non è, quindi, responsabile a condizione che “non sia effettivamente a conoscenza dell’illiceità dell’informazione o di fatti e circostanze che rendono manifesta detta illiceità e che, non appena a conoscenza di tali fatti e su comunicazione delle autorità competenti, agisca per rimuovere dette informazioni”. Ciò, del resto, è quanto ha fatto, nel caso di specie, l’ISP, il quale non solo ha provveduto a rimuovere i materiali audiovisivi, a seguito di una comunicazione della società titolare dei diritti audiovisivi, “ma ha anche disabilitato la erogazione di qualsiasi servizio in favore del potale ‘Seeon’ che è attualmente ospitato dai server di altro hosting provider”.
La decisione si sofferma anche sulla possibilità di concedere un provvedimento inibitorio nei confronti dell’ISP, concludendo che ciò non sia possibile nei casi in cui detto provvedimento sia “destinato a prevenire possibili condotte illecite altrui non ancora realizzate, non essendo esigibile nei confronti di Worldstream, in quanto hosting provider c.d. passivo, l’esercizio di un controllo preventivo in riferimento a tutti e a ciascuno dei contenuti che fossero ospitati sui siti dei propri server”.
Infine, un passaggio è dedicato anche all’apparente conflitto tra la direttiva sul commercio elettronico e la direttiva enforcement: quest’ultima (rectius: il suo decreto di recepimento) deve “essere applicata nel rispetto della disciplina di cui al d. lgs. n. 70/2003”, considerando che “nel bilanciamento dei contrapposti interessi deve essere assicurato il rispetto delle esigenze di promozione e tutela della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, fra i quali il commercio elettronico”.
In definitiva, si tratta di una decisione significativa, perché ribadisce principi forse scontati, ma talora dimenticati o misinterpretati dalla giurisprudenza.