Qual è la più grande paura dell’uomo moderno? Essere valutato attraverso ogni sua singola azione, anche quelle che compie nel privato del buio di una stanza. In Cina, come in una moderna distopia cyberpunk, si sta per avverare proprio l’incubo dell’homo technologicus.
Il Social Credit System, introdotto dal documento “State Council Notice Concerning Issuance of the Planning Outline for the Establishment of a Social Credit System”, ideato e pensato dal governo di Pechino, si basa proprio su una valutazione, più o meno approfondita. Un reputation system stabilito sullo stato economico e sociale della singola persona. Compito di 8 grandi aziende, nominate dal Governo Cinese, è invece quello di raccogliere ed elaborare l’enorme mole di dati che, attraverso una serie di algoritmi, portano ad un punteggio.
Lo sviluppo di questo programma, che va avanti dal 2014, ha chiaramente conquistato le prime pagine di tutti i principali tabloid, destando clamore per l’inumanità utilizzata nel ridurre il valore di un uomo a mero numero; Pechino però, con questa sua ciclopica operazione, sostiene di puntare alla costruzione di una “cultura della sincerità”, che possa rendere il mantenimento della fiducia come un “atto glorioso” ma soprattutto migliorare i rapporti commerciali nel paese:
“Rafforzerà la sincerità negli affari governativi, quella commerciale, sociale e la costruzione della credibilità giudiziaria”
Conclusa l’introduzione, è bene precisare che in questa sede non daremo un giudizio strettamente umanistico, bensì ci “limiteremo” ad esporre le palesi contraddizioni con il diritto europeo, con particolare attenzione per la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e, spingendoci ben oltre, l’antinomia generata dal documento redatto dal Governo di Pechino e la propria Costituzione, denotando un corto-circuito istituzionale per quanto riguarda proprio il controllo di Costituzionalità in Cina, ancora nelle mani dell’organo legislativo.
Prima di addentrarci nella comparazione però bisogna porre una premessa, la legge per la privacy emanata dal governo di Xi Jinping non differisce, in quanto a protezione interna ed almeno in parte sulla carta, da quella europea, l’obiettivo del massimo rappresentante del Governo di Pechino è infatti di mantenere in Cina i dati raccolti nel paese del dragone, con appunto la possibilità di poterli elaborare per il Social Credit System(che ricordiamo, non è ancora obbligatorio per tutti i cittadini, lo diventerà nel 2020) e chiaramente per le necessità della Nazione. Nonostante ciò possiamo notare come in confronto al diritto europeo vi siano notevoli contraddizioni nell’applicazione. Innanzitutto attraverso l’ultima legge sulla Cybersicurezza(Legge sulla sicurezza delle reti della Repubblica popolare cinese del 7/11/16 ed entrata in vigore proprio il 1° Giugno di quest’anno) si manifesta la voglia di Pechino di non permettere a società estere di portare dati personali al di fuori dei propri confini, contemporaneamente proponendosi come unico grande Garante di protezione, facendo scaturire conseguentemente una totale perdita di privacy per i dati sensibili dei suoi cittadini, l’obiettivo del Governo è quindi di sviluppare un enorme rete valutativa, che permetta un controllo da film hollywoodiano. Tale spinta ad un controllo quasi di matrice Orwelliana si oppone chiaramente alla libera circolazione dei dati in Europa, ma soprattutto sviluppa un’antinomia con gli articoli 8 e 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, cioè gli articoli che si ergono a protezione dei dati di carattere personale e della libertà di espressione ed informazione; l’articolo 8 infatti detta, nel terzo comma, la necessità di un’autorità di controllo indipendente, chiaramente in conflitto con la volontà di Pechino di accentrare a sé il controllo dei dati; ma l’antinomia si perpetra in particolare nel comma 1 dell’articolo 11, che statuisce “la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche”. Da cosa scaturisco quindi realmente le antinomie?
Dalla ragnatela tessuta da Pechino, composta da 8 grandi compagnie che attraverso la raccolta di dati sensibili si ritroveranno ad assegnare punti per determinate azioni, la cui diretta conseguenza saranno malus e bonus assegnati ai propri cittadini dal governo, spaziando dalla possibilità di voli intercontinentali agevolati alla negazione di mutui e prestiti. La cosa che però fa realmente paura è che il Governo si ritrovi a valutare opinioni e pensieri espressi su internet, proprio come nel caso dei una Big Eight, Sesame Credit; come sappiamo Pechino ha già il controllo sulla rete nazionale attraverso censure e blocco di siti, ma con il controllo di WeChat, principale organo di comunicazione tra i giovani e non, potrà veder scorrere nei suoi server un flusso di dati, strettamente personali, inimmaginabile ed inquantificabile, intaccando di fatto la libertà della non ingerenza pubblica nelle idee personali e nella comune corrispondenza.
Ebbene, come già accennato, il documento “State Council Notice Concerning Issuance of the Planning Outline for the Establishment of a Social Credit System (2014-2020)” non solo si contraddistingue in quanto a pericolosità per i diritti sociali, ma sviluppa anche un’antinomia con la stessa Costituzione Cinese negli articoli 40 e 41, infatti per quanto riguarda l’articolo 40 l’unica eccezione posta alla libertà di corrispondenza e segretezza della corrispondenza è “l’ispezione della corrispondenza per esigenze di sicurezza dello Stato o di indagini su reati criminali” (qui interpretiamo corrispondenza riportando tale definizione ai tempi moderni con il criterio teleologico), definizione sicuramente generale per permettere un ampio movimento, ma comunque sufficiente ad incatenare la Cina ad un concedere maggiore libertà per quanto riguarda le opinioni espresse per messaggio privato e/o corrispondenza, mentre il Social Credit System aspira a giudicare anche comportamenti, a detta del Dragone, “anti-sociali” che potrebbero minare la chiarezza, solo apparente, del sistema e degli affari del colosso.
Mentre per quanto riguarda il rapporto con l’articolo 41, che statuisce “I cittadini della Rpc hanno il diritto di proporre critiche e suggerimenti riguardo a qualsiasi organo statale o membro del personale statale”, vi è una palese violazione del diritto di critica al Governo stesso, infatti gli atteggiamenti classificati come “anti-sociali”, compreso quindi il mal contento per le autorità, verranno inseriti nella branca “social” del Credit System, venendo pesantemente puniti e causando quindi la perdita certa di punteggio per chi si oppone al Governo di Pechino, o almeno queste sono le premesse più plausibili, vista la non certa leggerezza con cui il Dragone si è opposto a dissidenti e mal contenti popolari finora, perpetrando così, ancora una volta dietro la maschera della sicurezza pubblica, un abuso di potere da parte del governo di Xi Jinping che mira ad una gloriosa rinascita della Nazione aiutata anche dalla ormai più preponderante posizione sul mercato. Ebbene, questa palese violazione dell’istituto Costituzionale non potrà essere fermata certamente dall’interno, infatti l’ANP, l’Assemblea Nazionale Popolare, l’organo legislativo (chiaramente elettivo, poi nei fatti controllato dal Governo), come nei migliori cortocircuiti istituzionali, diviene anche garante per il controllo costituzionale, sostanzialmente scrivendo e valutando la costituzionalità di ogni singola legge, e riducendo tristemente lo stesso controllo ad una mera farsa.
Insomma, per la Cina la strada da percorrere per un’evoluzione giuridica vera e propria nei diritti è ancora molto lunga, e per il momento non se ne vede nemmeno l’inizio, non possiamo che augurarci in un fallimento del piano quinquennale del Social Credit System, che ricordiamo entrerà in vigore obbligatoriamente per tutti dal 2020, nel frattempo però potremo accontentarci di studiare gli effettivi sviluppi di una tale iniziativa di matrice Orwelliana attraverso i primi pilot programs fatti partire per la Nazione, ed in particolare, attraverso “Honest Shanghai”, l’app appena lanciata sul mercato Cinese, dedicata proprio al mercato locale di Shanghai, che attraverso il riconoscimento facciale rende possibile l’accesso ai registri governativi del singolo individuo.