- Premessa
I mass-media – inteso come macro insieme di giornali, riviste, televisione, radio e reti telematiche (con tutto ciò che vi sta dentro in termini di riviste on-line, blog, social network, etc. etc.) permeano la visione e comprensione del mondo in cui viviamo, tanto da portesi affermare che veniamo a contatto con il mondo sostanzialmente attraverso la mediazione dei mezzi di comunicazione di massa e, quindi, della visuale che, di volta in volta, ci propongono[1].
Sia a livello individuale che a livello collettivo, venivamo costantemente “bombardati” da messaggi provenienti da una moltitudine di fonti, dove un’informazione caccia via l’altra, amplificandola, confondendola, obliandola, in una girandola di notizie vere, inchieste, interviste, notizie strillate, bufale (più o meno) innocue e fake news che influenzano attitudini, opinioni e stati d’animo, alimentano polemiche e discorsi d’odio e, last but not least, promuovono prodotti.
- La libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di informazione
La libertà di manifestazione del pensiero è una libertà nella cui natura ancipite è connaturato sia l’aspetto di diffondere liberamente delle informazioni e/o esprimere delle opinioni, sia l’aspetto di ricevere liberamente tali informazioni e/o opinioni. Essa è, altresì, una libertà che si declina negativamente, ossia come libertà che non dovrebbe subire compressioni da indebiti vincoli esterni[2].
I vantaggi e gli svantaggi che questa libertà inevitabilmente reca con sé, rappresentano il tema fondamentale dell’individuazione del perimetro dei suoi limiti. Perimetro che si tenta di tracciare tenendo conto che, nelle sue radici, la libertà di manifestazione del pensiero «talvolta è inseparabile dalla fede, dall’arte, dall’esercizio della democrazia, dalla difesa dei diritti»[3], giovando al «progresso delle conoscenze e del vivere civile». In altri casi, invece, è «fine a sé stessa non recando alcun apporto a valori universalmente condivisisi o fatti propri dall’ordinamento»[4]. In altri casi ancora, infine, reca addirittura apporti potenzialmente negativi, si pensi alle fattispecie diffamatorie e/o di hate speech.
Ai fini della disagevole e delicata individuazione dei (mobili) limiti della libertà di manifestazione del pensiero, soprattutto nella sua declinazione di libertà di informazione, vengono com’è noto in rilievo due norme fondamentali: l’art. 10 CEDU e l’art. 21 Cost.
In estrema sintesi, l’art. 10 CEDU viene interpretato nel senso che eventuali interferenze da parte degli Stati alla libertà di manifestazione del pensiero, «devono comunque sempre essere: i) proporzionate allo scopo legittimo perseguito ai sensi del secondo comma dell’art. 10; ii) giustificate da decisioni giudiziarie che offrono motivazioni pertinenti e sufficienti»[5]e, soprattutto, fondate sul principio generale che la libertà di espressione, garantisce la non solo la circolazione di «idee e di opinioni largamente condivise nella società», ma anche la circolazione di idee e opinioni che urtano e «contrastano con il sentire di una parte più o meno ampia della popolazione dello stato»[6].
L’art. 21 Cost. viene interpretato nel senso che la libertà di informazione (intesa nel senso della libertà di diffondere attraverso i mass-media notizie e commenti), dev’essere controbilanciata con il rispetto dei diritti individuali della persona riconosciuti dall’art. 2 Cost. Ne segue che, la libertà di manifestazione del pensiero,in linea di principio, dovrebbe esercitarsi senza offese all’onore o la reputazione e senza lesioni all’immagine o alla riservatezza altrui.
Da queste contrapposte necessità di tutelare adeguatamente e paritariamente diritti e libertà fondamentali, i limiti della libertà di parola vengono definiti attraverso la verifica di quelli che ne sono i presupposti legittimanti, ossia: a)l’utilità sociale dell’informazione; b)la verità (oggettiva, o anche soltanto putativa, ma in questo caso risultato di un lavoro di ricerca serio e diligente); c)la forma civile dell’esposizione dei fatti e/o della loro valutazione, ovvero in una forma non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire e tale da escludere un deliberato intento denigratorio[7].
L’assenza di uno dei sopradescritti criteri determina che il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (solitamente declinato nella forma del diritto di cronaca o del diritto di critica), non è più coperto dalla scriminante del suo legittimo esercizio, con conseguente non scriminata lesione (e, in quanto tale, punibile e risarcibile) dei diritti della persona che sono stati violati. Viceversa, la presenza dei sopramenzionati criteri rende lecita la condotta ed esclude qualsivoglia forma di punizione e/o di risarcimento di ipotetici danni.
- Il risarcimento del danno
Il termine danno indica il pregiudizio arrecato da un’altrui azione illecita, sia essa contrattuale o extracontrattuale. Anche qui, brevemente, si ricorda che secondo autorevole dottrina il danno «si specifica in tre distinte nozioni: come evento lesivo, come effetto economico negativo, come liquidazione pecuniaria dell’effetto economico negativo»[8]. Come evento lesivo, il danno è «risultato materiale, o giuridico, in cui si concreta la lesione di un interesse giuridicamente apprezzabile». Dopodiché, in ragione della «natura patrimoniale o non patrimoniale dell’interesse leso, il danno può essere patrimoniale o non patrimoniale»[9].
Nelcodice civile disciplinano il danno, l’art. 1223 («il risarcimento del danno da inadempimento o da ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne sia conseguenza immediata e diretta») e l’art. 2043 («qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno»). Secondo l’insegnamento della Cassazione, il danno ingiusto, exart. 2043 c.c., è un danno non iure(ossia, generato da un comportamento non conforme o non giustificato dal diritto) e contra ius(ossia, un danno che ha leso un interesse riconosciuto e tutelato dall’ordinamento)[10]. Inoltre, sulla parte che si asserisce lesa, grava l’onere di provare (exartt. 2043 e 2697 c.c.) i fatti che costituiscono il fondamento della sua azione e, in particolare, la sussistenza di un nesso di causalità – immediata e diretta – tra l’azione (o l’omissione) ed il danno ingiusto da questa derivato, nonché l’imputabilità soggettiva dello stesso.
Ciò posto, con riferimento al risarcimento danno da diffamazione tramite mass-media, occorre svolgere due ordini di considerazioni:
- da un lato, occorre considerare la diffusa la tendenza dei pretesi diffamati a preferire l’azione civile di risarcimento del danno (in luogo della querela per diffamazione), con la quale richiedere risarcimenti nell’ordine di svariate migliaia di euro[11];
- dall’altro lato, occorre considerare che qualsiasi analisi del risarcimento danno da diffamazione, non può prescindere dalla storica decisione resa dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione in data 11 novembre 2008, n. 26972 (di contenuto identico ad altre tre sentenze, tutte depositate contestualmente)[12], che ha rivisto i presupposti ed il contenuto della nozione di «danno non patrimoniale» di cui all’art. 2059 c.c. Quest’ultimo, oggi viene interpretato come una categoria ampia ed omnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva e nel quale confluiscono «tutte le voci afferenti la dimensione personale dell’individuo.
In forza dei principi espressi dalle citate Sezioni Unite:
- il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: a) le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso, (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); b) le ipotesi in cui la risarcibilità del danno, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata all’art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione. Dunque, la lesione del diritto all’onore, alla reputazione, all’immagine, all’identità personale, etc. «fa sorgere in capo all’offeso il diritto al risarcimento del danno, a prescindere dalla circostanza che il fatto lesivo integri o meno un reato, sicché, ai fini risarcitori, è del tutto irrilevante che il fatto sia stato commesso con dolo o con colpa»[13].
- il danno non patrimoniale- anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona – costituisce danno conseguenza che deve essere allegato e provato; attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale. Peraltro, il ricorso alla prova presuntiva, è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l’unica fonte per la formazione del convincimento del giudice non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri[14].
Tanto premesso, nelle fattispecie diffamatorie:
- quanto ai danni patrimoniali, quasi mai viene raggiunta la prova dell’esistenza di un danno emergente o di un lucro cessante, eziologicamente connesso alla diffusione della notizia lesiva;
- quanto ai danni non patrimoniali, vengono per lo più riconosciuti «limitatamente al dannomorale soggettivo, inteso come sofferenza interiore (turbamento, disagio, imbarazzo, ancorché transitorio) patita a seguito della diffusione dello scritto diffamatorio»[15]. In quest’ipotesi, la prova del danno, si «risolve nella dimostrazione di due condizioni, cioè l’esistenza di un fatto produttivo di conseguenze pregiudizievoli e l’idoneità del medesimo ad ingenerare una ripercussione “dolorosa” nella sfera personale del soggetto leso»[16]. Peraltro, tale secondo presupposto può ritenersi provato con il ricorso al notorio e tramite presunzioni semplici[17].
Con riferimento, invece, alla liquidazione dei danni non patrimoniali questi «non possono che essere liquidati in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., e nella loro unitarietà, evitando duplicazioni di voci»[18]. Tale liquidazione equitativa «non è censurabile in Cassazione, sempre che i criteri seguiti siano enunciati in motivazione e non siano manifestamente incongrui rispetto al caso concreto, o radicalmente contraddittori, o macroscopicamente contrari a dati di comune esperienza, ovvero l’esito della loro applicazione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto»[19]. Inoltre, per quanto, in questa materia la liquidazione equitativa del danno sia inevitabilmente sottratta alla necessità di una giustificazione puntuale dei valori economici liquidati, non basta che la Corte di merito effettui un mero richiamo ai “criteri equitativi usualmente utilizzati”,senza ulteriori indicazioni dei criteri concretamente applicati, risolvendosi in questo caso in una motivazione apparente e, come tale, non idonea a palesare le ragioni che la sostengono[20].
- I criteri orientativi per la liquidazione del danno da diffamazione – Edizione 2018
L’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano al fine di individuare i criteri omogenei di orientamento per la liquidazione equitativi del danno da diffamazione, ai quali parametrare le somme da riconoscere caso per caso, ha analizzato 89 sentenze emesse, nel quadriennio 2014 – 2017, da vari tribunali in materia di diffamazione[21].
Il risultato della ricerca – dopo essere stato sottoposto all’esame degli Osservatori di altre sedi – è stato reso noto a metà marzo 2018 ed è possibile trovarlo e scaricarlo online[22].
Con riferimento all’individuazione dei parametri utilizzati dai giudici di merito per determinare la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, il risultato al quale è pervenuta la ricerca dell’Osservatorio è per lo più sovrapponibile a quanto emerso in analoghi lavori di ricerca svolti negli anni passati[23]: il che conferma l’esistenza di un orientamento oramai costante e consolidato da parte della giurisprudenza di merito.
Di seguito una tabella comparativa di sintesi dei dati emersi nelle ricerche svolte in questi anni.
2018[24] | 2013[25] | 2012[26] | 2011[27] | |
CRITERI
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Diffamante | Notorietà | Popolarità e/o l’autorevolezza del giornalista
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Diffamato | Carica pubblica
Ruolo istituzionale
Ruolo professionale
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Ruolo istituzionale all’epoca dei fatti
Correlazione tra le notizie diffamatorie e l’esercizio delle pubbliche funzioni della carica
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Qualità soggettive della persona danneggiata
Ruolo ricoperto |
Notorietà
Ruolo istituzionale
Presumibili ricadute negative sulla reputazione professionale / sociale
Grado di disagio che ne è conseguito per la funzione svolta
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Risonanza mediatica | Eco della notizia
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Clamore / risonanza delle notizie diffuse
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Natura e entità delle conseguenze sulla professione / vita diffamato | Discredito che ne è derivato
Conseguenze sulla professione / vita diffamato
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Presumibili ricadute negative sull’onore del diffamato | ||
Limitata riconoscibilità
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Reputazione già compromessa
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Ampio lasso temporale tra fatto e domanda
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Pubblicazione rettifica
Spazio a dichiarazioni del diffamato
Rifiuto del diffamato dal rilasciare dichiarazioni
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Richiesta o meno di rettifica
Pubblicazione di una lettera contenente ampie dichiarazioni del diffamato |
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Condotta | ||||
Intensità elemento psicologico: animus diffamandi, dolo eventuale, etc. | Intensità dell’elemento psicologico
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Intensità elemento psicologico, con proporzionale sofferenza morale del diffamato
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Maggiore, o minore, intensità del dolo o della colpa | |
Natura della condotta diffamatoria, ossia
se colpisce la sfera personale e/o professionale, se violi verità e/o continenza e/o pertinenza se sia circostanziata o generica se utilizza espressioni ingiuriose, denigratorie dequalificanti se fa uso del turpiloquio se ha un possibile rilievo penale
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Natura del fatto falsamente attribuito
Gravità espressioni utilizzate
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Attribuzione di fatti gravi
Attribuzione fatti con rilievo penale
Attribuzione di fatti non veri |
Portata oggettivamente offensiva dei pezzi giornalistici
Contenuto della forma espositiva
Utilizzo di espressioni oggettivamente e gravemente ingiuriose |
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Condotte reiterate
Campagne stampa
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Campagna stampa
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Collocazione dell’articolo
Collocazione dei titoli
Spazio che la notizia occupa
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Rilievo complessivo dell’articolo attraverso l’uso di
-immagini -titoli -box di richiami
Rilievo dato alla notizia all’interno dell’articolo
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Risalto della notizia pubblicazione:
articolo in prima pagina articolo a più colonne articolo su più pagine, uso di immagini enfatizzazione dei titoli reiterazione in altri numeri ripetizione articolo nelle pagine di cronaca nazionale e in quelle regionali
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Mass-media |
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Mezzo utilizzato per la diffamazione
Diffusione on-line
Diffusione nazionale o locale
Ma escludendo l’automatica equiparazione tra minor tiratura e minor danno e valutando se la diffusione meramente locale ma di elevata diffusione abbia avuto ripercussioni sulla vita di relazione del danneggiato
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Tipologia dei mezzi di comunicazione utilizzati
Diffusione sul territorio nazionale o locale
Diffusione telematica (sito web ; archivio on-line con accesso limitato)
Destinazione del periodico ad un pubblico qualificato
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I fatti riportati erano già stati oggetto di pubblicazione anche da parte di altri mass-media con attenuazione degli effetti lesivi | Ampiezza (o meno) della diffusione cartacea
Diffusione radiofonica o televisiva
Diffusione on-line(in uno con la facile recuperabilità e leggibilità dell’articolo on-line anche a distanza di tempo) |
Ciò posto, vediamo che l’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, propone sulla base dei criteri sopra enucleati, cinque diverse tipologie di diffamatorietà crescente alle quali applicare range di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, oscillanti tra un importo minimo ed uno massimo.
1) diffamazioni di tenue gravità, individuabile dalla presenza dei seguenti indici:
- limitata / assente notorietà del diffamante
- tenuità dell’offesa considerata nel contesto fattuale di riferimento
- minima/limitata diffusione del mezzo diffamatorio
- minimo/limitato spazio della notizia diffamatoria
- assente risonanza mediatica
- tenue intensità elemento soggettivo
- intervento riparatorio / rettifica del convenuto
condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 1.000,00 e € 10.000,00
2) diffamazioni di modesta gravità, individuabile dalla presenza dei seguenti indici:
- limitata/modesta notorietà del diffamante
- limitata diffusione del mezzo diffamatorio (1 episodio diffamatorio a diffusione limitata)
- modesto spazio della notizia diffamatoria
- modesta/assente risonanza mediatica
- modesta intensità elemento soggettivo
condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 11.000,00 e € 20.000,00
3) diffamazioni di media gravità, individuabile dalla presenza dei seguenti indici:
- media notorietà del diffamante
- significativa gravità delle offese attribuite al diffamato sul piano personale e/o professionale
- uno o più episodi diffamatori
- media/significativa diffusione del mezzo diffamatorio (diffusione a livello nazionale/significativa diffusione nell’ambiente locale di riferimento)
- eventuale pregiudizio al diffamato sotto il profilo personale e professionale
- natura eventuale del dolo
condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 21.000,00 e € 30.000,00
4) diffamazioni di elevata gravità, individuabile dalla presenza dei seguenti indici:
- elevata notorietà del diffamante,
- uno o più episodi diffamatori di ampia diffusione (diffusione su quotidiano/trasmissione a diffusione nazionale)
- notevole gravità del discredito e eventuale rilevanza penale/disciplinare dei fatti attribuiti al diffamato
- eventuale utilizzo di espressioni dequalificanti/denigratorie/ingiuriose
- elevato pregiudizio al diffamato sotto il profilo personale, professionale e istituzionale
- risonanza mediatica della notizia diffamatoria
- elevata intensità elemento soggettivo
condanna in via equitativa al pagamento di una somma parametrabile tra € 31.000,00 e € 50.000,00
5) diffamazioni di eccezionale gravità: l’Osservatorio propone una condanna in via equitativa al pagamento di una somma in misura superiore a € 50.000,00.
Da ultimo, per completezza, con riguardo alla media degli importi liquidati a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale si riporta di seguito in una tabella comparativa, quanto emerso nelle più recenti tra le sopracitate ricerche.
Ricerca | Campione | Media danni liquidati |
Osservatorio Giustizia Civile Milano 2018 | 89 sentenze
Anni 2014 – 2017 Tribunali diversi
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€ 26.290,00 |
Dir. inf. 2014, 405
Zeno-Zencovich, La quantificazione del danno alla reputazione e ai dati personali: ricognizione degli orientamenti 2013 del Tribunale civile di Roma
|
228 sentenze
Anno 2013 T. Roma
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€ 19.300,00[28] |
Resp. civ. prev. 2013, 1857
Peron, Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana |
157 sentenze
Anni 2011-2012 Trib. Milano
|
€ 27.828,21 |
Resp. civ. prev. 2012, 938
Gaudino – Randi, Il prezzo dell’onore: la valutazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa
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56 sentenze
Anni 2008-2012 Tribunali diversi
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€ 29.961,13 |
Dir. inf. 2009, 263
Zeno-Zencovich, Analisi di 320 sentenze sulla lesione della personalità rese dal Tribunale di Roma
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320 sentenze
Anni 2004 – 2009 T. Roma
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€ 29.000,00 |
- La sanzione pecuniaria
Per i soli casi di diffamazione commessa col mezzo della stampa[29], ai sensi dell’art. 12 della l. 47/1948,può disporsi – su richiesta del diffamato – una «somma a titolo di riparazione che non rientra nel risarcimento del danno né costituisce una duplicazione delle voci di danno risarcibile, ma integra una ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata prevista per legge, che come tale può aggiungersi al risarcimento del danno»[30]. È solitamente posta a carico del giornalista, con esclusione della società editrice e del direttore responsabile la cui responsabilità sia stata individuata solo in termini di omesso controllo[31].
Perquanto riguarda i criteri adottati per la determinazione dell’ammontare degli importi dovuti per la sanzione pecuniaria la giurisprudenza pacificamente ammette il ricorso a criteri equitativi analoghi a quelli enucleati per la liquidazione dei danni.
Infine, dalla ricerca effettuata dall’Osservatorio della Giustizia Civile di Milano, l’entità media della sanzione pecuniaria, è risultata «tendenzialmente calcolata in una percentuale tra 1/8 e 1/3 del danno liquidato». Anche tale dato pare non discostarsi dai dati rilevati nelle precedenti ricerche nelle quali la sanzione pecuniaria stata liquidata in una misura media oscillante tra 4 / 5 mila euro[32].
- Conclusioni
I parametri di liquidazione del danno proposti dall’Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano, appaiono utili ad orientare non solo gli organi giudicanti, ma anche le parti del processo.
In particolar modo, l’auspicio è che possano fungere da guida per la parte attrice all’atto della formulazione della domanda. Difatti se è pur vero che, è disagevole individuare un importo che sia ristorativo dei danni non patrimoniali sofferti dalla parte, trattandosi di danni difficile ponderazione nella loro effettiva portata. E’ altrettanto vero che, può essere inutile o inefettivo, se non addirittura controproducente, formulare istanze risarcitorie nell’ordine di svariate centinaia di migliaia di euro, tanto da potersi reputare «esorbitanti e prive di qualsiasi self restaint».
Tutte le ricerche svolte hanno difatti sottolineato la grande «distanza fra quanto chiesto e quanto ottenuto»[33]. Con la conseguenza che anche in caso di accoglimento della domanda attorea, l’accoglimento avviene per importi largamente ridimensionati[34]. Per contro, invece, la «ragionevolezza della richiesta, figura apprezzata e forse premiata dal giudice, con l’accoglimento integrale o quasi della somma reclamata dall’attore»[35].
[1]Si veda in proposito T.Gitlin, Media e società contemporanea, in Treccani online: «veniamo a contatto con il mondo attraverso i media a tal punto che non possiamo avere realmente accesso a un mondo che non sia mediato. Il mondo in cui viviamo non è solo saturato dai media ma è dentro e fra i media, un mondo che è sostanzialmente costruito attraverso immagini e suoni che lo ampliano».
[2]Cfr. F. Azzarri, Il sensibile diritto, in Resp. civ. prev., 2012, 168 e ss., secondo cui si declinano negativamente tutte le «libertà connesse alla manifestazione del pensiero, come la libertà di corrispondenza, la libertà di stampa, la libertà di opinione politica e sindacale, la libertà religiosa e di coscienza, la libertà dell’arte e della scienza, la libertà della ricerca scientifica e dell’insegnamento».
[3]A. Bevere – A. Cerri, Il diritto di informazione e i diritti della persona, Milano, 2006, 18-19.
[4]Ibid.
[5]Si veda il caso CEDU, Aleksey Ovchinnikov v. Russia, ric. 24061/04(2010).
[6]In proposito si vedano: CEDU, Müllerv. Svizzera, ric. 10737/84 (1988), in Riv. dir. internaz., 1989, 78 ss.; Cass. pen.,sez. V, 13 giugno 2007, n. 27339; Cass. pen., sez. V, 2 luglio 2007, n. 25138, in Resp. civ. prev.,2007, 2544 ss., con nota di S. Peron. La critica giudiziaria tra fatti e opinioni.
[7]Si vedano tra le più recenti: Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2018, n. 2357;Cass. pen., sez. III, 7 aprile 2016, n. 27948 e Cass. civ., sez. III, 31 ottobre 2014, n. 23168. Anche nel caso della satira, vista come «modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica», se è vero che non si assoggetta «all’obbligo di riferire fatti veri, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su di un fatto»; è altrettanto vero che è pur sempre «soggetta al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito. Conseguentemente, nella formulazione del giudizio critico, possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato», così da ultimo, Cass. civ., sez. I, 20 marzo 2018, n. 6919.
[8]M. Bianca, Diritto civile, Milano, 2011, 123.
[9]Ibidem.
[10]Cass. civ., sez. un., 26 gennaio 1971, n. 174, in Resp. civ. Prev., 1971, 67 ss.
[11]Al riguardo si rinvia alla ricerca pubblicata su New Tabloid, 3, 2013, 32 ss., sulle sentenze emesse dal Tribunale di Milano, sezione civile, nel biennio 2011 – 2012, dalla quale è emerso – su un campione di 112 parti attrici – un’entità media di richieste risarcitorie pari a € 766.511,93 (v. p. 35).
[12]Le pronunzie le Sezioni Unite sono state variamente annotate, ex multis daP.G. Monateri, Il pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale, in Resp. civ. prev., 1, 2009, 56 ss.; E. Navarretta, Il valore della persona nei diritti inviolabili e la complessità dei danni non patrimoniali, ivi, 63 ss.; D. Poletti, La dualità del sistema risarcitorio e l’unicità della categoria dei danni non patrimoniali, ivi, 76 ss.; P. Ziviz, Il danno non patrimoniale: istruzioni per l’uso, ivi, 94 ss.; M. Franzoni, Cosa è successo al 2059 c.c.?, in Resp. civ., 2009, 20 ss.; F. Bilotta, I pregiudizi esistenziali: il cuore del danno non patrimoniale dopo le Sezioni Unite del 2008, ivi, 45 ss.; F. Busnelli, Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale, in Riv. dir. civ., 2, 2009, 97 ss.; P. Cendon, L’urlo e la furia, in Nuova giur. civ. comm., 2, 2009, 71 ss.; M. Di Marzio, Danno non patrimoniale: la messa a punto delle sezioni unite,ivi, 117 ss.; G. Ponzanelli, La prevista esclusione del danno esistenziale e il principio di integrale riparazione del danno: verso un nuovo sistema di riparazione del danno alla persona, ivi, 90 ss.
[13]Cass. civ., 16 giugno 2018, n. 15742; Trib. Roma, 1 giugno 2017, n. 11103; Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2008, n. 25157:«ogni qualvolta risulti integrata la fattispecie normativa di cui all’art. 2043 c.c., e quindi anche fondata sulla sola colpa (ed addirittura una delle fattispecie specifiche di responsabilità oggettiva, ad esempio artt. 2049, 2051, art. 2054 c.c.), se l’evento lesivo attiene ad un valore della persona costituzionalmente tutelato, il danno-conseguenza non patrimoniale, di cui all’art. 2059 c.c., è risarcibile, anche se tale fatto o non è proprio previsto dalla legge come reato o non integra reato».
[14]Tra le più recenti pronunzie in questo senso: Cass. civ., sez. I, 28 marzo 2018, n. 7594; Cass. civ., sez. I, 21 novembre 2014, n. 24474.
[15]Trib. Roma, 3 agosto 2017, n. 15743.
[16]Trib. Milano, 21 agosto 2018, n. 8738.
[17]Cass. civ., sez. III, 26 ottobre 2017, n. 25420 e Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2017, n. 13153.
[18]Trib. Roma, 21 marzo 2018, n. 6052.
[19]Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2017, n. 13153.
[20]Cass. civ., sez. III, 27 giugno 2018, n. 16908: «la liquidazione equitativa del danno sia inevitabilmente sottratta – nella presente materia – alla necessità di una giustificazione puntuale dei valori economici liquidati, la Corte di merito non avrebbe potuto limitarsi a sottolineare l’esigenza di una “parità di trattamento” e a richiamare genericamente “i criteri equitativi usualmente utilizzati da questa Corte nelle ipotesi della diffamazione”da “adottare, seppure solo quali linee guida”, senza precisare in quali termini l’importo liquidato fosse conforme agli anzidetti criteri e tale da assicurare la parità di trattamento (anche alla luce della peculiarità del caso, non riconducibile propriamente ad un danno da diffamazione): al riguardo la motivazione risulta pertanto apparente e, come tale, non idonea a palesare le ragioni che la sostengono».
[21]Il campione ha riguardo per di più i tribunali di Milano (41 sentenze analizzate) e Roma (26 sentenze analizzate). Le restanti 22 sentenze analizzate, sono state emesse dai tribunali di Bologna, Monza, Firenze, Brescia, Asti, Livorno, Cagliari, Padova, Salerno, Taranto, Bari e Ferrara.
[22]Così premette l’Osservatorio alla diffusione dei dati del suo lavoro di ricerca gli «elaborati sono il risultato di una riflessione comune svolta negli anni dal 2015 al 2017, riflessione partita dall’analisi della giurisprudenza al fine di proporre criteri omogenei utilizzabili in via equitativa anche per questi particolari casi di liquidazione di danno non patrimoniale: i vari gruppi di lavoro dell’Osservatorio milanese si sono confrontati in decine di riunioni, alle quali hanno partecipato oltre 120 componenti, avvocati, giudici togati e onorari, medici legali, professori universitari, tirocinanti, cultori della materia. Le proposte dell’Osservatorio milanese sono state poi sottoposte all’esame di tutti gli Osservatori di altre sedi, in particolare nelle Assemblee nazionali degli Osservatori sulla giustizia civile (2016 Milano, 2017 Roma) ed hanno trovato sostanziale condivisione da parte degli Osservatori di Bologna, Catania, Firenze, Genova, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Rimini, Roma, Salerno, Torino e Verona. Le “Tabelle Edizione 2018″ e gli altri elaborati sono in corso di trasmissione ai magistrati del Tribunale e del Distretto e agli Ordini professionali del Distretto da parte del Presidente del Tribunale di Milano e da parte della Presidente della Corte d’appello di Milano».
[23]In particolare, ci si riferisce ai dati emersi dalle seguenti pubblicazioni: S. Peron, Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana, in Resp. civ. prev., 2013, 1857 ss., che ha riguardato l’analisi di 157 sentenze emesse dal Tribunale civile di Milano nel biennio 2011 – 2012; S. Peron – E. Galbiati, Diffamazione tramite mass-media: i nuovi orientamenti dei giudici di merito tra prova del danno e liquidazione del risarcimento, in Resp. civ. prev., 2012, 1502 ss., che ha riguardato l’analisi di 83 sentenze di primo grado emesse, in sede civile, negli anni 2010, 2011, 2012; S. Peron – E. Galbiati, Diffamazione e risarcimento del danno tra principi consolidati e contrasti giurisprudenziali, in Giur. merito, 2011, 720 ss., che ha riguardato l’analisi di un panorama di sentenze (quasi tutte inedite) emesse dalle corti di merito di fori differenti (Torino, Monza, Milano, Roma, Lecce, Bari, Palermo) nel biennio 2009 – 2010.
Per altre analoghe ricerche si rinvia a:V. Zeno-Zencovich, La quantificazione del danno alla reputazione e ai dati personali: ricognizione degli orientamenti 2013 del Tribunale civile di Roma, in Dir. inf., 2014, 405 ss.; L. Gaudino – F. Randi, Il prezzo dell’onore: la valutazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa, in Resp. civ. prev., 2012, 938 ss.; V. Zeno-Zencovich, Analisi di 320 sentenze sulla lesione della personalità rese dal Tribunale di Roma, inDir. inf., 2009, 263 ss.; S. Peron – E. Galbiati, La giurisprudenza della Corte d’appello civile di Milano in materia di diffamazione nel triennio 2003-2005, in Resp. civ. prev., 2007, 2254 ss.; S. Peron – E. Galbiati, La diffamazione a mezzo stampa nelle sentenze del Tribunale civile e penale di Milano nel quadriennio 2001-2004, in Dir. inf., 2006, 57 ss.; V. Zeno-Zencovich – R. Bitetti, Analisi di 286 sentenze sulla lezione della reputazione rese dal Tribunale di Roma (1997 – 2000), in Dir. inf., 2002, 109 ss.; A. Scarselli – V. Zeno Zencovich, Analisi di 200 sentenze sulla lezione della reputazione rese dal Tribunale di Roma, in Dir. inf., 1998, 823 ss.; A. Scarselli – V. Zeno-Zencovich, Analisi di 170 sentenze sulla lezione della reputazione rese dal Tribunale di Roma (1988 – 1994), in Dir. inf., 1995, 701 ss.
[24]Fonte Osservatorio Giustizia Civile.
[25]Fonte: S. Peron, Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana, cit.
[26]Fonte: S. Peron – E. Galbiati, Diffamazione tramite mass-media: i nuovi orientamenti dei giudici di merito tra prova del danno e liquidazione del risarcimento, cit.
[27]Fonte: S. Peron – E. Galbiati, Diffamazione e risarcimento del danno tra principi consolidati e contrasti giurisprudenziali, cit.
[28]Per completezza si noti che ricerca svolta da Zeno-Zencovich ha individuato un importo minimo di € 2.000,00 ed uno massimo di € 65.000,00 e che nel comparare i risultati con la precedente ricerca pubblicata nel 2009, ha constato una «forte riduzione delle sentenze di accoglimento» e un «livellamento verso il basso degli importi liquidati».
[29]Cass. civ., sez. III, 10 maggio 2011, n. 10214: «l’art. 12 l. n. 47/48, nel prevedere una ipotesi eccezionale di pena pecuniaria privata per la diffamazione a mezzo stampa, non è suscettibile di applicazione analogica a casi diversi da quelli espressamente contemplati; conseguentemente, in mancanza di un espresso richiamo alla suddetta disposizione da parte della l. n. 223/90, che disciplina i reati commessi con il mezzo televisivo, non è applicabile a questi ultimi». Per i medesimi motivi, la giurisprudenza ne esclude l’applicazione anche per i casi di diffamazione online.
[30]Cass. civ., sez. III, 12 dicembre 2017, n. 29640.
[31]Trib. Roma, 3 agosto 2017 n. 15743, Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2007, n. 17395.
[32]L. Gaudino – F. Randi, Il prezzo dell’onore: la valutazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa, cit., 950; S. Peron, Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana, cit., 1858.
[33]L. Gaudino – F. Randi, Il prezzo dell’onore: la valutazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa, cit., 950.
[34]S. Peron, Diffamazione tramite mass-media: un biennio di giurisprudenza ambrosiana, cit., 1856, ha evidenziato come «l’entità media delle condanne di risarcimento dei danni non patrimoniali disposta a favore di ciascun attore (campione 104 parti) è stata di € 27.828,21, ossia meno del 4% della media di quanto richiesto (€ 766.511,93)». Mentre, «l’entità media delle sanzioni pecuniarie liquidate è stata pari a € 4.330,00 (a fronte di una richiesta, in media, pari a € 147.818,22)» (p. 1858).
[35]L. Gaudino – F. Randi, Il prezzo dell’onore: la valutazione equitativa del danno da diffamazione a mezzo stampa, cit., 950.