Il cinema in Italia è stato notoriamente oggetto, sino ad oggi, di un corpus legislativo disomogeneo e disorganizzato fin dai suoi primi tentativi di regolamentazione.
Per invertire tale dato di fatto, lo scorso 28 gennaio il Ministro della Cultura Dario Franceschini ha presentato il disegno di legge n. 2287 “Disciplina del cinema dell’audiovisivo e dello spettacolo” (di seguito ddl), sollevando in quell’occasione un certo clamore mediatico, se non altro per la presenza dei quattro premi Oscar che hanno attratto l’attenzione dell’opinione pubblica sull’ambizioso e inedito programma di rilancio del comparto nazionale, a livello europeo ed internazionale.
Il ddl, che a causa di diversi slittamenti non sarà discusso in Parlamento prima del prossimo novembre, presenta per la prima volta un insieme ordinato e coeso di 38 articoli riguardanti alcuni ambiti dello spettacolo, fra i quali in primis il cinema.
Gli obiettivi, presentati all’art. 3, sono accomunati dalla necessità di razionalizzare le norme già in vigore e fornire una struttura definitiva agli strumenti di sostegno finanziario, per creare un’industria cinematografica nazionale solida, attenta al pluralismo dell’offerta, alla formazione dei talenti, alla conservazione del patrimonio audiovisivo e allo sviluppo di nuovi progetti.
Il nuovo Fondo per lo sviluppo e gli strumenti di sostegno
Il principale merito riconosciuto al ddl consiste nello stabilizzare le dotazioni finanziarie annualmente destinate al settore: a questo fine infatti viene istituito il “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo” (art. 11), che sostituirà tutti i precedenti fondi esistenti[1].
Il nuovo Fondo verrà alimentato dalla risorse già presenti nel Fondo di cui all’art. 12, d.lgs. 28/2004 alla data di entrata in vigore della legge e, a partire dal 2017, da una somma annuale non inferiore a 400 milioni di euro, ricavata almeno in parte dall’11% delle entrate effettivamente registrate dallo Stato nell’anno precedente attraverso il versamento a fini IRES e IVA delle imprese di distribuzione cinematografica, di video e di programmi televisivi, proiezione cinematografica, programmazioni e trasmissioni televisive, erogazione di servizi di accesso a internet, telecomunicazioni fisse, telecomunicazioni mobili.
Un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri stabilirà le modalità di gestione del Fondo.
Dal Fondo si potrà attingere per erogare quattro strumenti di sostegno:
- Credito d’imposta in 6 tipologie
- Contributi automatici
- Contributi selettivi
- Partecipazione agli oneri
1. Credito d’imposta
I finanziamenti indiretti[2] sono suddivisi in sei diverse tipologie di credito d’imposta, che vanno a sostituire interamente la disciplina introdotta originariamente con l’art. 1, cc. 325-343, l. 244/2007 (Finanziaria 2008):
- imprese di produzione (art. 13): la natura dell’aliquota cambia, non rimanendo più fissa come nel testo in vigore, ma divenendo suscettibile di una fluttuazione tra il 15% e il 30%, da calcolare sulle somme complessivamente spese per la produzione di un’opera. Un decreto ministeriale avrà la funzione di stabilire le aliquote da riconoscere a ciascuna tipologia di opera e a ciascuna tipologia di impresa, oltre ai requisiti, alle condizioni e alla procedura per l’ottenimento del beneficio;
- imprese di distribuzione (art. 14): anche in questo caso le aliquote diventano variabili, con una forbice compresa sempre tra il 15% e il 30%, da calcolare sulle spese sostenute per la distribuzione nazionale e internazionale. Si aggiunge inoltre un credito d’imposta straordinario del 40%, i cui dettagli di applicazione, unitamente a quelli previsti per le aliquote variabili, saranno esplicati in un decreto ministeriale;
- imprese di esercizio, industrie tecniche e di post-produzione (art. 15): la percentuale dell’agevolazione (tra il 20% e il 40%) viene calcolata sui costi sostenuti complessivamente per l’adeguamento dei locali di proiezione agli ultimi ritrovati della tecnologia, per la realizzazione di nuove sale e per il ripristino di sale inattive. I medesimi parametri si applicano anche alle aziende tecniche e di post-produzione che vogliano continuare a essere al passo coi tempi e saranno definiti da un decreto ministeriale;
- potenziamento dell’offerta italiana ed europea (art. 16): tale forma di tax credit è decisamente innovativa, poiché concede un beneficio, le cui aliquote saranno individuate attraverso un decreto ministeriale, con lo scopo di invogliare le sale cinematografiche a programmare maggiori film di nazionalità italiana ed europea;
- imprese di produzione esecutiva e di post-produzione (art. 17): nel caso di film dalla nazionalità straniera girati sul territorio italiano, è prevista un’aliquota fluttuante tra il 20% e il 30% delle spese affrontate dall’impresa di produzione esecutiva o di post-produzione italiana su commissione di imprese di produzione estere, che utilizzino manodopera italiana;
- imprese cd. “esterne”, ossia non appartenenti al settore della produzione cinematografica e audiovisiva (art. 18): i soggetti non appartenenti al settore cinematografico rientranti tra quelli previsti dall’art. 73 TUIR e i titolari di reddito di impresa che stipulino un contratto di associazione in partecipazione con un’impresa di produzione italiana possono godere di un credito d’imposta non superiore al 30% del loro apporto conferito per attività di produzione o distribuzione di opere audiovisive in Italia e all’estero.
Alla conferma di tutte le disposizioni amministrative già presenti nella disciplina originaria, si aggiunge la cedibilità dell’eventuale eccedenza del credito, i cui destinatari possono essere intermediari bancari, finanziari e assicurativi sottoposti a vigilanza prudenziale che, a loro volta, potranno cedere i crediti a investitori privati “esterni”. I crediti ceduti potranno essere utilizzati solamente in compensazione.
2. Contributi automatici
Definita la parte di finanziamento indiretto, rimane utile un rapido accenno alle forme di sussidio diretto allo sviluppo di nuove opere di nazionalità italiana: i “contributi automatici” (art. 21) non necessitano di alcuna valutazione discrezionale e sono erogati al fine di favorire la produzione e la distribuzione di opere da parte di imprese che abbiano già ottenuto determinati risultati in termini di incassi con i propri precedenti prodotti.
Per le opere cinematografiche si guarda agli incassi domestici e internazionali, oltre alle partecipazioni a festival e cerimonie di premiazione di fama mondiale; per le opere audiovisive ci si concentra sulla durata, i costi medi orari e i ricavi.
Un decreto del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo stabilirà i requisiti di solidità patrimoniale e finanziaria delle imprese eleggibili, nonché le modalità e i termini di assegnazione, utilizzo e revoca dei contributi stessi.
3. Contributi selettivi
I “contributi selettivi” (art. 24) vengono ad assumere una portata residuale, visto che ad essi potrà essere destinato fino al 15% del Fondo. Essi potranno essere erogati sulla base di valutazioni discrezionali formulate da un “gruppo di esperti” in favore di qualsiasi impresa individuata da un successivo decreto ministeriale. Elementi di preferenza nell’assegnazione dei finanziamenti sono rappresentati dalla qualità o dal valore culturale dell’opera, in particolare se lavori primi o secondi di talenti emergenti o se realizzati da giovani autori.
4. Contribuzione agli oneri
Il Ministero dei Beni Culturali, attraverso le risorse presenti nel Fondo, individua e organizza una serie di attività ulteriori per conseguire gli obiettivi di cui all’art. 3. Tra essi spicca la volontà di favorire la promozione cinematografica di opere nazionali, le cui modalità saranno descritte da un decreto ministeriale. Sono già indicati tre istituti che godranno di particolare preferenza nell’assegnazione delle risorse: l’Istituto Luce-Cinecittà s.r.l., la Fondazione “La Biennale di Venezia” e la Fondazione Centro Sperimentale di cinematografia.
Il modello francese
L’intero assetto fin qui presentato si ispira chiaramente al modello di finanziamento pubblico cinematografico francese: questo, infatti, è stato uno fra i primi a nascere in Europa e si colloca fra i più solidi ed efficienti di tutto il mondo, poiché combina un sistema premiale di contributi statali al raggiungimento, da parte delle imprese cinematografiche, di somme raccolte da finanziatori privati, stimolando un incontro tra imprenditorialità e sussidio pubblico.
Principale fonte delle risorse francesi destinate a questo ambito è una consistente quota delle entrate ricavate in numerosi ambiti, tra cui quelle applicate agli introiti prodotti dalle emittenti televisive, ai distributori di home video e alla vendita dei biglietti cinematografici.
I fondi sono gestiti dal Centre National de la Cinématographie, ente pubblico amministrativo con personalità giuridica e autonomia finanziaria, che si occupa di tutte i possibili aspetti della promozione del cinema nazionale: dall’attuazione di agevolazioni fiscali al sostegno economico alle attività di conservazione del patrimonio cinematografico.
Molto sviluppate sono le forme di sussidio di natura fiscale, a cui l’Italia ha sempre fatto riferimento per la propria legislazione: il Crédit d’Impôt Cinéma si rivolge alle società di produzione, per incentivarle a creare le proprie opere in Francia e limitare la delocalizzazione delle spese nei Paesi europei che offrono minori costi di materiali e di forza lavoro.
Il credito d’imposta è proporzionale alle spese tecniche per il film effettuate in Francia attraverso i servizi forniti da aziende francesi e manodopera ivi residente.
Si prevede anche un tax credit dedicato alle produzioni straniere, così come in Italia, chiamato TRIP (Tax Rebate for International Productions), ai cui benefici si può accedere tramite il superamento di un test culturale ma soprattutto la garanzia di girare parte del film sul territorio nazionale.
I progetti non qualificabili come francesi alla luce di quanto esposto sopra che sono totalmente o parzialmente realizzati in Francia devono essere sottoposti a un test culturale, oltre a garantire il rispetto di ulteriori requisiti tecnici quali, per esempio, durata delle riprese e utilizzo di location e industrie presenti nel territorio.
Rimane la pur sostanziale differenza dell’impossibilità italiana di un rimborso statale in caso di ammontare insufficiente dell’imposta societaria. In Francia esistono infatti tre modalità di utilizzo dell’eccedenza: cessione a un istituto bancario, restituzione o trasferimento, nell’eventualità di scissione, fusione o trasferimento parziale di società durante il periodo di produzione di un film, alla neonata impresa.
[1] Ossia il “Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche” (di cui all’art. 12, d.lgs. 28/2004, che a sua volta aveva riunito i cinque fondi di cui agli artt. 27 e 28, l. 1213/1965; all’art. 2, l. 819/1971; all’art. 1, l. 378/1980; all’art. 16, d.l. 26/1994, convertito con modificazioni dalla l. 153/1994) e la sezione dedicata alla cinematografia del noto “Fondo Unico per lo Spettacolo – FUS”, di cui all’art. 1, l. 163/1985.
[2] Così chiamati perché lo Stato, consentendo ai privati il godimento di alcune agevolazioni fiscali e rinunciando dunque a una parte delle entrate che gli spetterebbero, vede comunque raggiunto l’obiettivo del finanziamento pubblico ad attività meritorie, tra cui rientrano quelle culturali.
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