Mentre nell’Unione Europea si continua a discutere del “diritto all’oblio” e delle sue ricadute potenzialmente dirompenti nei rapporti tra gli operatori della rete, in Russia a metà luglio è stata approvata dalla Duma e promulgata dal presidente Putin una legge che garantisce ai cittadini russi il diritto di chiedere la rimozione dai motori di ricerca di link a informazioni riguardanti la persona che sono da essa ritenute irrilevanti o inadeguate.
La legge, in alcune delle sue parti chiaramente ispirata alla sentenza Google Spain, nondimeno è stata aspramente criticata perché diversamente dalla decisione della Corte di Giustizia introduce la possibilità anche per le figure di rilevanza pubblica di rivolgersi ai motori di ricerca per chiedere la rimozione dei contenuti, spostando pericolosamente l’ago della bilancia a favore del diritto alla riservatezza a discapito della libertà di informazione.
Per chiedere la rimozione è necessario inoltrare la richiesta al motore di ricerca, il quale ha 10 giorni per riscontrare e dare eventualmente seguito alla stessa. I motori di ricerca non possono tuttavia eliminare contenuti che potenzialmente potrebbero consistere in elementi costitutivi di un reato per cui non è ancora spirato il termine di prescrizione. Quest’ultima previsione, tuttavia, soffre di un vizio genetico, in quanto attribuisce al motore di ricerca il potere, e la responsabilità, di decidere se e quando un contenuto è illecito o meno, senza tuttavia predisporre dei criteri per guidarlo in questa valutazione. In aggiunta, la legge è stata sottoposta a ulteriori critiche in quanto non fissa nemmeno i criteri per addivenire ad una determinazione di quando un contenuto sia irrilevante o inadeguato.
La legge entrerà in vigore il 1° gennaio 2016, ma per il momento non contiene sanzioni per l’inottemperanza alla richiesta di cancellazione, anche è in fase di discussione una proposta di legge che apporterebbe modifiche al Codice degli Illeciti Amministrativi, fissando la sanzione per il mancato seguito alla iniziale richiesta del cittadino a 100.000 Rubli (circa 1.300 Euro) e per il mancato rispetto di un ordine di un tribunale a 3.000.000 Rubli (circa 40.000 Euro).
Nonostante l’indiscutibile portata innovativa di questo provvedimento, stante le numerose criticità dello stesso, è ragionevole pensare che soprattutto nella fase applicativa il dibattito sullo stesso e nello specifico sui suoi effetti su Internet e sugli utenti resterà aperto.