Iap: ingannevole il messaggio Mediaset Premium “Prova gratis”

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Con decisione n. 72/2011 del 6 giugno scorso (rel. Gambaro) il Giurì dello IAP (Istituto dell’Autoregolamentazione pubblicitaria) ha riconosciuto l’ingannevolezza del messaggio pubblicitario diffuso negli scorsi mesi da Mediaset premium e contraddistinto dall’offerta“Prova gratis”, vietando al broadcaster l’ulteriore diffusione del messaggio.

L’art. 2 del Codice prescrive che “la comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rappresentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto, il prezzo, la gratuità, le condizioni di vendita, la diffusione, l’identità delle persone rappresentate, i premi o riconoscimenti”. Nel valutare l’ingannevolezza della comunicazione commerciale- ricorda la norma – si assume come parametro il consumatore medio del gruppo di riferimento.

Il procedimento dal quale è scaturita la decisione dell’organo di autoregolamentazione ha avuto origine da una segnalazione di Sky Italia srl che ha chiesto l’intervento del Giurì nei confronti di R.T.I. – Reti Televisive Italiane spa –  in relazione, in particolare, a tre messaggi pubblicitari volti a sponsorizzare l’offerta Mediaset Premium “Prova gratis”.

Nel primo messaggio, trasmesso sotto forma  due noti attori si trovavano in una pasticceria e, mentre assaggiavano vari tipi di dolci le cui forme e colori evocavano i contenuti dei programmi che costituiscono l’offerta, affermavano “Da oggi puoi provare Premium Gratis!”, “La vedi fino al 1º ottobre senza pagare l’abbonamento e poi decidi”.

Il secondo e il terzo messaggio, diffusi mediante stampa e folder, reiteravano i medesimi concetti che caratterizzano lo spot.

Ad avviso della società segnalante, i descritti messaggi mostravano elementi di palese ingannevolezza.

Sotto un primo profilo, la vantata natura gratuita del servizio offerto sarebbe stata in realtà subordinata al versamento di una somma iniziale di euro 39. Tale somma, secondo le condizioni contrattuali predisposte dalla R.T.I., doveva essere corrisposta al momento della sottoscrizione di un abbonamento annuale che veniva attivato con l’adesione all’offerta in questione. Tale informazione cruciale ai fini di una complessiva valutazione della qualità dell’offerta commerciale di Premium non era, secondo Sky, immediatamente percepibile per i consumatori, comparendo in un super, unitamente ad altre avvertenze relative alle condizioni di validità dell’offerta e sui costi di recesso.

Inoltre, il concetto di “prova” sarebbe stato fuorviante in considerazione della circostanza che, come specificato all’interno del sito internet Mediaset Premium, l’obbligo di pagamento del canone annuale scaturiva dall’adesione all’offerta o, meglio, a fronte del mancato recesso dall’abbonamento sottoscritto dal consumatore con l’adesione alla “prova”, oggetto del messaggio pubblicitario incriminato. 

R.T.I. nel corso del giudizio ha rilevato, in primo luogo, come i messaggi  pubblicitari indicavano con adeguata evidenza l’esistenza del denunciato corrispettivo iniziale, per cui risultava evidente come la natura gratuita fosse legata esclusivamente all’assenza dei canoni di abbonamento per il periodo indicato.

Sempre secondo la resistente  risultava evidente che, una volta trascorso il termine di prova, i consumatori dovevano assumere una decisione che, nel caso di specie, poteva e doveva essere rappresentata dal mancato esercizio del diritto di recesso contrattualmente stabilito.

Il Giurì, investito della questione, dopo aver ricordato che l’esenzione dal pagamento del canone mensile è sicuramente un aspetto importante nel servizio pay-tv, ha condiviso la lettura di ingannevolezza esposta da Sky. 

 Sotto il primo profilo evidenziato, l’organo di autoregolamentazione ha rilevato come il concetto di gratuità, reclamizzato nell’offerta, non poteva che essere considerato da un “consumatore medio” come sinonimo di “assoluta mancanza di un corrispettivo per l’offerta”. Tale circostanza, decisiva ai fini della valutazione dell’ingannevolezza del messaggio, è stata smentita dalle acquisizioni processuali e veniva comunicata ai consumatori con un super che secondo il Giuri era da considerarsi “illeggibile nel telecomunicato, e [comunicato]attraverso caratteri assai piccoli, nel messaggio stampa e nel folder”.

 Con riferimento al secondo motivo di censura segnalato da Sky il Giurì non ha accolto le contestazioni relative al concetto di prova, ricordando che, nel contesto delle regole giuridiche, non solo il periodo di prova non è incompatibile con la stipulazione di un contratto, ma si distingue dalla fattispecie della vendita con riserva di gradimento. 

 Il Giurì, alla luce delle considerazioni svolte, ha quindi dichiarato che le pubblicità contestate sono da considerarsi in contrasto con l’art. 2 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale in quanto non chiariscono in modo evidente che il corrispettivo della prova è pari a € 39 e nei limiti ne ha ordinato la cessazione.

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