Il 17 febbraio 2010 la Corte di Cassazione si è pronunciata per la prima volta in relazione ai format (o “schemi di programmi”) televisivi, concetto di difficile inquadramento giuridico ai fini della tutela del diritto d’autore.
Mancando una definizione normativa di format, su cui pure il Parlamento italiano discute da tempo, la sentenza n. 3817 del 2010 pronunciata dalla I sezione civile della Suprema Corte ha fatto riferimento al bollettino ufficiale Siae n. 66 del 1994 in tema di deposito delle opere dell’ingegno, secondo il quale il “formato” sarebbe «l’opera d’ingegno, avente struttura originale esplicativa di uno spettacolo e compiuta nelle articolazioni delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea ad essere rappresentata in un’azione radiotelevisiva o teatrale, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di multipli». Secondo la Cassazione, ai fini della tutela l’opera [format]deve quindi presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura narrativa di base, apparato scenico e personaggi fissi.
Nel caso di specie, la Cassazione era chiamata a decidere su un contenzioso tra Vallau Italiana Promomarket s.r.l., proprietaria dell’emittente “ReteMia”, e il signor Maro Marcellini. Tra le parti intercorreva un contratto avente a oggetto l’attività di ideazione ed esecuzione, da parte del Marcellini, di programmi televisivi prodotti e trasmessi da ReteMia; ma rispetto alla retribuzione prevista dal contratto e regolarmente corrisposta, prima Marcellini e poi i suoi eredi avevano chiesto il pagamento di una sostanziosa integrazione economica a titolo di diritto d’autore per i programmi realizzati, ovvero per i format. La pretesa era stata respinta sia dal giudice di primo grado, sia dalla Corte d’Appello di Lucca che aveva definito i programmi del Marcellini delle «divagazioni demenziali», rimesse all’improvvisazione e all’istrionismo dell’attore, del tutto prive di «interesse culturale» e per le quali era da ritenere «alquanto dubbio» che potessero essere qualificate come «opere dell’ingegno».
Viceversa la Cassazione, muovendo dalle suddette basi definitorie, ha affermato che il diritto d’autore può essere tutelato anche in relazione a format che consistano in «idee modeste» o «nozioni semplici», prive di una «assoluta novità e originalità». Citando una propria precedente pronuncia in tema di sfruttamento di motivi musicali in spot pubblicitari (Cass. 29 maggio 2003 n. 8597), ha stabilito che spettano all’autore i diritti di sfruttamento economico su tali idee se e in quanto esse, pur nella loro modestia e semplicità, siano riconoscibili «nella loro individuabilità, quale oggetto di elaborazione personale di carattere creativo da parte dell’autore».
Le maglie della pronuncia sembrano dunque molto larghe, forse al punto da estendere – seppure solo in via teorica – la tutela del diritto d’autore anche a format consistenti in una mera “idea elaborata”, concetto finora definito in dottrina come la traccia più o meno specifica volta alla realizzazione di un’opera dell’ingegno autonoma e compiuta, ma caratterizzata da una forma espressiva ancora non sufficientemente definita e, pertanto, insuscettibile di tutela autorale. La Cassazione sembra dunque smentire la teoria in base alla quale l’“idea elaborata”, per quanto elaborata sia, debba comunque essere esclusa dalla tradizionale tutela del diritto d’autore.
Ciò che di sicuro resta smentita dalla Suprema Corte è però l’impostazione prospettata dal tribunale di Roma nella celebre sentenza n. 21754 del 13 ottobre 2005, che non aveva riconosciuto al prodotto-format la capacità di esprimere «di per sé originalità e novità», tranne in quei casi in cui «al format vengano aggiunti ulteriori elementi “derivati”, quali, ad esempio, la guida esplicativa, la videocassetta dimostrativa, le ricerche statistiche sul programma e la production bible», formando così il «cosiddetto format package […] assimilato ad un’opera dell’ingegno dotata di compiutezza espressiva rispetto alle idee racchiuse nello schema di programma».
Dottrina attenta aveva già mosso alcuni rilievi particolarmente decisi in merito, osservando in primo luogo che elementi come i dati d’ascolto non hanno carattere creativo di alcun tipo e, in secondo luogo, che la concessione della tutela del diritto d’autore al solo “pacchetto format” avvantaggerebbe indebitamente e pericolosamente soltanto i format già rodati all’estero e dunque d’importazione.