Skype, stando ad un recente post del giornalista Emmanuel Paquette, puntualmente ripreso anche dalla stampa specializzata italiana, starebbe per imbattersi nella scure dell’Arcep, l’autorità francese di regolamentazione delle comunicazioni elettroniche e postali.
I problemi sarebbero legati, in estrema sintesi, al mancato adeguamento di Skype alla disciplina sull’instradamento delle chiamate di emergenza, alla portabilità dei numeri e, soprattutto, all’impossibilità di intercettarne le comunicazioni (sia vocali sia chat).
La questione, per la verità, non è nuova. Già nel 2009, in un’intervista su “Il Roma”, Alberto Cisterna, responsabile del settore intercettazioni della Direzione nazionale antimafia aveva segnalato l’utilizzo del sistema voip da parte delle organizzazioni malavitose e l’impotenza delle forze dell’ordine, trattandosi di “un sistema che adopera degli algoritmi molto complessi, impossibili da decifrare senza i codici sorgente”.
Più recentemente, Raffaele Cantone, celebre PM anticamorra, ha segnalato, in un articolo sul Mattino, che la camorra ha ricorre, oramai da anni, a Skype per le comunicazioni più riservate.
È interessante riportare un passo dell’articolo, in cui Cantone ricorda che “più di cinque anni fa, in un’indagine che riguardava un gruppo di giovanissimi affiliati ad uno dei gruppi egemoni dei casalesi, nel corso delle intercettazioni telefoniche ed ambientali sentii parlare per la prima volta di Skype.
Durante un colloquio intercettato costoro dovendo trattare di vicende delicate si dicevano «ci sentiamo dopo su Skype». Confesso che per me era un termine assolutamente sconosciuto e solo grazie ai militari che svolgevano le indagini venni a conoscenza che si trattava di un innovativo sistema di comunicazione, anche video, che passava per il tramite di internet, sostanzialmente gratuito e soprattutto non intercettabile dalle forze dell’ordine con gli strumenti tradizionali. Utilizzava una sistema criptato che lo rendeva quasi invulnerabile”.
La situazione, a distanza di qualche tempo, non pare essere cambiata.
Le recenti manifestazioni libiche lo confermano: il governo ha chiesto agli operatori delle TLC di bloccare l’accesso dal territorio libico a Skype, insieme a Twitter, uno degli strumenti privilegiati di comunicazione dei rivoltosi.
Tuttavia, è evidente il diverso ruolo che il mezzo gioca nei due contesti citati: nel primo caso, è adoperato per aggirare le intercettazioni; nel secondo caso, come strumento di diffusione della democrazia.
Forse la vicenda meriterebbe altro e più ampio approfondimento. Tuttavia, non ci si può sottrarre ad una domanda, elementare, che porrò volutamente in modo elementare: Skype è buono o cattivo?
Provando ad articolare appena un po’ di più il mio pensiero: siamo sicuri che il male sia il mezzo e non il modo in cui il mezzo viene utilizzato?
Una domanda banale, sicuramente. Gli strumenti, in primis quelli di comunicazione, sono per loro natura neutrali. La televisione, con buona pace di Popper, non fa né bene né male. Internet, con buona pace degli spettri spesso evocati dai media tradizionali e con buona pace anche dei tecnoentusiasti che vorrebbero premiarlo col Nobel per la pace, non fa né bene né male.
È un mezzo. Il valore dipende, ovviamente, dall’uso che se ne fa.
Ed allora, la vicenda francese (la cui conclusione è ancora incerta) si può forse prestare ad una duplice, diversa lettura.
La prima: quale peso giocano, in Francia, le lobby delle società telefoniche nella demonizzazione del voip?
Non sto dicendo che Skype e gli altri operatori debbano essere sciolti da ogni obbligo giuridico; sto solo facendo notare – e, francamente, non mi sembra che serva un particolare acume critico per farlo – che, della loro messa al bando, ne beneficerebbero (e non poco) gli operatori telefonici.
Siamo forse di fronte all’ennesimo tassello di quello che, in un articolo pubblicato sull’ultimo volume de “Il diritto dell’informazione e dell’informatica”, ho definito the clash of business models, lo scontro tra la vecchia e la nuova economia (perdonate il momento auto pubblicitario)?
C’è poi un altro problema, che pure mi sembra non sia del tutto attinente alla repressione della criminalità organizzata.
Se acquistate del credito su Skype e chiedete l’emissione di una fattura, noterete che tale fattura viene dal Lussemburgo. E viene da lì perché Skype è una società stabilita sul territorio lussemburghese. E le società lussemburghesi non pagano le tasse in Francia, per quanto ne so.
Quanto incide questo aspetto nella demonizzazione del mezzo?
A mio avviso, non poco.
A questo proposito, vale forse la pena ricordare che la legge francese del 2010 in materia di giochi d’azzardo via internet, impone ai gestori di questi servizi di dotarsi di un dominio .fr e di avere sede in Francia.
In teoria per controllare il mercato del gioco d’azzardo ed evitare intromissioni dall’esterno delle organizzazioni malavitose. In pratica, per fare in modo che le tasse siano pagate in Francia.
Insomma, siamo davvero sicuri che il problema sia l’impossibilità di intercettare le comunicazioni via Skype?
1 Comment
Sono brasiliana e ho trovato questo articolo veramente interessante!!!!!