Ha suscitato la ferma reazione dell’AIIP il parere di Valerio Onida, costituzionalista ed ex presidente della Corte Costituzionale, richiesto dall’Agcom, in merito ai poteri di intervento dell’Autorità sui siti che praticano la pirateria e sugli Internet service provider.
Secondo Onida, l’Authority ha il potere di oscurare i siti responsabili di ‘violazioni sistematiche del diritto d’autore’ e intervenire sugli Isp che dovranno impedire ai propri utenti la visione dei siti fuorilegge, anche se collocati all’estero.
Per il costituzionalista, questi poteri ispettivi che l’Autorità può affidare ai propri dipendenti, sarebbero previsti anche dal Decreto Romani (n.44 del 2010) che assegna al Garante il compito di “rendere effettiva l’osservanza dei limiti e dei divieti”.
E alla dichiarazione del Commissario Nicola D’Angelo – “che forme di controllo della rete ne possano mettere a rischio la libertà” – Onida contrappone che la legge non è necessaria “nei confronti di mezzi di diffusione” come internet, “per i quali la Costituzione non contiene una disciplina”. In questo caso, è sufficiente “una base di legge” integrata poi “da fonti subordinate”.
Dichiarazioni forti che per le quali l’associazione degli internet provider ha espresso preoccupazione specie per la parte che prevede l’obbligo degli Isp di oscurare siti web anche esteri, attraverso i quali vengano perpetrate violazioni del diritto di autore.
“Si ignorano le motivazioni espresse nel parere – si legge in una nota dell’AIIP – ma colpisce che le relative conclusioni contrastino con le due recenti sentenze della Corte di Giustizia Europea”, che hanno affermato:
- L’incompatibilità con l’ordinamento europeo di sistemi di filtraggio dell’accesso ad internet volti ad impedire il trasporto di materiale protetto dal diritto di autore (Caso Scarlet-Sabam) (Leggi Articolo Key4biz);
- La tutela del diritto di autore non può essere garantita in modo assoluto, poiché i sistemi di filtraggio non assicurano un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, da un lato, e la tutela della libertà d’impresa degli internet e hosting providers, della privacy e del diritto all’informazione dei cittadini, dall’altro lato (Caso Sabam-Netlog C-360/10) (Leggi Articolo Key4biz).
Di ciò si ha conferma anche nella precedente sentenza Promusicae (C-275/06) secondo cui la tutela del diritto di proprietà, di cui fanno parte i diritti di proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali.
L’AIIP ricorda che anche alcuni Tribunali nazionali, in sede di riesame, hanno annullato provvedimenti di oscuramento di siti internet adottati in sede penale (si vedano i recentissimi provvedimenti dei Tribunali di Padova e di Belluno).
L’associazione conclude chiedendo all’Agcom di ricordare che, in forza anche delle sue competenze giuridiche e tecnologiche, “il filtraggio sull’accesso, anche ai massimi livelli di sofisticazione, funziona solo se l’utente finale non intende aggirarlo, così come accade nel caso della pedopornografia”.
Per l’AIIP, la rimozione di contenuti considerati illeciti deve essere mirata allo specifico contenuto e non estesa all’oscuramento dell’intero sito, poiché violerebbe il diritto all’informazione e alla privacy dei cittadini.
La rimozione selettiva lato accesso implica una analisi dell’intero traffico Internet in contrasto con il principio di esclusione di responsabilità dei fornitori che non praticano memorizzazione transitoria delle informazioni trasmesse. Principio recepito anche dal decreto legislativo 70 del 2003.
Ma analizziamo meglio il parere di Onida, nel quale si sottolinea che la legge attribuisce espressamente all’Agcom il potere di vigilanza per la tutela dei diritti d’autore su tutte le forme di diffusione di contenuti protetti (art. 182-bis, comma 1, lettera a, della legge n. 633 del 1941, e art. 1, comma 6, numero 4-bisdella legge n. 249 del 1997), nonché un potere regolamentare, sia in generale, attraverso la previsione di “specifici regolamenti” diretti a garantire “l’applicazione delle norme legislative sull’accesso ai mezzi e alle infrastrutture di comunicazione” (art. 1, comma, 6, lettera c, numero 2, della legge n. 249 del 1997), sia attraverso la previsione di disposizioni regolamentari dell’Autorità “necessarie per rendere effettiva l’osservanza dei limiti e divieti” posti in materia di media audiovisivi e radiofonici per la protezione dei diritti d’autore (art. 32-bis, comma 3, d. lgs. n. 177 del 2005).
D’altronde, spiega Onida, “per le caratteristiche stesse della diffusione attraverso gli strumenti della rete, e le connesse implicazioni tecniche, le misure ipotizzabili in questa materia non consistono in interventi diretti dell’Autorità sui contenuti di cui si vieta la diffusione o sul mezzo di diffusione in quanto tale (come potrebbe essere un sequestro o misura consimile, attinente al contenuto o all’insieme dei contenuti di una manifestazione di pensiero): misure per le quali si potrebbe forse ritenere necessaria una specifica disciplina di legge”.
Esse consistono piuttosto, dice ancora Onida, in interventi ordinatori diretti a conformare, con la statuizione di “obblighi di fare”, l’attività dei soggetti che intervengono nel processo di diffusione, come i prestatori di servizi di memorizzazione, di connettività e di accesso: provvedimenti che, in conformità ai principi generali, dovranno fondarsi sull’accertamento e la contestazione della violazione (che deve dunque essere portata a conoscenza del prestatore di servizi), essere debitamente motivati e suscettibili di essere opposti e sindacati in sede giurisdizionale.
Si tratta, dice ancora l’ex presidente della Corte Costituzionale, di misure meno “invasive” delle libertà, e tali da assicurare un livello di garanzie, anche procedimentali, sufficiente per i soggetti coinvolti; onde anche il grado di specificazione del contenuto delle misure stesse, necessario per soddisfare le esigenze di riserva di legge, può essere ragionevolmente minore.
Si può, dunque, concludere che il regolamento dell’Autorità può prevedere, nel caso in cui si accertino violazioni sistematiche dei diritti d’autore conseguenti alla diffusione in rete, senza il consenso degli aventi diritto, di contenuti protetti, misure di tipo ordinatorio e interdittivo che prescrivano ai prestatori dei servizi di connettività e di accesso alla rete di precludere ai loro utenti l’accesso a siti, ubicati fuori dal territorio nazionale, i quali pratichino sistematicamente la “pirateria informatica”.
In conclusione la questione si manifesta ancora in tutta la sua delicatezza e complessità e provvedimenti sarebbero utili per orientarci su una materia così spinosa quale la tutela del diritto d’autore nell’era digitale.
Grande attesa, quindi, per l’audizione del presidente Agcom Corrado Calabrò nelle Commissioni congiunte Cultura e Trasporti del Senato, in programma il 21 marzo prossimo, richiesta da Vincenzo Vita e Luigi Vimercati.
E proprio quest’ultimo, sul proprio blog, ieri ha scritto: “Ribadisco le mie perplessità sull’opportunità che Agcom deliberi il nuovo regolamento. A mio giudizio, suffragato anche dal parere di molti esperti del settore, è decisamente carente la base normativa su cui si baserebbe la delibera dell’Autorità. L’unica legge di sistema sul diritto d’autore è infatti del 1941! Dopo abbiamo solo testi molto parziali prevalentemente inseriti in leggi manifestamente dedicate a normare il mondo televisivo, come il recente Decreto Romani, da cui si prende spunto per attribuire ad Agcom un ruolo sulla materia. Non vi è nessuna nuova legge che affronti il forte rinnovamento tecnologico e produttivo determinato dalla rivoluzione di Internet. Senza questa nuova legge il sentiero per l’Autorità di scrivere un Regolamento sul Diritto d’autore è strettissimo e certo non può includere la limitazione della libertà di espressione garantita dalla nostra Costituzione. Un invito: apriamo un pubblico dibattito nazionale per poter scegliere la strada migliore per dirimere una questione che altrimenti rischia solo di essere oggetto delle pressioni delle lobbies”.