Il 18 luglio la Corte europea di giustizia ha definitivamente respinto i ricorsi in appello di FIFA e UEFA contro due decisioni della Commissione europea, che nel 2007 aveva avallato – ritenendola compatibile con il diritto comunitario – l’integrale inclusione delle fasi finali della Coppa del mondo e del Campionato europeo di calcio nelle liste degli eventi di rilevanza nazionale di Belgio e Regno Unito.
La controversia
La vicenda riguarda il meccanismo di redazione delle liste nazionali degli “eventi rilevanti” ai sensi dell’art. 3-bis della Direttiva 89/552/CEE (norma abrogata e trasfusa nell’art. 14 della Direttiva 2010/13/CE, SMAV). Questa disposizione consente a ciascuno Stato membro di “prendere le misure compatibili con il diritto comunitario volte ad assicurare che le emittenti televisive soggette alla sua giurisdizione non trasmettano in esclusiva eventi che esso considera di particolare rilevanza per la società, in modo da privare una parte importante del pubblico dello Stato membro della possibilità di seguire i suddetti eventi in diretta o in differita su canali liberamente accessibili”. Ciascun Paese membro può, dunque, redigere (secondo modalità che devono essere chiare e trasparenti) un elenco di eventi rilevanti, nazionali e non, il quale deve essere notificato alla Commissione europea che ne verifica la compatibilità con il diritto comunitario.
Sulla base di questa norma, nel 2007 la Commissione europea aveva approvato le decisioni di Regno Unito e Belgio di includere integralmente le fasi finali della Coppa del mondo e del Campionato europeo di calcio nelle liste degli eventi di rilevanza nazionale.
Le decisioni della Commissione europea sono state impugnate da UEFA e FIFA, con ricorsi rigettati in primo grado dal Tribunale UE (cause T‑55/08 e T‑385/07) e, quindi, in appello dalla Corte di giustizia.
L’opinion dell’AG
Nel corso del giudizio d’appello, l’Avvocato generale aveva suggerito alla Corte di giustizia di rigettare gli appelli di UEFA e FIFA, rilevando in particolare che l’inclusione integrale delle fasi finali delle due competizioni sarebbe stata legittima manifestazione della discrezionalità goduta dagli Stati membri in sede di redazione delle liste nazionali.
L’Avvocato generale era andato oltre, negando (in termini perentori) che gli organizzatori degli eventi potessero lamentare una lesione del loro diritto di proprietà: “secondo la giurisprudenza della Corte” – aveva tra l’altro scritto l’Avvocato generale – “quand’anche i diritti di proprietà intellettuale siano riconosciuti, i loro titolari non beneficiano di una garanzia che consente loro di chiedere il più alto compenso possibile. Inoltre, dato che il diritto di cui l’UEFA e la FIFA rivendicano l’esistenza non è definito né dal diritto nazionale né dal diritto dell’Unione, il suo ambito di applicazione dipende, quanto alla sua stessa esistenza, dalle disposizioni che ne definiscono i limiti, come l’articolo 3 bis della direttiva 89/552 modificata”.
La decisione della Corte di giustizia
Nel rigettare i ricorsi di UEFA e FIFA, la Corte di giustizia giunge – in sostanza – alle stesse conclusioni anticipate dall’opinion dell’Avvocato generale, su basi che sono tuttavia diverse in almeno due punti significativi:
(1) è onere degli Stati membri indicare le ragioni specifiche per le quali ritengono che tutte le partite delle fasi finali dei Campionati costituiscano un “evento unico”:
In primo grado, il Tribunale aveva affermato che le fasi finali di Mondiali ed Europei avrebbero potuto essere ragionevolmente considerate (dunque in via presuntiva) come un evento unico piuttosto che come una serie di singoli eventi suddivisi in partite «di gala» (semifinali e finali), in partite «non di gala» (qualificazioni) e in partite in cui sia coinvolta la rispettiva squadra nazionale.
Secondo la Corte di giustizia, quest’affermazione del Tribunale va respinta in quanto errata: non si può infatti affermare a priori che la rilevanza riconosciuta alle partite «di gala» sia equivalente a quella delle altre partite. Le fasi finali dei Campionati non possono, dunque, essere legittimamente incluse integralmente in un elenco d’eventi di particolare rilevanza a prescindere dall’interesse che suscitano le partite nello Stato membro; quest’ultimo non è, pertanto, dispensato dall’obbligo di comunicare alla Commissione le ragioni che lo hanno indotto a ritenere che, nello specifico contesto nazionale, le fasi finali costituiscano un evento unico, piuttosto che una serie di singoli eventi suddivisi in partite caratterizzate da diversi livelli di interesse.
L’errore in cui è incorso il Tribunale non ha comportato l’annullamento delle sentenze impugnate, atteso che nella fattispecie – secondo la Corte di giustizia – la Commissione avrebbe verificato l’effettiva rilevanza nazionale di tutte le partite incluse nelle fasi finali dei Campionati. Su questo punto, tuttavia, la stessa pronuncia della Corte suscita qualche perplessità, nella parte in cui riporta rapidamente (respingendole) le argomentazioni di FIFA e UEFA, che avevano contestato l’adeguatezza dell’istruttoria svolta e delle motivazioni fornite dalla Commissione europea, la quale si sarebbe appiattita limitandosi a considerare la rilevanza degli eventi in termini di audience.
(2) La legittima inclusione di un evento nelle “liste nazionali” determina la lesione del diritto di proprietà degli organizzatori; occorre, dunque, accertare caso per caso la proporzionalità della restrizione imposta:
La Corte di giustizia riconosce che l’inclusione dei Campionati nelle “liste nazionali” ha determinato una lesione dei diritti di proprietà di UEFA e FIFA, che risulta ammissibile in quanto giustificata – secondo quanto previsto dall’art. 3-bis della Direttiva 89/552/CEE – dall’obiettivo di proteggere il diritto all’informazione e di assicurare un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi di particolare rilevanza.
Nel caso in cui uno Stato membro abbia designato validamente l’insieme delle partite come “eventi di particolare rilevanza”, la Commissione europea è tenuta ad esaminare unicamente gli effetti di tale designazione, sul diritto di proprietà, che vanno “oltre quelli intrinsecamente connessi all’inserimento di detto evento nell’elenco degli eventi designati da tale Stato membro”.
Anche su questo punto (purtroppo), il ragionamento della Corte si arresta per motivi procedurali, in quanto le appellanti non avrebbero fornito sin dal ricorso in primo grado elementi idonei a dimostrare l’impatto abnorme, sui loro diritti, dell’integrale inclusione di Mondiali ed Europei nelle liste controverse. La Corte non fornisce, quindi, ulteriori chiarimenti sui parametri che consentono, caso per caso, di svolgere l’esame di proporzionalità degli effetti delle misure nazionali sui diritti di proprietà degli organizzatori degli eventi.
I testi integrali delle sentenze sono reperibili ai seguenti link: UEFA v Commissione (C 201/11 P); FIFA v Commissione (C 205/11 P)