Decisione della Commissione europea di autorizzazione degli aiuti di Stato per la Strategia italiana sulla Banda Ultra Larga

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Con decisione del 30.6.2016, la Commissione europea ha autorizzato ai sensi dell’articolo 107-108 TFUE il regime degli aiuti di Stato (rubricato SA.41647 – 2016/N) che l’Italia intende attuare al fine di sostenere la realizzazione della “Strategia italiana per la Banda Ultra Larga” (di seguito, anche Strategia).[1]

Obiettivo della Strategia è quello di realizzare le infrastrutture necessarie ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi posti dall’Unione europea nella c.d. <<Digital Agenda>>,[2] con la quale si richiede di mettere a disposizione di tutti i cittadini europei la banda larga entro il 2013 facendo in modo che entro il 2020: tutti gli europei abbiano accesso a connessioni molto più rapide, superiori a 30 Mbps, e che almeno il 50% delle famiglie europee sia abbonata ad Internet con connessioni superiori a 100 Mbps.

Ai fini del raggiungimento dei predetti obiettivi, l’Italia ha definito la propria Strategia che si compone di diverse tipologie di intervento pubblico a seconda delle caratteristiche delle aree geografiche interessate.

In particolare, il piano strategico italiano intende portare:

–   connettività ad almeno 100 Mbps fino all’85% della popolazione italiana;

–   copertura ad almeno 30 Mbps in download a tutti i cittadini entro il 2020;

–   copertura ad almeno 100 Mbps di sedi ed edifici pubblici, delle aree di maggiore interesse economico e concentrazione demografica, delle aree industriali, delle principali località turistiche e degli snodi logistici.

A questo proposito, si deve ricordare che, secondo le previsioni degli “Orientamenti dell’Unione Europea per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga” [3], ai fini dell’erogazione degli aiuti di Stato occorre distinguere:

–   aree geografiche c.d. “nere”, nelle quali l’erogazione di aiuti di Stato non è ammessa in quanto già esistono operatori privati interessati a realizzare gli investimenti necessari alla realizzazione degli interventi infrastrutturali;

–   aree geografiche c.d. “grigie”, nelle quali è presente un  unico operatore di rete ed è improbabile che nel prossimo futuro venga installata un’altra rete;

–   aree geografiche c.d. “bianche”, nelle quali le infrastrutture a banda larga sono inesistenti ed è poco probabile che verranno sviluppate nel prossimo futuro.

In attuazione dei criteri contenuti nei citati Orientamenti, la Strategia italiana ha distinto le aree di intervento in quattro tipologie di “Cluster”:

–   Cluster A: include le 15 principali “città nere” (nelle quali è presente più di un operatore di rete) e comprende il 15% della popolazione italiana. L’obiettivo è di portare la velocità di collegamento da 30 Mbps a 100 Mbps entro il 2020 attraverso investimenti da parte degli investitori privati.

–   Cluster B: è composto dalle aree in cui gli operatori hanno realizzato o realizzeranno reti con collegamenti almeno pari a 30 Mbps, ma le condizioni di mercato non sono in grado di garantire investimenti in reti a 100 Mbps. Esso comprende il 45% della popolazione italiana (include 1.120 Comuni) e le infrastrutture vengono realizzate attraverso strumenti finanziari per l’accesso al debito (a condizioni agevolate e a basso rischio), misure di defiscalizzazione e contributi a fondo perduto con eventuale partecipazione pubblica;

–   Cluster C: aree marginali o zone rurali a rischio fallimento di mercato, per le quali si prevede che gli operatori possano effettuare investimenti solo a fronte di un sostegno statale. Comprende il 25% della popolazione italiana (include 2.650 Comuni), le infrastrutture vengono realizzate mediante strumenti finanziari per l’accesso al credito agevolato ed incentivi fiscali, ma anche attraverso l’erogazione di contributi a fondo perduto;

–   Cluster D: aree tipicamente a fallimento di mercato per le quali solo a fronte di un intervento pubblico è possibile garantire una connettività superiore ai 30 Mbps.

In particolare, la Strategia indica quattro modelli di intervento che possono essere adottati dalle amministrazioni pubbliche in relazione al singolo cluster oggetto dell’intervento:

–   Modello 1, Intervento diretto: ha l’obiettivo di realizzare secondo un principio di neutralità tecnologica le parti passive delle rete di accesso che, pur restando di proprietà pubblica, sono date in concessione. L’affidamento dei lavori avviene mediante una gara in base ai criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa al soggetto che avrà presentato il miglior progetto. Completato l’intervento infrastrutturale, con una gara ad evidenza pubblica è selezionato il concessionario che si impegna a offrire l’accesso passivo e a cedere i diritti di uso delle infrastrutture realizzate agli operatori. La concessione è, tuttavia, limitata nel tempo.

–   Modello 2, Partnership pubblico-privata: è un accordo di partenariato tra un soggetto pubblico e uno o più soggetti privati che co-investono per la realizzazione delle infrastrutture di accesso garantendo ai soggetti privati, in base ad appositi bandi di gara, la possibilità di sfruttare la concessione di uso.

–   Modello 3, Intervento a incentivo: prevede un contributo pubblico (anche in forma di incentivo fiscale) assegnato con un bando ad un operatore. La proprietà rimane dell’operatore beneficiario e ciò favorisce una diffusione delle reti più rapida, poiché l’operatore è interessato allo sfruttamento delle reti per consentire un rapido ritorno dell’investimento.

–   Modello 4, Intervento ad aggregazione della domanda: questo quarto modello può essere sviluppato utilizzando parti dei tre modelli precedentemente illustrati aggregando la domanda di connettività a 100 Mbps.  Il soggetto promotore può essere pubblico, privato o anche una PPP e diventa proprietario dell’infrastruttura (in coerenza con i vincoli del modello d’intervento); è previsto inoltre il coinvolgimento degli enti locali che cooperano con Infratel Italia per l’attuazione del Piano.

Con la decisione del 30.6.2016, la Commissione europea ha autorizzato il regime previsto dalla Strategia, ritenendo che esso è compatibile con l’articolo 107 comma 3 lettera c del TFUE in quanto soddisfa le condizioni a tal fine richieste dal quadro normativo di riferimento:

  1. Contributo al raggiungimento di obiettivi di interesse comune: nella decisione in commento, la Commissione evidenzia che – in generale – un intervento pubblico ben mirato nel campo della banda larga contribuisce a colmare il “gap digitale” di uno Stato e, di conseguenza, a limare la distanza tra aree o regioni in cui i servizi a banda larga sono offerti e aree in cui non sono attivati. In linea con tale requisito generale, la Strategia italiana diretta a sviluppare le reti NGA contribuisce notevolmente al raggiungimento degli obiettivi posti dall’Agenda Digitale e, di conseguenza, soddisfa un obiettivo di interesse comune;
  2. Incapacità del mercato di fornire il servizio a causa di fallimenti del mercato o significative disparità: si è in presenza di un <<fallimento del mercato>> se il mercato, lasciato ai suoi soli meccanismi e in assenza di intervento esterno, non riesce a fornire un risultato efficiente per la società. La Commissione, in relazione a questo criterio, evidenzia che la Strategia italiana si focalizza sulle aree NGA “bianche” nella quali non è disponibile una banda larga ad alta velocità ed attualmente non sono previsti particolari interventi da parte di operatori privati. Sotto tale profilo, dunque, la Strategia consente di porre rimedio al <<fallimento del mercato>> consistente appunto nella mancata realizzazione di infrastrutture essenziali per lo sviluppo della collettività;
  3. Adeguatezza dell’aiuto di Stato come strumento d’inclusione: la Commissione riconosce che l’intervento pubblico previsto dalla Strategia è uno strumento essenziale ai fini di inclusione sociale, giacché in mancanza risulterebbe impossibile colmare il gap tra le aree urbane e le aree rurali, contribuendo così ad assicurare l’inclusione economica e sociale di una parte della popolazione;
  4. Esistenza dell’effetto di incentivazione: la Commissione constata che l’intervento in questione non sarebbe stato intrapreso nella medesima tempistica in assenza di aiuti di Stato, di conseguenza le forme di sostegno pubblico previste dalla Strategia risultano uno strumento essenziale per il raggiungimento degli obiettivi prefissati;
  5. Limitazione dell’aiuto al minimo necessario: la misura italiana è strutturata in modo tale da limitare l’aiuto di Stato e le potenziali distorsioni alla concorrenza. A questo proposito, la Commissione rileva notevoli elementi positivi che emergono dalla Strategia italiana quali la mappatura dettagliata e l’analisi della copertura, la consultazione pubblica con i soggetti interessati, la procedura pubblica e trasparente di selezione, il rispetto del principio di neutralità tecnologica, l’incoraggiamento all’utilizzo delle infrastrutture esistenti ed infine il monitoraggio ad opera dell’AGCOM oltre che dell’AGCM;
  6. Effetti negativi limitati: a parere della Commissione è improbabile che la misura possa produrre l’effetto di spiazzamento degli investimenti privati, poiché l’intervento pubblico è limitato alle aree “bianche” nelle quali nessun operatore è disposto ad investire senza aiuti di Stato nei prossimi tre anni. Inoltre, i beneficiari vengono selezionati mediante gara pubblica;
  7. Trasparenza: al fine di autorizzare il regime, la Commissione ha infine notato come l’Italia si sia impegnata a rispettare l’obbligo di trasparenza, come stabilito nel considerando 78 dei citati Orientamenti del 2013 come modificati dalla successiva Comunicazione del 2014. In particolare, in forza di tale obbligo, l’Italia è tenuta a pubblicare tutte le seguenti informazioni su apposito sito web: i) testo integrale del regime di aiuto autorizzato e relative disposizioni di applicazione; ii) gli enti che erogano l’aiuto; iii) l’identità dei singoli beneficiari, la forma e l’importo dell’aiuto concesso a ciascun beneficiario, la data del rilascio, il tipo di impresa, la regione in cui si trova il beneficiario ed il principale settore economico in cui il beneficiario ha la sua attività.

Le valutazioni svolte dalla Commissione europea nella decisione in commento risultano particolarmente importanti anche in vista dell’approssimarsi della scadenza del termine del 30 settembre 2016, entro il quale sarà possibile presentare le domande per accedere ai fondi stanziati per la realizzazione della banda ultra larga nelle “aree bianche” di Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Basilicata, Sicilia e Provincia autonoma di Trento.



[1]Presidenza del Consiglio dei Ministri, 3 marzo 2015. Come riportato dal medesimo documento: “Le reti di telecomunicazione sono ormai il sistema nervoso di ogni nazione moderna. Una nazione non si ferma se si fermano i trasporti. Non si ferma neanche per uno sciopero generale. Ma se le reti di telecomunicazione si fermassero, sarebbero davvero poche le attività che riuscirebbero a non fermarsi”.

[2] Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni <<Un’agenda digitale europea>>, COM(2010) 254.

[3] “Orientamenti dell’Unione Europea per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga”, (2013/C 25/01) in GUUE n. C 25 del 26.01.2013, pp. 1-26.

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