Copie privee: la Francia al centro del dibattito europeo

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Copia privata, la discussa eccezione ad diritto d’autore, è oggetto di un complicato procedimento giurisdizionale. Dal Conseil d’Etat alla Corte di Giustizia Europea, la tutela autoriale diventa materia trasversale della Società dell’Informazione.

 

L’Europa e lo sviluppo tecnologico sono, ad oggi, le variabili indipendenti della società del terzo millennio. In una collettività che vede sbiadire i confini tra economia, etica e diritto, dove la creatività è la preferita merce di scambio, il diritto d’autore riveste, dunque, una centralità indiscussa.

Nel costante bilanciamento di interessi, nella necessarietà di una gerarchia valoriale, il sistema regola-eccezione si traspone nel complesso meccanismo della Copia privata, procedura che desta perplessità giurisprudenziali e non solo.

Nell’ottica comunitaria, l’introduzione della declinazione giuridica della copia privata si deve all’art. 5 della direttiva 2001/29 CE; il testo, dal titolo “Armonizzazione di alcuni aspetti della diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”, è preordinato alla ricerca, ed al conseguente mantenimento dell’equilibrio, tra prerogative autoriali e libero mercato.

La norma citata, infatti, ravvisa nella limitazione del potere di controllo di un autore, in termini di autorizzazione alla sfruttamento di un’opera, l’effetto primario della copia privata.

Nella pratica, ciò si traduce nella concreta possibilità per i terzi  di duplicazione o riproduzione, strettamente riservata, ad uso privato e non  commerciale, di una creazione dell’ingegno, la quale, però, avviene a  fronte del pagamento di un corrispettivo a titolo, appunto, di “copia privata”, a favore degli aventi diritto.

Il compenso, frutto di negoziazioni tra associazioni di categoria, è dovuto su supporti che consentono tale duplicazione al fine di soddisfarne le pretese economiche connesse al danno derivante dall’utilizzazione dell’opera realizzata senza autorizzazione e per uso personale.

In Francia, le droit d’auteur è disciplinato dal Code de la Propriété Intellectuelle il quale riconosce in capo all’autore diritti patrimoniali e morali, al pari dell’ordinamento italiano[1].  Nello specifico, la norma che puntualmente disciplina la fattispecie in esame è  l’art. L.122-5, 2° comma, la quale, in linea con lo spirito della direttiva del 2001, riconosce classifica la copia privata come eccezione al diritto d’autore.

Per chiarezza espositiva, va precisato che nell’ordinamento d’Oltralpe esistono diversi enti che giocano un ruolo rilevante nel settore in esame: Copie France, organismo deputato alla percezione di compensi per la copia privata audiovisiva, SORECOP, analogo istituto per i compensi derivanti dalla copia sonora (ma dal 2001, anche per quelli da audiovisivo), e la Commission de la Copie Privee, che remunera artisti, interpreti, esecutori, produttori di supporti per gli usi privati di un’opera.

I principi giuridici, nazionali e  comunitari, sono stati sempre posti alla base della prolifica attività giurisprudenziale francese la quale ha svolto, costantemente, un ruolo attivo nel delicato rapporto tra la possibilità di duplicazione di una creazione dell’ingegno per uso personale e remunerazione dell’autore, affrontandone le relative tematiche connesse: dall’esistenza alla quantificazione monetaria di un tale diritto.

Cronologicamente, l’ultima decisione che si incontra è del 19 novembre 2014.

Le Conseil d’Etat ha confermato la validità della decisione della Commissione per la Copia Privata, la numero quindici, sull’adozione di un nuovo parametro per i supporti di registrazione soggetti al canone, ricomprendendovi lettori multimediali, memorie esterne, tablet e smartphone, statuendo, così,  circa  il modo di calcolo di tale remunerazione.

Ma c’è di più. Con l’approvazione dei nuovi parametri,  lo stesso giorno, la suprema corte amministrativa ha confermato, altresì, la decisione numero quattordici della medesima commissione; decisioni entrambi impugnate da produttori e distributori di supporti, tra cui il colosso Apple, i quali ne lamentavano le correttezza.

L’importanza di tale validazione si ravvisa nella possibilità del ribaltamento di quanto cristallizzato nella sentenza Padawan SL della Corte di Giustizia Europea.

Come è noto, con la pronuncia Padawan SL del 2010 (causa C 467/08), viene stabilito che non è conforme al diritto comunitario l’applicazione erga omnes del pagamento del compenso per copia privata, ma è doveroso esonerare dal canone i soggetti che hanno acquistato un supporto, seppur astrattamente idoneo alla duplicazione, esclusivamente per uso professionale.

In un primo momento, questo principio è stato ben recepito dall’ordinamento francese; infatti,  lo stesso Consiglio di Stato aveva annullato tutte le decisioni della Commissioni che nella determinazione tariffaria prevedevano l’uso professionale. Ora, però, le sorti del complesso meccanismo applicativo di questa eccezione al diritto d’autore, potrebbero cambiare proprio con la decisione del 19 novembre scorso.

Nei fatti, le società Apple Distribution International e Apple Retail France,  potrebbero essere condannato a pagare 18 milioni di euro a titolo di corrispettivo per copia privata in virtù dell’approvazione dei nuovi parametri di quanto dovuto agli aventi diritto; scale di determinazione che tengono conto dell’uso professionale dei supporti e che, secondo il pensiero dei giudici amministrativi, sono pienamente legittime.

Nel provvedimento i motivi addotti principalmente dal colosso americano per inficiare la validità delle deliberazioni sono stati respinti. Secondo il Consiglio di Stato, l’incompleta composizione della Commissione in sede di votazione è motivo del tutto irrilevante, inoltre, gli studi posti alla base della quantificazione dell’equo compenso devono considerarsi pienamente validi in quanto effettuati con il supporto di Copie France, ente che ha agito in concerto con associazioni di categoria dei consumatori. Inoltre, va ben chiarito, che la suprema corte amministrativa non può entrare nel merito concreto dell’importo che, ad oggi, risulta tra i più alti in Europa, ma solo nel controllo del rispetto delle relative procedure di calcolo.

La partita, però, non può dirsi ancora del tutto conclusa.

Apple e simili perdono una prima manche a favore dei titolari dei diritti d’autore, ma a complicare il quadro, si innesta la controversia, pendente davanti al Tribunale de Grande Istance di Parigi (TGI),  tra Imation (società di forniture idustriali) e Copie France; un procedimento ovviamente connesso a quanto statuito dal Conseil d’Etat, e che verte proprio sulla quantificazione, in termini monetari, di quanto dovuto a titolo di copia privata, giudicato eccessivamente oneroso.

Per finire, l’intera questione rischia di essere oggetto di un rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte  di Giustizia Europea: la richiesta della corretta interpretazione della direttiva del 2001 è, infatti, non solo necessaria per la giusta applicazione del diritto tout court, ma, in questo caso, diventa ferma tutela della collettività, in particolar modo, dei consumatori che, nei fatti, stante il meccanismo di applicazione della copia privata, sono i soggetti che ne sopportano economicamente e concretamente le spese.

In conclusione, ciò porta a riflettere su come la tutela della creatività assume, oggi, natura di disciplina trasversale ad una società sempre più esposta a sollecitazioni tecnologiche, le scelte legislative e giurisprudenziali sono destinate a produrre, inevitabilmente, effetti in altri settori del diritto, rendendo di fatto impossibile una netta divisione nelle categorie giuridiche.

 

 

 


[1] Si veda per l’Italia la legge 633/1941

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