“Cavalli contro Cavalli”: quando, qualche giorno or sono, su alcune testate nazionali, mi è capitato di leggere questo titolo, un po’ per assonanza, la mente mi ha portato a “Kramer contro Kramer”, bel film del 1979 che racconta una triste vicenda di dissoluzione umana e familiare. Passando dal titolo all’articolo, però, l’iniziale associazione di idee è venuta meno: quella che vede contrapposti i “due Cavalli” non è una “tragedia familiare”, bensì una più prosaica vicenda di contrasti concorrenziali.
Eppure, il caso è particolare: lo stilista Roberto Cavalli, infatti, titolare di un marchio oramai noto a livello globale, ha convenuto in giudizio la collega siciliana Luciana Cavalli, lamentando – in ragione della parziale omonimia – la violazione dei propri segni distintivi e, più in generale, un’azione di concorrenza sleale. La richiesta dell’imprenditore fiorentino è l’inibizione all’ulteriore utilizzo del segno distintivo, accompagnata da una domanda risarcitoria pari a diecimila euro per ogni giorno di uso improprio del marchio stesso. Secondo il “Cavalli più noto”, infatti, i consumatori, proprio in ragione della notorietà dei suoi segni distintivi, potrebbero essere erroneamente indotti a ritenere che i prodotti contrassegnati dal marchio “Luciana Cavalli” siano da ricondurre alle sue imprese. Luciana Cavalli, dal canto suo, rivendica l’anteriorità della propria attività d’impresa (risalente addirittura agli anni ’30), come dell’utilizzo e della registrazione del segno, riconducibile ai primi anni ’80 (precedente dunque di qualche anno quella dell’omonimo Roberto), accompagnata negli ultimi 6 anni anche dal sito internet www.lucianacavalli.it .
Ricostruita secondo queste coordinate, la fattispecie sembra discostarsi nettamente dal (più comune) fenomeno di “agganciamento” subito dal marchio notorio da parte di realtà economiche minori ed emergenti, per collocarsi in quello – per certi versi opposto – del titolare di un marchio notorio intenzionato a far valere la “forza” del proprio segno anche rispetto ad una impresa ed un marchio preesistenti e dotati di una propria autonoma storia industriale.
L’impressione, formata sui fatti narrati dai quotidiani ed in assenza di una visione diretta delle carte processuali, è che l’azione promossa da Roberto Cavalli non possa annoverarsi tra quelle con molte chances di accoglimento dinanzi alle sezioni specializzate in materia di marchi e brevetti. Il primo problema che parrebbe porsi, infatti, è quello, difficile da sormontare, della anteriorità di uso e registrazione del proprio segno da parte della stilista siciliana (secondo quanto previsto dall’art. 12 del d.lgs. n. 30/05 – Codice della Proprietà Industriale), come pure quello dell’obiettivo diritto della sig.ra Luciana Cavalli di utilizzare il proprio nome nell’esercizio dell’attività d’impresa (cfr. artt. 8, co. 2, e 21, co. 1, d.lgs. n. 30/05). Va detto pure, in ogni caso, che il marchio della Cavalli siciliana, di là da ogni ulteriore e differente valutazione di merito, si sarebbe comunque convalidato in ragione del pubblico utilizzo (decisiva qui può essere la circostanza dell’esistenza di un dominio internet) che ne è stato fatto per ben oltre cinque anni consecutivi nel silenzio – rectius, “tolleranza” secondo la formula dell’art. 28 d.lgs. n. 30/05 – del Cavalli fiorentino. In una situazione del genere, come espressamente previsto dall’art. 28, co. 1, ult. cpv., del c.p.i., il titolare del marchio posteriore (Roberto Cavalli) non può evidentemente opporsi all’uso di quello anteriore (Luciana Cavalli).
Ad ogni modo, soprattutto se l’iter cronologico delle registrazioni dei marchi dovesse essere confermato con accertamento dell’anteriorità di quello di Luciana Cavalli, saremmo qui dinanzi ad un fenomeno, non infrequente, di oramai consolidata coesistenza di marchi simili, ove quello notorio (“Roberto Cavalli”), posteriore, si è consolidato ed affermato in parallelo a quello, meno noto ed anteriore (“Luciana Cavalli”), della stilista siciliana.
In definitiva, pur in attesa dell’orientamento che esprimerà la corte adita, all’esito del suo “Cavalli contro Cavalli”, possiamo supporre che, con buona probabilità, il noto stilista fiorentino non vivrà alcuna vicenda umanamente tragica quale quella di “Kramer contro Kramer”, ma dovrà serenamente rassegnarsi a (continuare a) condividere parte del proprio marchio con quello dell’omonima collega sicula.
2 Comments
Ricorda molto il caso ‘Armani vs. Armani’
In effetti, ci sono delle forti similitudini, anche se in “Cavalli vs. Cavalli” non soltanto si discute esclusivamente di marchi (e non di domain names), ma addirittura il segno distintivo meno noto (“Luciana Cavalli”) godrebbe di una registrazione anteriore rispetto a quello dello stilista fiorentino (“Roberto Cavalli”)!