Il rinnovo del Parlamento europeo e la nomina a breve di un nuovo team di Commissari sono stati l’occasione per dibattere sul futuro della regolazione del settore delle comunicazioni elettroniche in Europa nel prossimo quinquennio.
Lo scorso 4 luglio l’Annual Conference promossa dall’area Communications&Media della Florence School of Regulation dello EUI di Firenze ha rappresentato un’occasione di confronto e dibattito, coinvolgendo autorità di regolazione, aziende, consulenti ed esperti di diversa provenienza.
In apertura Roberto Viola (ex Segretario Generale Agcom), Vice Direttore Generale Dg Connect, ha descritto i cambiamenti epocali introdotti dalla rete alla stregua di una vera e propria rivoluzione industriale. Proprio come la macchina a vapore nell’Inghilterra del XVIII secolo, internet sta creando e distruggendo, nella società post moderna, posti di lavoro e relazioni sociali. L’internet economy sta radicalmente cambiando il modo di vivere e lavorare, e proprio come accadde storicamente, questo processo ha ‘travolto’ in particolar modo la classe media, costretta a “reinventarsi”.
In questo contesto il punto di vista del regolatore va rimesso in discussione e i paradigmi fino ad oggi utilizzati probabilmente ridiscussi. Muoversi verso un “IP environment” infatti implica un cambiamento nella catena del valore. Nell’ambiente internet i contenuti vengono utilizzati in modo diverso e la loro condivisione è in grado di generare ulteriore valore. Nel nuovo scenario compaiono 3 attori: gli aggregatori, nuovi player della scena, che generano valore dall’uso delle piattaforme, gli utenti, che downloadano (scaricano? usufruiscono?) contenuti e video, i player tradizionali, che cercano perlopiù di ritardare e contrastare il processo piuttosto che cambiare i propri modelli di business.
Un altro problema introdotto dalla rete, ha proseguito Viola, risiede nel fatto che oggi i servizi di base – dalle email al cloud – spesso vengono offerti gratuitamente e questo aggrava ulteriormente la posizione di regolatori e policy maker che cercano di comprendere come poter regolare, senza essere “ingiusti”, qualcosa che viene offerto gratis.
Dall’altra parte, benché si parli ormai da molto tempo di Digital Single Market, la strada per il suo effettivo perseguimento appare ancora lunga. Il mercato europeo è un mercato da 500milioni di utenti, ma esiste un’enorme frammentazione tra le diverse realtà, a partire dalle differenze esistenti nello sviluppo di reti di nuova generazione, cui si accompagnano prezzi talvolta marcatamente differenti per lo stesso tipo di servizi. Appare superfluo ribadire quanto, in un contesto sempre più globale, l’armonizzazione giochi un ruolo cardine. Le sfide del momento si giocano su scala internazionale laddove la vera prova risiede nella capacità di ampliare un’area di libero scambio rispettando i diritti di tutti gli interlocutori coinvolti. Infine, se è vero che esistono differenze enormi, anche nel campo della regolazione, tra Europa e Usa, è comunque auspicabile l’avvio di un confronto e di una negoziazione.
Molti i pareri emersi nel corso del primo panel dedicato a regolazione e investimenti nella rete a banda larga fissa e mobile in Europa.
Scott Marcus, WIK Consult – consulente di prima linea nella redazione del Rapporto Caio, promosso dal Governo Letta – ha curiosamente portato ad esempio un’analisi dettagliata della situazione italiana, in termini di ritardo infrastrutturale e carenza di domanda, sostenendo che la digitalizzazione è un tassello fondamentale per la modernizzazione di una società e deve pertanto rappresentare un obiettivo di politica nazionale dal momento in cui rappresenta il principale motore di crescita economica ed occupazionale. In tal senso ha auspicato l’attivazione di investimenti pubblici per il pieno raggiungimento dell’obiettivo.
Herbert Ungererer, ex Vice Direttore Generale Dg Competition, ha introdotto il secondo panel, centrato sui nuovi modelli di business portati da internet, mettendo in evidenza come la presenza, ma soprattutto la crescente dominanza degli OTT, debba spingere ad una riflessione rispetto ad una asimmetria regolatoria, peraltro ampiamente lamentata dalle Telco (iperregolazione europea e controllo dei prezzi), argomento particolarmente “caldo” e spesso rivendicato a gran voce anche sull’altro versante, dai produttori di contenuti.
Se da una parte la fase della liberalizzazione ha stimolato il rapido sviluppo di nuove infrastrutture, dall’altra però i mercati tradizionali sono rimasti in buona parte nazionali. Stando alle parole di Ungerer, non si può trovare un nuovo assetto di mercato senza cambiare il sistema regolatorio Europeo e soprattutto la sua interpretazione localistica nazionale. I cambiamenti possono esser perseguiti attraverso tre passaggi principali: investimenti in ultra broadband, ragionevole ripensamento della regolazione, rinascita del mobile Europeo attraverso il 5G, unica tecnologia in grado di produrre conseguenze anche sullo sviluppo della rete fissa.
Inoltre, come appare del resto evidente, il mercato non è in grado di espandersi in assenza di una domanda forte, che va quindi sussidiata, definendo in particolar modo le aree maggiormente critiche e trovando un accettabile compromesso tra regolazione centralizzata e non. Ungerer ritiene inoltre che il perseguimento della Dae non rappresenti il punto nodale di questa ‘rivoluzione’, allorché internet ha messo in campo temi ben più urgenti: internet governance, privacy, protezione dei dati personali, copyright…
Interessante, all’interno del panel, il tentativo classificatorio degli OTT messo in atto da Tommaso Valletti dell’Imperial College di Londra, al fine di definirne meglio i business model. Valletti ha diviso gli Over the Top in 3 gruppi: nel primo compare Netflix, player di gran rilievo soprattutto nel mercato statunitense, che però non ha fatto altro che adattare il proprio business al mercato della rete, pur restando comunque in un contesto di “one sided market”. Nel secondo gruppo ci sono soggetti come Facebook che fanno della pubblicità la propria fonte di ricavo; infine nella terza categoria, vengono inclusi attori come iTunes, sviluppatori di contenuti ed App. Quest’ultimo gruppo produce soltanto esternalità positive a differenza del secondo, ma entrambi agiscono in mercati a due versanti. L’interoperabilità risulta l’altro nodo fondamentale che attualmente differenzia OTT e Telcos: caratteristica obbligatoria e distintiva delle seconde, essa è spesso assente nel primo gruppo (basti pensare al popolare WhatsApp).
Quello che è emerso è uno scenario di difficile lettura ha sottolineato in chiusura Pier Luigi Parcu, Direttore dell’area Communications&Media della Florence School of Regulation, anche perché in continuo divenire, in cui appare arduo avanzare previsioni attendibili per il prossimo quinquennio, un lasso di tempo risibile se considerato in assoluto, ma certamente molto significativo rispetto ad un mercato in rapida ed inarrestabile evoluzione. Quello di internet è peraltro un mercato fluido, senza limiti geografici identificabili. Ciononostante è emersa sintonia rispetto ad alcuni punti cardine: la necessità di cooperazione tra regolatori, aziende, utenti; il fatto che la regolazione debba andare di pari passo con i trend di mercato e debba aiutare a superare i colli di bottiglia; e, infine, la necessità di stabilire un effettivo level playing field dell’era digitale.Parcu ha concluso annunciando che, anche sulla base del dibattito, la Florence School of Regulation si propone di preparare per l’autunno un documento di sintesi per la prossima Commissione e il Parlamento Europeo sulle principali sfide e idee di soluzione per i diversi settori regolati per il prossimo quinquennio.