Accesso alla rete, un diritto per tutti

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(da Repubblica, 7 novembre 2011)

Si può ben dire che l’accesso è la premessa ineludibile d’ogni riflessione sui diritti in rete. Bisogna, allora, definire in che cosa consista, accompagnarlo con garanzie adeguate, dunque facendo di esso un diritto per certi versi fondativo di tutti gli altri. Riflettendo su questo tema, proprio un anno fa, nell’edizione precedente dell’Igf Italia, ho avanzato la proposta di una costituzionalizzazione del diritto di accesso, accompagnando all’attuale articolo 21 della Costituzione un articolo 21bis così formulato: “Tutti hanno diritto di accedere alla rete Internet in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico sociale”.

La proposta ha ricevuto attenzione anche fuori d’Italia, ha suscitato una discussione anche critica, che ha beneficamente reso possibile una riflessione più approfondita. Proprio questa discussione mi ha convinto dell’inopportunità di intervenire sulla Costituzione con un articolo aggiuntivo, e della maggior correttezza ed efficacia della considerazione di quella proposta come un emendamento da collocare dopo il primo comma dell’attuale articolo 21, della cui logica si presenterebbe così come un coerente svolgimento. La proposta, comunque, è stata oggetto di attenzione da parte della rivistaWired, che ha sollecitato i lettori ad aderire ad essa. E, soprattutto, è stata raccolta da ventotto senatori che, primo firmatario Roberto Di Giovan Paolo, l’hanno trasformata in un disegno di legge costituzionale.

Accanto a questa cronaca, vale la pena di sottolineare vicende di carattere più generale che hanno confermato l’opportunità, direi ormai la necessità, dell’iniziativa, se non altro per avviare una discussione pubblica su un tema che la forza delle cose ha mostrato essere ormai ineludibile. È significativo che le “primavere arabe” abbiano prodotto appunto una richiesta corale di diritti su internet, primo tra tutti quello di accesso, poiché proprio a questo mezzo, insieme ad altri strumenti di comunicazione, è stato attribuito, pur con qualche forzatura, un ruolo determinante nel fare della partecipazione politica dei cittadini la via maestra per la caduta di regimi autoritari.

Il riconoscimento dell’accesso a internet come diritto fondamentale della persona, infatti, risponde ad almeno tre esigenze, rese esplicite già nel momento in cui la proposta venne presentata e confermate da una serie di vicende successive. Si rafforza, in primo luogo, il principio di neutralità della rete, violando il quale verrebbe anche negata l’eguaglianza tra le persone, che la proposta mette al centro dell’attenzione con un palese rinvio all’articolo 3 della Costituzione e alle parole che lì si ritrovano.

La rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale, infatti, è stata prevista per ribadire una responsabilità pubblica nel garantire quella che deve ormai essere considerata una precondizione della cittadinanza, dunque della stessa democrazia. Inoltre, l’esplicito riferimento all’accesso in condizioni di parità e con modalità tecnologicamente adeguate si presenta come una indicazione per impedire, ad esempio, che la banda larga venga messa a disposizione degli utenti con modalità selettive, introducendo così un ben più drammatico digital divide, che muterebbe il carattere stesso della società, dominata in uno dei suoi snodi fondamentali da logiche discriminatorie e gerarchizzanti.

La considerazione come diritto fondamentale, inoltre, mette in evidenza la funzione strumentale dell’accesso. Non un semplice ingresso tecnologico alla rete, ma ai suoi contenuti, alla conoscenza in rete, di cui deve essere garantito in via di principio il carattere di bene comune. Altrimenti, se l’accesso apre la strada soprattutto a contenuti a pagamento, in sé considerato rischia di divenire una chiave che apre una stanza vuota.

Vi è, infine, il tema capitale della censura, sempre attuale, come dimostrano gli interventi repressivi, oltre che nei tradizionali paesi autoritari, proprio nei luoghi delle “primavere arabe” (e il nostro paese è stato lambito da questa deriva, con le proposte censorie di blog e siti infilate in provvedimenti economici). La garanzia offerta da un diritto fondamentale può, in questi casi, rivelarsi decisiva.

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