Con sentenza n. 24431 del 2015 (si veda Il Sole 24 Ore del 9 giugno), la Prima sezione penale della Cassazione ha deciso che delle offese via Facebook si deve occupare il tribunale e non il giudice di pace, poiché la fattispecie di reato in astratto configurabile è la diffamazione aggravata da un mezzo di pubblicità.Una simile affermazione, così tranchante, merita forse qualche riflessione. Infatti, le modalità di utilizzo della rete come strumento di diffusione del pensiero sono molte e trovare la disciplina corretta non è facile. Ad esempio, nel caso in esame, l’offesa era avvenuta attraverso l’inserimento di un commento nella pagina Facebook del querelante.
Il nodo dell’aggravante per la diffamazione su Facebook
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