Esaurimento dei diritti di distribuzione online: tempo di cambiare le regole?

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Molto è stato detto delle innumerevoli possibilità che si sono concretizzate per la distribuzione delle opere dell’ingegno con l’avvento delle reti di comunicazione elettronica (dapprima la sola rete Internet, in seguito – e in maniera sempre più significativa – le reti di telefonia mobile), nonché delle occasioni che la distribuzione ha perso e va tuttora perdendo. Molto è stato detto anche delle conseguenze che la digitalizzazione delle opere dell’ingegno ha comportato in termini di riproduzione e distribuzione non autorizzata delle opere protette dal diritto d’autore, ossia della pirateria online.

È tuttavia abbastanza recente la tendenza a mettere in relazione due dei fenomeni ora ricordati: il mancato sfruttamento delle opportunità che la tecnologia offre alla distribuzione online e il dilagare della pirateria online, facendo discendere il secondo dal primo e individuando in una migliore articolazione dell’offerta di contenuti digitali una parziale soluzione al consumo illegale degli stessi.

Ma se si va raggiungendo una qualche forma di consenso circa la necessità che la fruizione illegale di opere dell’ingegno tramite la rete Internet debba essere “affrontata” tramite un’offerta di contenuti digitali che sia ampia, varia e facilmente accessibile per i consumatori (a partire da The Economy of culture in Europe, per finire con, da ultimo, la Digital Agenda, passando per le  numerose consultazioni pubbliche), allora l’aspettativa sarebbe quella di un contesto normativo che agevolasse l’incontro tra domanda legale di contenuti digitali e offerta legale dei medesimi.

Parimenti, se il consumatore deve divenire parte integrante della soluzione al problema della fruizione illegale di contenuti digitali – così introducendo una dimensione ulteriore nel dibattito circa gli interessi configgenti che la distribuzione online di opere dell’ingegno porta con sé – ci si aspetterebbe che accanto agli interessi degli agenti economici attivi nel settore dell’intrattenimento come intermediari, venissero riconosciute non solo le richieste degli autori delle opere dell’ingegno distribuite ma anche – e in maniera sempre più preponderante – le istanze dei consumatori, così come evidenziato nella  Comunicazione Copyright in the Knowledge Economy.

A fronte delle indicazioni di principio circa la necessità di combattere la pirateria rendendo più appetibile l’offerta legale di contenuti digitali, così da attrarre un maggior numero di consumatori, gli ostacoli giuridici all’incontro tra domanda e offerta nel mercato della distribuzione online di opere dell’ingegno permangono numerosi. Si consideri, ad esempio, un elemento al quale non si è ancora dato il necessario risalto, ovvero la mancata operatività del principio dell’esaurimento (c.d. “first sale doctrine” negli Stati Uniti) per le opere che vengano distribuite e fruite tramite le reti di comunicazione elettronica. Appare singolare il fatto che l’acquirente di un’opera del’ingegno possa disporne in maniera più ampia se la stessa è incorporata in un supporto materiale anziché essere fruita online. Nel primo caso, infatti, l’acquirente potrà rivenderla o prestarla, poiché una volta che l’opera è stata immessa nel mercato con il consenso del titolare del diritto di distribuzione, tale diritto “si esaurisce” e così viene meno la capacità del titolare del diritto di controllare le operazioni di distribuzione successive. Nel secondo caso, invece, l’art. 3, c. 3, della direttiva CE 29/2001 sulla società dell’informazione prevede che la capacità di controllare le opere da parte del titolare dei diritti non si esauriscano con alcun atto di “comunicazione al pubblico” o con la loro “messa a disposizione del pubblico”. Per quanto cambi la dizione, gli atti di comunicazione al pubblico e di messa a disposizione ad un pubblico – formato da coloro che ne hanno accesso “dal luogo e nel momento scelti individualmente” – sono quelli che rendono possibile la distribuzione online di opere dell’ingegno e la direttiva sulla società dell’informazione, pur ribadendo, all’art. 4, il principio dell’esaurimento, ne esclude di fatto l’applicabilità a qualsiasi trasmissione che non si concretizzi nella materiale distribuzione di copie dell’originale. E ciò senza peraltro considerare che la distribuzione online può comunque generare copie fisiche per le quali si pone il problema del regime da adottare. Sono, ad esempio, solo tre gli stati membri, Francia, Belgio ed Italia, che hanno espressamente specificato che l’esaurimento riguarda sempre e solo copie tangibili, anche quelle risultanti dalla comunicazione interattiva (ovvero realizzate nell’ambito di un’operazione di distribuzione digitale).

Uno dei primo ostacoli ad un’offerta che soddisfi il consumatore pare quindi rinvenibile proprio nell’attuale assetto offerto dagli articoli 3 e 4 della direttiva sulla società dell’informazione e dal loro recepimento negli stati membri. Il consumatore, sempre meno certo dei diritti che acquista sul contenuto digitale, vede inoltre ridotto il proprio potere di signoria quando la fruizione avviene online ed è più incline ad approvvigionarsi diversamente. Ma ancora, si consideri il fatto che l’art. 3, comma 3, si riferisce a tutte le utilizzazioni che avvengono attraverso internet e che prevedono la comunicazione di un contenuto protetto ad un fruitore finale. Tali comunicazioni avvengono, tuttavia, in maniera molto diversa a seconda che, per fare solo un esempio, il contenuto sia offerto in streaming o possa essere scaricato tramite download, così che il consumatore ne acquisti la disponibilità “materiale”, con la conseguenza di poterne fruire quante volte desidera, e comunque anche offline. A fronte di una fruizione del bene così diversa per l’utente finale – mentre il primo caso implica l’impossibilità (almeno teorica) di acquisire il file, il secondo mira invece a questo risultato – l’attività di distribuzione è la medesima: il caricamento su di un server dei file corrispondenti al contenuto offerto; file che vengono tenuti sul server a disposizione di chi li voglia ricevere.

Quindi, l’applicazione della regola di esaurimento alla distribuzione digitale permetterebbe, eliminando la differenza attualmente in vigore tra fruizione di contenuti online e incorporati in un supporto, di ripristinare la coerenza tra la percezione dell’utente finale che “acquista” un esemplare digitale in rete e le conseguenze giuridiche di tale “acquisto”. Ma vi è di più, una riflessione sulla necessità di controbilanciare il mancato esaurimento del diritto di comunicazione al pubblico – che secondo alcuni potrebbero essere soddisfatta tramite l’introduzione di principi analoghi a quelli in vigore per il “satellite broadcasting” – deve essere effettuata alla luce dell’obiettivo del diritto d’autore di creazione valore per autori e consumatori / utenti. Un recente studio della Computer & Communications Industry Association evidenzia che le imprese che basano la propria attività sull’esistenza di limitazioni al diritto d’autore sono in crescita. Secondo la CCIA, nel 2007 la cosiddetta “economia del fair use” ha contribuito alla creazione di profitti dell’ordine di 4.700 miliardi di dollari, corrispondenti a 1/6 del PIL totale degli Stati Uniti. Argomenti di questa natura non possono non essere presi in considerazione e spingere alla creazione di un framework normativo in grado di incentivare l’attività economica in generale e non quella dei soli titolari dei diritti d’autore in via esclusiva.

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