Jacopo Mele (noto in rete anche come Guedado) è un ragazzo molto giovane e molto intelligente. Ha 19 anni, ma parla di internet da veterano: non a caso Wired lo ha inserito nel “governo” dei nativi digitali. Si definisce un digital life coach, un “allenatore” della vita digitale. È anche uno start-upper e, proprio per questo, abbiamo deciso di fare una chiacchierata con lui.
Ciao Jacopo, ci racconti cosa fa un digital life coach?
Il Digital Life Coach nasce dall’esigenza di offrire una risorsa che conosca gli aspetti della vita digitale, non solo in quanto nativo ma in quanto professionista che sappia lavorarci al meglio badando non solo all’efficacia ma anche all’efficienza. Questa figura opera trasferendo nella maniera più opportuna i valori di un brand (persona, azienda o prodotto) nel mondo digitale, attraverso la pianificazione di strategie di comunicazione integrata che congiungano i canali tradizionali con quelli digitali allo scopo di ridurre la distanza tra questi due mondi, che sono l’uno l’amplificazione dell’altro.
Hai creato da poco una start-up. Di cosa si tratta esattamente?
Il Digital Life Coach è una figura professionale essa stessa in fase di start-up, essendo nata solo due anni fa. Spero presto di formare nuovi professionisti con questo profilo. Il mio obiettivo in questo periodo è quello di investire maggiori risorse nei miei progetti personali, basati tutti sul concetto di Capitalismo Creativo: ad esempio un progetto di democrazia partecipativa che porto avanti col mio team da circa tre anni, ed un progetto per salvare vite umane in caso di rischi di primo grado (vulcanici o sismici) del quale dispongo già la tecnologia. Inoltre da luglio 2012 assieme a Federico Morello portiamo avanti un progetto (Pane Digitale) per diminuire il Digital Divide in Italia. Queste sono le start-up a cui mi dedico di notte, visto che di giorno continuo a fare consulenza a medie e grandi aziende.
Come giudichi il mercato italiano di internet oggi? Quali le maggiori criticità e quali, a tuo avviso, gli scenari interessanti per il prossimo futuro?
Se dovessi geolocalizzare la Silicon Valley italiana non potrei, perché è il nostro stivale per intero la vera terra di innovazione. Giro l’Italia 7 giorni su 7 in bici e in treno facendo più di 10mila chilometri al mese, non credo che debba essere tutto concentro in un solo luogo. Oggi gli hub di innovazione italiana distano a poche ore di distanza tra loro.
Credo che l’ostacolo principale sia di tipo culturale e comunicativo.
Per alcune start Up conviene avere il team in alcune zone d’Italia piuttosto che in altre.
Porto l’esempio di Fabrizio Capobianco, il quale si trova in Silicon Valley per stare a 10 minuti da Google, da Facebook e da Apple ma i suoi cervelli non li ha fatti fuggire dandogli modo di restare in Italia a lavorare per il resto del mondo. Per fortuna oggi la tecnologia permette di creare un distretto lavorativo senza richiedere la vicinanza geografica. Le distanze sono quelle della rete, capace di annullarle completamente.
Il problema essenziale è educare la popolazione al pensiero digitale e a internet, che non si limita ad un luogo ben preciso. Bisognerebbe abituarsi a comunicare gli spazi di incontro e incentivare gli startupper alla condivisione di idee.
Credo che pensare al mercato come mercato italiano possa risultare solo un limite, io non vedo barriere, internet ci consente di lavorare al centro del mondo e quindi il pensiero ruota su un’internazionalizzazione “semplificata”.
In ultimo, non voglio essere retorico ricordando l’importanza degli e-commerce, però noto grandi difficoltà per le imprese a trasformarsi.
Quali sono i maggiori ostacoli che, sotto il profilo giuridico e legislativo, hai incontrato (o incontri ancora) nella tua esperienza di start-upper? Al netto del recente decreto su start-up e innovatori, quali riforme ti aspetti dal prossimo Governo?
È bello sapere dell’esistenza di un decreto start Up, e credo molto nell’impegno profuso dai professionisti che ci hanno lavorato. È un decreto ancora poco Smart, ma sappiamo che anche un lungo viaggio comincia da un piccolo passo. Mi piacerebbe vedere il Governo Letta lavorare alla costruzione di un Paese che consenta alle aziende di fare azienda e alle start Up di nascere e trasformarsi.
Sulla scorta della tua esperienza, quali consigli ti sentiresti di dare ai giovani start-upper che scelgono di investire nel mercato di internet oggi?
Nessuna idea ha valore, fino al momento in cui ne genera. Il consiglio che posso dare è quello di investire sulle persone per costruire il Team, perché è proprio il Team a determinare il valore delle idee.