L’esito finale era nell’aria, ma, francamente non si pensava a sviluppi così spediti e compressi nel tempo.
Nel nostro ordinamento il diritto all’oblio, il diritto ad essere dimenticati, non è codificato. Almeno per il momento, perché la prima versione, tutta ancora da approvare, del regolamento europeo sulla privacy ne prevede l’introduzione per tutti i Paesi dell’Unione. Ma è anche dubbio che il diritto alla rimozione dei propri dati dopo un certo periodo possa riguardare l’attività giornalistica.
Ad ogni modo, il problema c’è e, come è facilmente immaginabile, esso riguarda soprattutto gli archivi Internet, dove la notizia è letteralmente “permanente”.
Negli ultimi due anni, senza grandi clamori, si sono verificati alcuni accadimenti fondamentali sul tema che vanno ripercorsi anche per poter compendere meglio le ultime novità.
E’ il gennaio del 2011 e, malgrado il diverso avviso del Garante, il Tribunale di Ortona condanna la testata online PrimaDaNoi a rimuovere un articolo, del 2006, riguardante una vicenda giudiziaria penale poi risoltasi felicemente per l’indagato.
Il Garante aveva dato atto che, molto correttamente, la redazione aveva annotato tutti gli aggiornamenti del caso. Tuttavia, sulla scorta di “puntelli” giuridici assai generici (e poco pertinenti), il Tribunale ha ordinato la rimozione condannando, altresì, il direttore al risarcimento dei danni.
Aprile 2012. In Cassazione viene depositata la sentenza 5525/2012 della III sezione civile. Nella pronuncia si fa un ampio, quanto doveroso, excursus sui contrapposti diritti di cronaca e di identità personale (attuale), giungendo a tracciare una via mediana, cioè quella del riconoscimento del diritto di ottenere l’integrazione ovvero l’aggiornamento della notizia.
Gennaio 2013, la storia di Ortona si ripete: articolo già spontaneametne rettificato e aggiornato, stessa asserita violazione della riservatezza (contro il diritto di cronaca) e stesso ordine di rimozione con condanna al risarcimento.
Una “sentenza fotocopia”, coma la definisce PrimaDaNoi, peraltro sempre con quella scarna e poco pertinente motivazione che, francamente, è ancor più inaccettabile se si considera il pronunciamento della Cassazione.
E arriviamo ai giorni più recenti quando – si ricordi bene – il diritto all’oblio è ancora in discussione a livello europeo.
Il Garante per la tutela dei dati personali annuncia due provvedimenti, adottati nei mesi scorsi, per certi versi innovativi. Il loro contenuto può essere semplicemente riassunto con la citazione di un passaggio comune: “ordina a […] di predisporre, nell’ambito dell’archivio storico on line del quotidiano […], un sistema idoneo a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l’esistenza degli sviluppi delle notizie relative al ricorrente”.
Si tratta, chiaramente, di un’applicazione concreta dei principi espressi dalla Cassazione (la cui sentenza, infatti, è menzionata in motivazione) e che, lungi dal sacrificare il diritto di cronaca, pare essere una soluzione equilibrata e accettabile. Una sorta di obbligo di rettifica per fatti sopravvenuti che non pare seriamente potersi negare all’interessato, specie relativamente alla cronaca giudiziaria penale.
(Post già pubblicato in www.lsdi.it)