“Nel riportare le trascrizioni di intercettazioni telefoniche, i mezzi di informazione devono valutare più attentamente l’effettiva essenzialità di quanto pubblicato”.
Sono le parole con cui il Garante della Privacy, con la decisione 1299615 del 21 giugno 2006, ripresa oggi dall’interessante pubblicazione “Privacy e giornalismo – libertà di informazione e dignità della persona”, ha ammonito alcuni giornalisti che avevano pubblicato in modo “pressochè integrale” innumerevoli brani di conversazioni telefoniche, intercorse anche con terzi estranei ai fatti oggetto di indagine penale o che non risultavano indagate, o brani che riguardavano in ogni caso diverse relazioni personali o familiari o ancora, persone semplicemente lese dei fatti.
Secondo il consolidato orientamento del Garante della Privacy, infatti, il diritto all’informazione va esercitato sempre nel rispetto del principio deontologico di “essenzialità” della notizia divulgata. Di conseguenza, il giornalista deve sempre contemperare il diritto/dovere di cronaca, che esercita (giustamente) beneficiando di garanzie particolarmente qualificate sotto il profilo costituzionale, con altri diritti e libertà di pari rilevanza che rischiano di essere pregiudicate da un’informazione “troppo aggressiva”. In particolare, il diritto del giornalista ad informare, cui corrisponde quello dell’opinione pubblica ad essere informata, non può trasformarsi in una mera occasione (dal sapore commerciale) di “suscitare la curiosità del pubblico su aspetti intimi e privati” delle persone coinvolte senza che ciò risponda realmente “ad un’esigenza di giustificata informazione su vicende di interesse pubblico”.
Se tale principio non viene rispettato si può configurare anche una violazione delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali il cui obiettivo è contemperare il diritto al rispetto della vita privata e familiare con la libertà di espressione. La frequenza di tale “malcostume informativo” ha spinto il Garante, a più riprese, a richiamare i mezzi di informazione a “procedere ad una valutazione più attenta ed approfondita, autonoma e responsabile, circa l’effettiva essenzialità dei dettagli pubblicati, nella consapevolezza che l’affievolita sfera di riservatezza di persone note o che esercitano funzioni pubbliche non esime dall’imprescindibile necessità di filtrare comunque le fonti disponibili per la pubblicazione, che vanno valutate dal giornalista, anche alla luce del dovere inderogabile di salvaguardare la dignità delle persone e i diritti dei terzi”. Meditate gente, meditate…