La presente analisi costituisce estratto di un articolo precedentemente pubblicato sul portale diritto24.it. Il testo integrale del commento è disponibile a questo link
[…] Larga parte delle problematiche che caratterizzano questo terreno, in Italia come in altre esperienze giuridiche, ha origine nell’incerta definizione dei confini della disciplina sulla stampa. Una disciplina concepita in tempi non sospetti, quando non era certo immaginabile che uno sviluppo tecnologico pari a quello che al giorno d’oggi è dato osservare potesse innovare il settore della stampa in modo così radicale. Ne sono scaturite questioni a fronte delle quali si sono sviluppate due possibili opzioni interpretative: da un lato, un orientamento incline a includere le nuove piattaforme tecnologiche nell’ambito di applicazione delle leggi sulla stampa, anche a costo, talvolta, di una forzatura del dato letterale, spesso tuttavia incompatibile con i principi che governano un terreno delicato come quello del diritto penale; dall’altro lato, una lettura più rigida in quanto fedele alla lettera del dato normativo, tendenzialmente in contrasto a soluzioni interpretative di carattere evolutivo.
In ambito nazionale, la decisione più recente che si registra in materia è stata pronunciata della Corte di Cassazione nell’ottobre 2010 (sentenza n. 35511 del 1 ottobre 2010), laddove era in questione l’applicabilità al gestore di un periodico online dell’art. 57 del Codice Penale, che stabilisce la responsabilità del direttore e del vice-direttore di una pubblicazione per omesso controllo in relazione ai reati commessi a mezzo stampa. A questo riguardo, il Supremo Collegio ha escluso la possibilità di addebitare una responsabilità ai sensi dell’art. 57 c.p., rilevando come la norma definisca rigorosamente il proprio ambito di applicazione limitandolo al settore della carta stampata, ed escludendovi, implicitamente, il campo dell’informazione online. La diversità strutturale tra la carta stampata (oggetto in funzione del quale la norma è stata precipuamente coniata) e Internet, infatti, non consente di estendere alle nuove tecnologie la nozione di stampa, operazione che, tra l’altro, contrasterebbe frontalmente non solo con il principio di tassatività delle norme penali ma anche con il divieto di applicazione analogica in malam partem di fattispecie incriminatrici.
In un inciso, la decisione della Corte evidenziava, parimenti, l’estraneità del disposto dell’art. 57 all’ambito di spazi di discussione quali blog e forum, dove il gestore non dispone della possibilità tecnica di esercitare alcun controllo sui contenuti veicolati attraverso le pagine web.
Naturalmente, rimane ferma l’ipotesi di concorso nel reato del direttore o del vice-direttore responsabile, ipotesi nella quale, tuttavia, si configura la diversa fattispecie di diffamazione di cui all’art. 595 c.p., e non già quella di omesso controllo.
I commenti a questa decisione hanno messo in luce come considerare il settore dell’informazione online alieno dalle regole dettate in materia di stampa determini il venir meno delle garanzie costituzionali in tema di sequestro preventivo: in particolare, l’art. 21, c. 3, della Costituzione sottopone l’adozione di tali provvedimenti a riserva di legge e di giurisdizione, mentre l’art. 1 del R. D. Lgs. 561/1946 individua, quale presupposto ai fini del sequestro di un’edizione dei giornali o di qualsiasi altra pubblicazione o stampato, la pronuncia di una sentenza divenuta irrevocabile.
Proprio rispetto all’estensibilità di queste garanzie la giurisprudenza più recente (si legga l’ordinanza n. 157 del Tribunale di Milano, sez. XI penale, del 21 giugno 2010) ha indicato nell’ottemperanza ai requisiti previsti dalla legge per la stampa la condizione necessaria affinché le pubblicazioni online possano beneficiare della protezione rafforzata: soltanto quando tali requisiti sono integrati il prodotto editoriale pubblicato su supporto informatico può accedere alla tutela prevista per la stampa cartacea. Di talché, registrazione e indicazioni obbligatorie costituiscono presupposti imprescindibili in assenza dei quali l’assimilabilità delle pubblicazioni online alla stampa, e quindi l’applicabilità delle correlate garanzie, non possono operare. Quando tali presupposti non si realizzano, la protezione rafforzata viene meno e nei casi previsti dalla legge potrà farsi luogo a provvedimenti di sequestro destinati a colpire alcune modalità di esercizio della libertà di manifestazione del pensiero; ferma restando, naturalmente, la necessità che l’incisione di tale fondamentale prerogativa trovi legittimo fondamento in una condotta penalmente rilevante, e dunque nella necessità di apprestare tutela ad un bene giuridico di almeno pari dignità, quale potrebbe atteggiarsi la reputazione individuale.
In questo panorama, dunque, non potrà configurarsi alcuna responsabilità del gestore di uno spazio di discussione come un blog per omesso controllo, ma nulla vieta che provvedimenti restrittivi della libera manifestazione del pensiero, come sequestri preventivi, possano essere adottati, a patto che si realizzino determinate condizioni.
Considerazioni non dissimili a quelle emerse da questa rapida rassegna sono state elaborate in un’altra esperienza giuridica particolarmente attenta alla tutela della libertà di espressione, quella francese.
La recente pronuncia del Conseil Constitutionnel ricordata in apertura (n. 2011-164 QPC, resa il 16 settembre scorso), ha affrontato anch’essa la spinosa questione della responsabilità del moderatore degli spazi di discussione online, come forum e blog, confermando l’orientamento che in materia era già stato delineato da un precedente della Cour de cassation (chambre criminelle, decisione n. 09-81064 del 16 febbraio 2010). Segnatamente, il Conseil precisato che l’amministratore non può essere automaticamente considerato penalmente responsabile per eventuali contenuti diffamatori pubblicati sui siti da lui moderati: e questo sia perché egli non ha modo di conoscere ex ante il contenuto di eventuali commenti a sfondo diffamatorio inseriti degli utenti, sia perché imputargli i commenti immessi nel blog, per ipotesi, da utenti anonimi significherebbe addebitargli una responsabilità eccessivamente gravosa, date le difficoltà connesse all’identificazione dell’autore. […]